Partiamo da un esempio pratico, forse il più immediato: Kate Middleton e Meghan Markle. Basta dare un'occhiata ai titoli dei tabloid inglesi per capire che c'è qualcosa che non va: "Kate accarezza dolcemente il suo pancione" da un parte e "Meghan non riesce a staccare la mano dal suo pancione: che sia orgoglio, vanità o una tecnica new age?" dall'altra. Ancora: "Il Principe William ha regalato un avocado a Kate per le nausee mattutine", di contro "Gli avocado così amati da Markle potrebbero essere legati a violazioni dei diritti umani". Notate per caso un certo trend ricorrente? Da un lato la "principessa buona", dall'altro la "strega cattiva". Meglio ancora, poi, se c'è una buona ragione per metterle l'una contro l'altra. I media hanno un potere enorme sulla costruzione delle narrazioni di personaggi pubblici e celebrities e, specie quando si tratta di donne, i risultati possono essere decisamente tossici. "E se i media avessero deciso di descrivermi in modo diverso?" si chiede infatti Reese Witherspoon intervistata dal TIME, "Ora mi troverei in una posizione completamente diversa". Già e questo non va bene.

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Non va bene perché, come fa notare l'attrice, questa narrazione spesso non ha niente a che vedere con la realtà dei fatti, ma risulta del tutto indipendente dalla persona coinvolta e utile solo per rendere le notizie più stuzzicanti focalizzandosi su alcuni particolari al posto di altri per costruire una sorta di storyline parallela (come quella di Markle arrivista, manipolatrice e senza scrupoli, per dire). Witherspoon racconta di aver riflettuto - anche grazie alla visione del documentario del New York Times, Framing Britney Spears - su come le attrici finiscano incasellate in ruoli rigidi. Lei, ad esempio è sempre stata descritta come "una brava ragazza","E non sono le mie decisioni o le scelte di carriera che ho fatto, ma è del tutto arbitrario. Ed è un po' una me**a", ha aggiunto.

Secondo Witherspoon, questa logica porta a dividere le donne che hanno una certa visibilità tra "good girl" e "bad girl". Da un lato quelle come lei o Jennifer Garner, sempre messe in buona luce come ragazze modello, dall'altro donne come Britney Spears, Lindsay Lohan o Paris Hilton su cui la stampa si accanisce sottolineando quanto siano "eccessive", "pazze" o "ingestibili". Tanto per fare un altro esempio, si è da poco tornati a parlare di un'intervista del 2013 dove David Letterman mette pubblicamente in difficoltà Lindsay Lohan facendole domande molto insistenti e inopportune sulla sua dipendenza, la riabilitazione e la salute mentale. Un atteggiamento davvero meschino.

reese witherspoon su come i media classificano le donnepinterest
Bettmann//Getty Images
Marilyn Monroe in una scena di "Quando la moglie è in vacanza"

Sembra sempre che le donne per essere raccontate debbano essere "semplificate", ridotte a macchiette e chiuse in ruoli prestabiliti. Quella provocante, quella casta, la moglie, l'amante, quella impegnata, quella intelligente, quella sexy. Non è un fatto nuovo: anche Marilyn Monroe per tutta la vita ha dovuto fare i conti con l'etichetta di dumb blonde e bomba sexy senza cervello che non lasciava spazio a molto altro. Tutto questo è limitante, ha pesanti conseguenze a livello di salute mentale e, come fa notare Witherspoon, finisce per condizionare profondamente anche la carriera. La star di Big Little Lies ha raccontato di aver fatto anche lei scenate contro i paparazzi davanti alle telecamere (è anche stata arrestata per oltraggio a pubblico ufficiale), ma di non essere mai stata "punita" allo stesso modo di altre sue colleghe. Il punto è che ogni persona, ogni vita, ogni carriera può essere plasmata in modo tendenzioso: è bene esserne consapevoli e - da "spettatori" - ricordarsi di tenere conto della complessità di ognuno prima di scegliere a cosa credere.