Oggi Stuart Vevers è uno degli stilisti più apprezzati a livello mondiale, ma in passato il suo look lasciava a desiderare.

A rivelarlo è stato lui stesso ai microfoni di InStyle intervistato sugli esordi nel mondo del fashion.

«Sono entrato nel giro grazie a varie frequentazioni nei club. All'epoca andavo spesso al The Haçienda a Manchester e sfoggiavo jeans bianchi, stivali della Timberland e, ahimè, una felpa con cappuccio bianco decorata dal simbolo del dollaro. Penso che fosse il periodo in cui Rifat Özbek aveva lanciato quella collezione total-white. Così mi trasferii a Carlisle in Inghilterra vestito di bianco da testa e a piedi, rischiando di essere picchiato».

Stuart ha ottenuto il suo primo posto di lavoro con un colpo di audacia: si presentò negli studi di Calvin Klein senza nemmeno essere stato chiamato per un colloquio ma fu talmente convincente e determinato che alla fine lo assunsero come designer di accessori.

Da allora ne ha fatta di strada, passando per collaborazioni con brand del calibro di Loewe e Mulberry e attualmente è il direttore artistico di Coach.

Vevers ha preso il posto di Reed Krakoff lo scorso anno ed ha avuto fin da subito le idee chiare sui traguardi da raggiungere in azienda.

«Siamo ancora agli inizi ma bisogna subito definire chi è la ragazza Coach e indirizzare il messaggio a quel target. Non vedo l'ora di vedere una donna che sorrida e sia bella in una mia creazione, è questo il mio scopo ultimo».

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