Immaginatevi di essere famose ancora prima di nascere, una vita sotto i riflettori, milioni di follower su Instagram. Il vostro corpo prima di bambina, poi di adolescente, di ragazza, di donna, di madre, da sempre, alla mercé del giudizio di chiunque. Le vostre dichiarazioni modificate e pubblicate senza consenso né verità sulle cover dei giornali più famosi. La vostra gravidanza rivelata al mondo prima che alle persone vicine. Immaginatevi l'impatto potenziale che questo ha sulla salute mentale e fisica di una giovane donna, e immaginatevi, alla fine, di riuscire a trovare la forza per garantire a voi stesse l'equilibrio che da sempre cercate.

Questo traguardo, e il lungo percorso per raggiungerlo, rende oggi Aurora Ramazzotti la testimone ideale per raccontare il progetto "Body Confident Sport", frutto del sodalizio fra Dove e Nike. Creato da alcuni dei più influenti accademici al mondo insieme ai due colossi, è un programma di coaching online che mira ad avviare una rivoluzione globale aiutando le ragazze e i giovani di tutte le identità di genere a sentirsi a proprio agio con l'attività fisica e la partecipazione allo sport. La piattaforma è stata inaugurata a New York a fine ottobre e all'evento di lancio c'eravamo anche noi e Aurora Ramazzotti. In questa occasione, l'influencer e content creator, diventata da poco mamma di Cesare, ci ha raccontato lo sport che le ha cambiato la vita, la privacy durante la gravidanza, la gentilezza per parlare con sé e con gli altri. E come ha imparato a dire grazie al proprio corpo.

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La ricerca di Dove ha dimostrato che una ragazza su due abbandona l'attività sportiva entro l'adolescenza. Qual è stata la tua esperienza personale?

«Io non rientro neanche nella categoria in questione perché da adolescente non avevo mai neanche iniziato a fare sport. I miei genitori mi facevano fare nuoto ma proprio non mi piaceva: non mi dava felicità e non avevo voglia di tornare. Quindi mi sono sempre ribellata. Intorno ai 12/13 anni ho mollato qualsiasi attività sportiva cui fossi costretta e fino ai 20 non ho mai più praticato niente. Un periodo piuttosto lungo, dettato da uno scoraggiamento personale: da adolescenti si attraversano fasi di grande cambiamento e non si riconosce più il proprio corpo. Alcune dicono che si sono sentire “tradite dal proprio corpo”, una sensazione che io ho ritrovato anche nel post-parto e nella gravidanza».

E poi cos'è cambiato?

«Poi mi sono avvicinata allo sport, grazie a un'occasione lavorativa. Ho avuto la fortuna di esplorare una sfida che consisteva nel correre per 5km. Per me, all'epoca, era impossibile. Lo vedevo proprio come un ostacolo insormontabile. Più si è indietro, più si ha l'ansia a iniziare perché si tende a fare paragoni con gli altri. Solo quando ho superato i miei limiti ho capito che ognuno ha i suoi ritmi, la sua storia, e non serve a niente confrontarsi. La prima sfida una volta che si inizia a fare sport, è abituare il cervello alla fatica. Poi si cominciano a vedere i risultati e cambia tutto. Da quando lo sport è tornato nella mia quotidianità non l'ho mai più mollato».

E come ha cambiato la tua vita?

«Completamente. All'inizio il mio approccio era un po' malsano perché stavo uscendo dalla mia fase da ragazzina e lo vivevo come “devo fare tutto alla perfezione”. Quindi, se sbagliavo, vivevo un senso di colpa molto forte. Per esempio, con lo sport ho iniziato a seguire diete per vedere fino a dove potevo spingere il mio corpo e mi allenavo tantissimo. Successivamente ho smesso di bere e di uscire perché, parallelamente ho ricevuto una minaccia in concomitanza con questa cosa, e avevo smesso di fare qualsiasi cosa. Non mi sentivo più sicura e lo sport è stata la mia salvezza perché avevo perso tutti i miei punti di riferimento. Avevo Goffredo [il suo fidanzato, NdA] e lo sport. Diciamo che questa minaccia ha portato lo sport a essere un po' tutto il mio mondo».

