C’è chi l’accusa di brillare di luce riflessa, ma quello che sta facendo per la sua generazione pesa di più di qualsiasi diceria. Che piaccia o meno, Giorgia Soleri è una che ci mette la faccia, l’ha fatto quando ha raccontato il suo calvario per arrivare alla diagnosi di vulvodinia, quando su Instagram ha mostrato le sue fragilità e i cerotti della sua operazione per endometriosi, quando nel suo libro ci ha messo anima e corpo (e cicatrici). E lo fa ancora, oggi, parlando dell’aborto, il suo aborto, e rompendo un altro tabù.

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Giorgia Soleri si è raccontata a Il Corriere della Sera a 360 gradi: un racconto vero e potente in cui non vengono omessi i capitoli che non fanno comodo o non allineati alla morale comune. Nessun riferimento alla sua relazione con Damiano dei Maneskin che tanto ingolosisce il gossip internazionale ma che non sempre è pertinente, ma tanto spazio alle sue battaglie femministe, a partire dalla presentazione della proposta di legge per il riconoscimento di vulvodinia e neuropatia del pudendo nei livelli essenziali di assistenza del Sistema Sanitario Nazionale. Un’occasione anche per parlare di aborto, tema caldo soprattutto al di là dell'oceano, sempre in prima persona. Giorgia ha raccontato di aver interrotto una gravidanza quando aveva 21 anni, ricordando come l'incontro col mondo sanitario in un consultorio brianzolo sia stato «un’esperienza estremamente negativa» e sottolineando come «la 194 ha lacune enormi che dovrebbero essere prese in considerazione» e «rimane una legge fuori dal periodo storico in cui viviamo».

«Ero giovanissima, avevo problemi di salute mentale ed economici, non avevo un lavoro con entrate certe», le parole di Giorgia, oggi 26 anni, «sono andata in consultorio e sono stata aggredita dalla ginecologa, che mi sgridò dicendo che noi giovani facciamo sesso senza precauzioni e usiamo l’aborto come contraccettivo, senza sapere nulla della mia storia». Il racconto continua con la condanna dell'iter a cui è stata sottoposta: «Un'assistente sociale indaga sulla tua famiglia per capire se ci siano traumi che ti hanno portato ad abortire con domande violente e invadenti a cui non vorresti rispondere poiché, qualsiasi sia il motivo della scelta, l’aborto è un diritto».

E poi, «per sette giorni devi soprassedere, non puoi abortire: è come se lo Stato dicesse 'ti permetto di fare questa cosa brutta, tu vai in castigo sette giorni, pensaci, se hai ancora il coraggio di farlo, va bene'. Ci sono donne che abortiscono senza senso di colpa, è ingiusto obbligarle a vivere questa esperienza in modo traumatico quando è possibile accompagnarle. Piuttosto di un colloquio con l’assistente sociale, proporrei delle sedute di psicoterapia».

Lei che ha riscoperto il potere del rosa e lo indossa come una medaglia, che ha trionfato ai Diversity Media Awards, che ha capito che «non è vero che i panni sporchi si lavano in casa, se quei panni sporchi possono aiutare qualche altra persona», che è riuscita ad arrivare in parlamento, ancora una volta mostra di avere coraggio da vendere e di non essere solo la «fidanzata di», come i media si ostinano a dipingerla.

La vulvodinia le è stata diagnosticata il 2 settembre 2020 dopo 11 anni di «dolore delegittimato», sofferenze, vergogna, diagnosi sbagliate e prese in giro. «Ho passato il primo lockdown a cercare tutti i sintomi su Google. Sono capitata sul blog di un’associazione dove in tanti parlavano di vulvodinia. Me la sono autodiagnosticata e ho cercato un medico in grado di darmi una conferma e trattarla. Ho trovato il dottor Galizia che riceveva a Roma, Bologna e Modena. A Modena la lista era di soli tre mesi, lì ho ricevuto la diagnosi che già sapevo», ha spiegato. Da lì è partita ufficialmente la sua crociata per il riconoscimento della vulvodinia e della neuropatia del pudendo dal sistema sanitario nazionale.

Nella sua raccolta di poesie La signorina Nessuno edita da Vallardi si parla di suicidio, depressione, aborto, l'abisso della malattia e del dolore cronico. «Ci sono cose di cui non si parla, perché c’è uno stigma pesante. Ma quando apri uno spiraglio, si apre un vaso di pandora. Scopri che molti conoscono quell’esperienza». Il lato bello dei social.