Henry Cavill si sentiva piuttosto solo tra i compagni di scuola.

Il 30enne, che veste i panni di Superman nella nuova pellicola «L’uomo d’acciaio», ammette di essere tutt’altro che un supereroe nella vita normale.

Nel film Clark Kent viene visto come un nomade circondato per la maggior parte del tempo da stranieri e Cavill ha cercato di rendere al meglio questa fragilità di Superman.

«Ho messo nel personaggio di Superman le sensazioni di lontananza da casa e di non essere capito», ha spiegato su Entertainment Weekly.

«Da piccolo ero in collegio e tornavo dai miei ogni tre settimane per il weekend. Ma quando hai 13 anni ti manca casa tua e tre settimane possono essere molto lunghe, specialmente se non hai tanti compagni con cui stare».

Spesso l’attore si trova a riflettere sulla sua infanzia solitaria.

«Essere soli non è facile. Non avevo tanti amici», ha spiegato.

«Di sicuro questo resta un ricordo indelebile. Non parlavo tanto e questo è un aspetto che ho portato nel mio personaggio. Lui non condivide nulla di ciò che pensa e di ciò che è perché alla gente potrebbe non piacere».

La star si sente incredibilmente privilegiata ad aver potuto vestire i panni di Superman.

«La gente ti passa vicino e dice: “Wow, è Superman!”. Tu allora ti guardi e dici: “Wow, sono Superman!», ha spiegato sul Sun.

«Non ci sono sensazioni paragonabili a questa – ha aggiunto -. È davvero unica, qualcosa che mi porterò dentro fino alla morte».

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