E come hai vissuto la gravidanza in relazione al tuo corpo?

«In realtà bene. C'è stato questo iniziale approccio ossessivo all'attività fisica, non mi godevo nemmeno i traguardi che raggiungevo. Poi credo di essermi stancata di ricercare questa perfezione inesistente. Guardavo le mie foto vecchie e pensavo: "Ma perché non mi piacevo?". Ho imparato a spostare il pensiero non più sulla perfezione, ma su obiettivi. Ho imparato a godermi il momento e il mio corpo con serenità. Poco dopo, sono rimasta incinta».

E il fatto che il tuo corpo è cambiato, durante e dopo la gravidanza?

«Il problema è il dopo, perché ti senti svuotata e ci metti un po' a tornare com'eri prima. Quindi è un percorso molto lungo, ma l'ho vissuta benissimo perché sono grata al mio corpo per avermi dato mio figlio. Diciamo che è stata una sensazione magica, anche se ho avuto dei momenti difficili durante la gravidanza, ero circondata da persone che mi amano. Tutti ti dicono che sei bellissima anche se tu ti senti uno schifo. Il post partum è stato molto più tosto perché mi guardavo allo specchio e non mi riconoscevo. Devo dire però che sono stata fortunata perché il mio corpo ha fatto tutto il lavoro da solo, sono tornata nella mia forma senza troppo sforzo».

Pensi che il tuo passato sportivo, in qualche modo, ti abbia aiutato in ciò?

«Sicuramente».

Il programma di coaching "Body Confident Sport" si concentra sul body talk, cioè di come si parla del corpo altrui. Dato che la tua voce arriva a milioni di persone, come gestisci questo aspetto sui tuoi social?

«Io mi impegno sempre per mostrare l’autenticità, questo perché per me i social hanno senso solo se mostri chi sei davvero. Credo che le persone cerchino la realtà, qualcuno in cui riconoscersi, per questo non trovo che abbia senso fingere. A livello mediatico, ad esempio, volevo proteggere la mia gravidanza perché a volte ho sofferto e mi sono resa conto che condividevo solamente quando mi sentivo inattaccabile ed ero serena. Questo perché in gravidanza avevo paura di stare male e, da questo punto di vista, mi sono voluta tutelare. Per me è importantissimo comunicare con i miei follower nel modo giusto, mandare messaggi tossici, che potrebbero nuocere il prossimo, per me è mancanza di rispetto del lavoro che fai. Il nostro lavoro è per tanti aspetti agevolato ma, sotto questo aspetto, devi veramente avere consapevolezza di ciò che facciamo. È importante tutelare chi mi segue (e mi permette di lavorare e guadagnare) e non far loro del male e inoltre, allo stesso tempo i brand con cui lavoro cercano onestà e desiderano il benessere del prossimo».

Il tuo percorso con lo sport e la body positive non è stato lineare ma infine hai raggiunto un equilibrio. Che consiglio daresti a chi odia lo sport e non si sente a suo agio con il suo corpo?

«Per prima cosa, bisogna tenere a mente che la vita è lunga e attraversiamo quotidianamente fasi diverse. Un giorno si sta bene e il giorno dopo no. Quindi l’ascolto di sé è importantissimo, anche se spesso non è facile. Però bisogna sapersi ascoltare e lo sport deve partire dalla persona. Deve essere una scelta e non deve essere un obbligo. Inoltre, è bene circondarsi di persone che ti motivano e non che ti demoralizzano. Anche a me, in passato, è successo di avere persone tossiche al mio fianco ma, non appena ho iniziato ad allenarmi, ho conosciuto altre persone che invece mi hanno in qualche modo migliorata. Cercare persone che stimolino, piuttosto che portino via energie, a me ha aiutato. Infine, è bene fermarsi un attimo e provare parlare a noi stessi in maniera gentile. Cercando di amarci sempre un po’ di più».

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Cecilia Alba Luè

Come Head of Fashion & Beauty, curo e gestisco i contenuti a tema stile, per print e digital, con una dichiarata preferenza per sostenibilità e inclusione. Sono innamorata delle storie di riscatto, delle spiagge di Formentera, di chi protegge gli animali, degli abbinamenti colorati fra diverse stampe floreali.