L'1 dicembre è la Giornata mondiale contro l'AIDS 2019 e l'appuntamento ritorna ogni anno per ricordare che, anche se sono stati fatti passi avanti dalla ricerca scientifica su HIV e AIDS, è molto importante mantenere l'allerta alta con campagne di informazione che spingano sulla necessità della prevenzione. Il Ministro Roberto Speranza ha ribadito il concetto dichiarando: "In questi ultimi anni è stato fatto tanto contro l'AIDS, ma guai ad abbassare la guardia" e la campagna nazionale, Con l’HIV non si scherza #HIVriguardatutti, lavora perché i riflettori rimangano accesi.

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Un quadro della situazione in Italia lo restituiscono i dati riportati dall'Istituto Superiore della Sanità in un report di ottobre 2019. Si parla di una diminuizione dell’incidenza (casi/popolazione) delle nuove diagnosi di HIV dal 2012 al 2018 (al 31 dicembre) e di nuove diagnosi HIV riscontrate soprattutto nella fascia di età 25-29 anni.

E tu sei sicura di avere tutte le informazioni necessarie per proteggerti?

HIV e AIDS, la ricerca che accende i riflettori nella Giornata Mondiale contro l'Aids

L'indagine dell'Istituto Superiore di Sanità, anche se parla di leggero decremento, registra un situazione su cui è necessario intervenire con una sensibilizzazione efficace e un'informazione corretta: oltre il 70% dei casi di AIDS segnalati nel 2018 era costituito da persone che non sapevano di essere HIV positive. Questa inconsapevolezza si affianca a una serie di pregiudizi e stereotipi che continuano a persistere e che sono emersi nell’ambito di una ricerca svolta da Skuola.net, col supporto non condizionato di MSD Italia, su un campione di 5.534 ragazzi tra gli 11 e i 25 anni. La premessa ai risultati è che i giovani adulti (19-25 anni) sono i più informati e consapevoli, mentre gli adolescenti (14-18 anni) sono divisi tra chi è ben preparato e chi ha molti dubbi. I preadolescenti (11-13 anni) hanno conoscenze approssimative.

Oltre il 70% dei casi di AIDS segnalati nel 2018 era costituito da persone che non sapevano di essere HIV positive.

HIV e AIDS, le false credenze

Lo studio ha evidenziato alcune false credenze difficili da abbattere: 1 persona su 3 pensa che sia possibile contrarre il virus dell'HIV solo se si adottano certi stili di vita e solo il 68% sa che il virus dell’HIV può contagiare tutti quanti indipendentemente. Sempre una persona su 3 è convinta che il rischio malattia aids sia legato a determinati comportamenti, come rapporti con molti partner, tossicodipendenza e omosessualità. Il rapporto dell'Istituto di Superiore di Sanità fa notare come tra le nuove diagnosi HIV, le principali modalità di trasmissione sono i rapporti eterosessuali e i contatti tra maschi che fanno sesso con maschi (MSM).

Solo il 68% sa che il virus dell’HIV può contagiare tutti quanti, indipendentemente dallo stile di vita.

Si notano anche dei pregiudizi tipici degli anni 80 (l'AIDS è stato riconosciuto per la prima volta il 5 giugno 1981) e che portano a etichettare e isolare le persone sieropositive, perché solo il 54% sa che non è pericoloso vivere a fianco di un malato di AIDS. A fare da contraltare a questa percentuale ce n'è un'altra: il 14% ritiene che qualsiasi tipo di contatto con una persona affetta da HIV veicoli il virus. Il 46% crede che basti condividere con lui gli stessi spazi e interessi per esporsi al contagio. Per il 14% si rischia usando le stesse posate e bicchieri, per il 9% usando lo stesso asciugamano, per il 6% è sufficiente uno starnuto o un colpo di tosse del malato, per il 3% facendo sport insieme.

Il 46% crede che basti condividere con una persona affetta da HIV gli stessi spazi e interessi per esporsi al contagio.

