Ventotto canzoni per due ore e venti di concerto. Cesare Cremonini mette in scena uno spettacolo che vuole tenere al centro la narrazione di un cantautore di 42 anni che da più di venti calca i palchi e racconta la sua storia lasciando parlare la musica, a modo suo. È un viaggio, un racconto che si apre con la canzone che dà il titolo al suo ultimo disco ("La ragazza del futuro") e dichiara l’intento di questo grande concerto cantato da chi non ha mai rincorso le mode, non ha mai ceduto alle scorciatoie, vivendo anche momenti in salita, arrivando a scegliere di voler rimanere se stesso, rischiando.

Ho Freddy Mercury tatuato sul braccio, quel giorno ho pensato “Io sono nato per fare gli stadi”. Ho provato a crescere

«C’è stato un momento nella mia carriera in cui avrei potuto scegliere di rimanere nei teatri e nei piccoli club. Ma io ho Freddy Mercury tatuato sul braccio, quel giorno ho pensato “Io sono nato per fare gli stadi”. Ho scelto di provare a crescere», ci ha raccontato a poche ore dallo show, visibilmente soddisfatto del punto a cui è arrivato. Quel giorno ha scelto bene e la sua scommessa la vince di nuovo oggi. San Siro si accende e canta, gli schermi mostrano visual d'effetto, lui si muove su un palco lungo 65 metri, che diventa una porta che lascia l’artista entrare nel passato, passando dal presente, con il suo sguardo sempre rivolto al futuro.

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PRANDONI FRANCESCO

Coriandoli, luci, anche il fuoco che incendia il pianoforte, la messa in scena è da grande show, ma in realtà chi fa la differenza è proprio lui. Ci sono le canzoni che fanno cantare tutti - subito "Padre e Madre", "Stella di Broadway", "Qualcosa di grande" in acustico e "Buon Viaggio", ma anche "Chimica", il suo ultimo singolo. Ci sono quelle che tengono dentro il dolore e lo condividono con 56 mila persone: parliamo di "Moonwalk", dedicata a suo padre, "Vieni a vedere perché" che risuona in ogni spettatore riaccendendo ricordi in chiunque.

Si respira la grande voglia che aveva di tornare a suonare, date attese dal 2020, e finalmente, dopo la data zero a Lignano Sabbiadoro, Cesare si prende il suo San Siro sold out. In mostra c’è la sua vocalità, la grande energia, la voglia di chi quel palco se lo vuole prendere tutto. E lo fa. Mostra i suoi diversi registri e le canzoni prendono forma come dentro a un musical, cambiando significato per il luogo in cui si trovano.

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FRANCESCO PRANDONI

«Non mi reputo un cantante, ma un performer. A cantare chiunque si può aggiustare, ma stare sul palco è qualcosa che non puoi imparare. O ce l’hai o non ce l’hai». Cesare ce l’ha. Salta, canta, suona, suda, dando tutto quello che sente di dover restituire a un pubblico che lo aspetta da più di due anni. «Questa sera è speciale perché dopo così tanto tempo passato a pensare, ideare e creare questo spettacolo, finalmente c’è il pezzo più importante, il pubblico». Un pubblico che lo segue da sempre, ma anche tanti nuovi spettatori che dopo la performance sul palco dell’Ariston a Sanremo hanno acquistato il biglietto per il suo show, infatti sono 95 mila i biglietti venduti nei due mesi successivi al Festival.

Uomini, donne, adulti, bambini, ci sono tutti da Cesare che, anche per questo, porta in scena un racconto completo, che ripercorre i suoi grandi successi - "Mondo", "Logico", "GreyGoose" in un blocco unico che fa saltare tutti - ma lascia anche grande spazio alla magia della musica che deve, per lui, incontrare anche l’arte. «San Siro per me è una struttura artistica, il linguaggio che parliamo dentro a questi luoghi deve essere valorizzante. Non è stato qualcosa di premeditato. Lo show si è costruito man mano. Giorno dopo giorno, passando tra i brani della mia carriera e la mia esperienza musicale, ho capito che a un certo punto anche il live diventava un discorso artistico e personale».

