Marco Mengoni torna a cantare "L’essenziale", il brano che gli ha cambiato la vita, davanti al pubblico di Sanremo. Sono passati nove anni da quell’annuncio e oggi rimette i piedi in teatro con estrema emozione: «Fin dalle prove sono arrivato sul palco con uno stato emotivo in subbuglio, ero molto agitato. Provando mi sono venute in mente cose che non mi ero goduto quel giorno. Quando è partito l’arrangiamento ho rivisto tutto. Le tante emozioni che ho vissuto. Nel 2013 era tanta l’agitazione, avevo 24 anni, e aver vissuto altri dieci anni mi è servito. Ho ripensato alle giornate di quella settimana, al fatto che è importante godersi il momento. Allora non mi sentivo in grado, non mi sentivo all’altezza».

Oggi è consapevole dei suoi limiti ma anche dei suoi pregi e vuole godersela. Ricanta, scegliendo di avere accanto a sé il giovane Filippo Scotti, ventiduenne comense, protagonista di È stata la mano di Dio, l’acclamato film di Paolo Sorrentino. Con l’attore inscena un dialogo emotivo che parte da messaggi normali che diventano spietati, punta l’attenzione sull’odio, sulla libertà di parola senza limiti. E che in un crescendo di intensità porta alla gentilezza. L’unica soluzione per lui.

«Parliamo di sentimenti, di emotività. Scritto da me, Filippo e Luca Bottura, questo testo nasce dall’esigenza di venire a dire qualcosa di importante. Ho sentito il bisogno di essere più vero, di essere il meno giudicante possibile. Voglio trasmettere alle persone la necessità della gentilezza. La porto sul palco».

Parole, un climax di violenza, l’articolo 21 e l’articolo 3 della Costituzione a ricordare che ci si può esprimere sempre, senza differenze di razza, genere, lingua, religione, opinioni politiche. Siamo tutti uguali. Possiamo dire tutto, ma non possiamo dire veramente tutto quello che ci passa per la testa, senza fermarci a pensare. «Quello che ci dicevano da bambini, di contare fino a dieci prima di parlare, dovremmo farlo tutti. A me per primo è capitato di sbagliare, per istintività, ma non voglio sbagliare più». Un dialogo concluso dalla poesia di Franco Arminio, fino alle prime note dell’orchestra che suona il suo brano «Mi sono emozionato».

La necessità di dirlo in parole, non solo cantarlo. Marco Mengoni, dopo aver pubblicato Materia Terra e con due concerti negli stadi già annunciati per il 19 e 22 giugno (Milano e Roma), è felice di prendere parte al Festival di Sanremo, in quest’edizione straordinaria. «Gli ascolti parlano chiaro, io nel guardarlo mi sono divertito molto. Sembra banale dirlo, ma c’era bisogno di show. Di varietà, di ascoltare le canzoni, di ascoltare le parole. Di divertirsi. Quello che ho visto è che tutti i concorrenti, tutti i miei colleghi erano molto felici. Ho visto trasparire in loro la voglia di ricominciare a suonare, perché davvero non se ne può più».

Ci tornerebbe anche lui, con la canzone giusta, dice. E chissà che non lo faccia davvero. «Fa tanto il momento, ma di certo dopo questi due anni abbiamo tutti più voglia di dire “ascoltatemi”. Di condividere il più possibile». In gara, ospite o super ospite, per lui il punto è «poter comunicare. Siamo stati messi tutti a dura prova, siamo animali sociali, abbiamo bisogno di condividere. Anche il condividere un pensiero, uno sfogarsi, conta. Abbiamo capito che non sempre uno schermo ci può aiutare. Non sempre il cellulare è utile. Vengo a parlare dell’istinto dell’essere umano. E nell’istinto c’è la gentilezza. L’abbracciarsi, il darsi una mano, il venirsi incontro. Siamo interpreti, cantastorie, cantautori, cantanti. Parliamo di concetti ed emozioni. È giusto parlare di temi importanti. È giusto che nel tempio della canzone venga fuori anche questo».

Più grande, più maturo, torna a confrontarsi sul palco del teatro dell’Ariston con se stesso. «Quando ti confronti con te, ti confronti anche con la tua musica e diventi più coraggioso. Io oggi ho più sicurezza, sono uscito con un disco influenzato dal soul e dal gospel anche se qualcuno mi diceva che non è quello che funziona ora. Ma io ho una sola vita davanti e sparo tutte le mie cartucce». Vuole combattere l’odio provando a mettersi in ascolto dell’altro». Questa sera, ad ascoltare, siamo stati noi.

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