HIV e AIDS, come si trasmette

Questi numeri che fanno notare i pregiudizi sono legati anche a un altro tipo di dato che la ricerca riporta, quello sulla modalità di trasmissione dell'aids, su cui c'è nella maggior parte dei casi molta confusione. Il 73% del campione generale, ma l’84% tra i 19-25enni, sa che basta un solo rapporto per contagiarsi, ma tra gli 11-13enni il campione è spaccato in due. Solo il 28% elenca tutte le possibilità di veicolazione del virus, ovvero sangue, sperma e secrezioni vaginali, passaggio madre-figlio. Nella fascia di età del campione tra i 19-25 anni, la percentuale delle persone arriva al 39%. Il 37% non considera l’ultima opzione (passaggio madre-figlio), il 16% aggiunge, sbagliando, la saliva e il sudore come possibili veicoli di contagio. Sempre nell'ambito delle modalità di trasmissione dell'aids, è buona la consapevolezza sul legame tra le abitudini sessuali e rischi di contrarre la malattia e quindi sulla tipologia di prevenzione da adottare: il 60% afferma, a ragione, che usando il preservativo difficilmente si corrono pericoli. L’11% indica falsi miti, ovvero i rapporti omosessuali o occasionali, l’igiene personale, partner sconosciuti. Sulla possibilità di contrarre l'aids con il sesso orale, le percentuali di consapevolezza sono in calo: il 51% del campione generale, e il 59% nella fascia 19-25 anni sa che è possibile contrarre il virus HIV se non ci protegge a sufficienza.

L’11% indica falsi miti sulle modalità di trasmissione dell'HIV, ovvero i rapporti omosessuali o occasionali, l’igiene personale, partner sconosciuti.

Come capire se si ha HIV e AIDS e come riconoscere una persona sieropositiva

A questo livello entra in gioco un altro aspetto dell'informazione, ovvero la conoscenza degli aspetti medici legati ad HIV e AIDS da parte della Generazione Z. Il 46%, con un picco nella fascia 19-25 anni, sa che il virus HIV provoca la malattia AIDS. La percentuale restante è divisa tra chi ha una convinzione errata (21%), chi pensa che tra HIV e AIDS non ci siano differenze (9%), chi pensa che dall’HIV si possa guarire e dall’AIDS no (7%) e infine chi confonde HIV e AIDS invertendo virus-malattia (il 5%). Altri non si esprimono. Sull’insorgenza del virus e su come riconoscere una persona sieropositiva c'è ancora confusione: solo il 39% sostiene che non si può riconoscere limitandosi all’aspetto fisico.

Per il 22% un malato di AIDS presenta tracce esterne specifiche, moltissimi (27%) sono quelli disorientati che non rispondono. Più alta la percentuale di chi afferma che dall’HIV non si può guarire ma che, con cure mirate, la qualità della vita può essere accettabile (il 39%). Mentre 1 su 4 dimostra di non avere informazioni corrette: il 19% pensa che si possa guarire, il 5% che si muoia in poco tempo. Il 26% non sa rispondere.

1 persona su 4 dimostra di non avere informazioni corrette.

Nella classifica delle fonti a cui i giovani si affidano per le informazioni: per il 39% i riferimenti sono Internet e Scuola, per il 26% la tv, per l'11% medici e specialisti.

HIV test, quanto ne sai di screening

Il campione di ragazzi della Gen Z rivela scarsa conoscenza sullo screening e la prevenzione. Solo 1 su 2 sa che il virus dell’HIV è diagnosticabile solo attraverso un test specifico. Il 32% pensa che sia rintracciabile dalle analisi di routine, il 18% che sia sufficente un’attenta visita medica. Stessa approssimazione per quanto riguarda il tema di quando è consigliabile effettuare il test HIV: per il 50% va fatto ogni volta che si ha un rapporto a rischio, ma il 44% lo limiterebbe solo quando si hanno rapporti con persone di cui non si conoscono le abitudini sessuali. Solo poche persone, nemmeno 1 su 4, sanno che il test è gratuito presso le strutture pubbliche (23%), il 15% crede che sia sempre gratuito, l’11% che sia sempre a pagamento e molto costoso.

Solo 1 su 2 sa che il virus dell’HIV è diagnosticabile solo attraverso un test specifico.