Voglio creare un progetto artistico che sia teatrale anche se siamo in uno stadio, che vesta le canzoni e le trasformi, che possa incantare il pubblico e poi farlo sfogare

«È quello che sta accadendo anche alla mia produzione discografica. A un certo punto è una questione di percorso artistico che è autonomo, non insegue il mainstream, finché mi sarà possibile. È entusiasmante e mi permette di rischiare. Non vi nascondo che c’è sempre un po’ di paura, che si può sbagliare e non avere ragione, ma questo è il mio modo di stare al mondo nella musica e voglio che sia influente nel panorama della musica live. Voglio creare un progetto artistico che sia teatrale anche se siamo in uno stadio, che vesta le canzoni e le trasformi, che possa incantare il pubblico e poi farlo sfogare, ci sono tantissime facciate, ma credo possa essere unico e importante per il panorama italiano».

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FRANCESCO PRANDONI

Se lo può permettere grazie a una discografia fortunata; «Non mi sono mai appoggiato sugli allori, non mi sono sentito mai pago. Nella difficoltà di un percorso che oggi mi porta ad avere 40 singoli in cui più della metà sono parte dell’immaginario del pubblico. Senza fatica non si arriva da nessuna parte». Ha vissuto per crescere, progredire: «Crescere sempre è stimolante, è la cosa più importante».

E viene spontaneo chiedersi cosa arriverà dopo gli stadi. «Riadatterò questo spettacolo ai palazzetti, mi piacerebbe un tour dall’autunno fino al 2023. Sono concentrato sugli spettacoli. Nel mio futuro c’è anche il film per Lucio Dalla, ma ho bisogno di dedicargli tempo. E di capire meglio come funziona il mondo del cinema. Bisognerà aspettare ancora un po’». Lucio Dalla, che è con lui anche a San Siro al centro della scaletta, a tirare fuori tutte le emozioni di chi ascolta: «Non volevo fosse un omaggio, volevo sembrasse davvero un duetto. Ho chiesto di estrarre la voce originale della composizione della canzone di “Stella di mare” in cui Lucio Dalla ha una voce che a mio parere alza il livello della fantasia in chi ascolta, perché ha un impatto di timbrica che è una magia.

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In quell’estratto si sente la stanza in cui la canta, con tutti i suoi rumori di fondo, i suoi respiri, i vocalizzi che poi nel disco non senti. La mia idea era quella di duettare veramente, riportando Lucio Dalla dove deve essere, fisicamente negli stadi in un grande evento musicale italiano. Amo molto le mie canzoni, ma questa la aspetto ogni volta con grande fervore. Ho la sensazione che lui sia lì con me». Da Lucio a “Lost in the Weekend”, il concerto è pieno di sorprese: «A differenza di una scaletta che racconta una discografia con gli appuntamenti più importanti della carriera, con anche canzoni che la gente conosce meno, questo concerto porta con sé la profondità e la larghezza della mia anima e della mia esperienza di vita, è capace di portarti nel profondo degli abissi o nel sublime e nella gioia. C’è l’amore, ma c’è la perdita, la morte, la nascita, come in “Ciao” o “Colibrì” che parla di desiderio, speranza, segni del destino».

E c'è "50 special" che è un momento a parte di pura felicità. Un live che si trasforma in un percorso narrativo. Per una storia bellissima che guarda al futuro (non è un caso l’ultima traccia è “Domani sarà un giorno migliore vedrai”), e che continua in altre 6 tappe (15 giugno a Torino, il 18 a Padova, il 22 a Firenze, il 25 a Bari, il 28 a Roma con gran finale a Imola il 2 luglio). Per costruire ricordi. Per lasciarne uno bellissimo.