Quando entra nella sala gremita di giornalisti di tutto il mondo alla 79. Mostra del Cinema di Venezia, né il ruolo nell’ultimo James Bond né la lovestory con Ben Affleck l’hanno preparata a tutto questo clamore. Ana de Armas ha appena lasciato i panni di Marylin ed è tornata sè stessa, di fronte a una platea che aspetta solo di iniziare con le domande, lei pronta a raccontare un lavoro che è stato anche un processo di immedesimazione in un ruolo nuovo.

Nei casi precedenti, che fosse un’occasione professionale o un’incursione privata, non era mai stata il ruolo principale di un film. Questa volta è diverso: Ana de Armas è la protagonista assoluta del biopic su Marilyn Monroe, prende in mano le redini della carriera e punta a un posto nell’Olimpo degli dei hollywoodiani. Quando, il prossimo 28 settembre, arriverà su Netflix il film Blonde per lei nulla sarà come prima e al Lido ne ha avuto un assaggio.

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2022 © Netflix

Il progetto, tratto dall’omonimo romanzo di Joyce Carol Oates, vuole conciliare l’icona pubblica con un ritratto privato, a partire dai traumi dell’infanzia fino ad accarezzare i dettagli traumatici della relazione con il Presidente John Kennedy.

«In scena alterno Norma Jean (il nome all’anagrafe della diva, ndr.) e Marilyn Monroe ma non lo faccio coscientemente: quando una si fa da parte, allora l’altra prende il sopravvento. Devono coesistere entrambe perché sono interdipendenti e una non può vivere senza l’altra».

«È stato un processo lungo e immersivo», afferma de Armas, «non ero molto consapevole della figura di Marilyn, è stata una grande scoperta, un processo di apprendimento. C'è stato il libro, la sceneggiatura e poi il lavoro di mesi per imparare a conoscerla. La maggior parte del film tratta dei momenti che non conosciamo, i più intimi e personali, quando le macchine da presa erano spente. Essendo un personaggio specifico, volevamo essere precisi nel ricreare anche i momenti in cui era Marilyn. Ho avuto spazio per creare la donna reale dietro il personaggio. L'importante per me è stato creare un collegamento con il suo dolore, con il suo trauma».

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2022 © Netflix

Dopo una lunga, lunghissima trafila di provini finalmente è arrivata la chiamata per il ruolo e lei ha dovuto modificare tanto di sé per adattarsi a questa leggenda, a partire dalla voce e dalla cadenza (una delle critiche che le sono state mosse di recente).

La lezione più importante nella pelle della divina? L’ha imparata prestissimo e in maniera piuttosto chiara: «Entrando a fondo nella sua storia – spiega l'artista di origini cubane – ho imparato a provare più rispetto ed empatia soprattutto nei confronti di chi vive la pressione di una vita pubblica. Quando sei costantemente sotto i riflettori, bersagliato dalla stampa, non hai idea del danno che viene causato. La verità è che nulla ti prepara a ritrovarti faccia a faccia con le aspettative che la gente proietta su di te. Certo, impari a proteggerti ma non sai se potrai evitare d’incappare nella stessa situazione. Marilyn era forte e ha provato a fare del suo meglio».