La storia vera di Tonya Harding, la pattinatrice sul ghiaccio interpretata da Margot Robbie nel film I, Tonya (Tonya), uscito nel 2017 e diretto da Craig Gillespie, è una storia per niente facile. Soprattutto per lei. Quando nel 2018 il New York Times l'aveva intervistata, dedicandole un lungo articolo, la campionessa aveva subito messo le cose in chiaro: "Mi chiamo Tonya Price". Harding no, era meglio dimenticarsi quel cognome, che le evocava episodi che l'hanno segnata, così come è successo per il mondo dello sport statunitense. Price, invece, è il cognome dell'attuale marito, quello da cui ha avuto un figlio e da cui si è sentita veramente amata, cosa che non sempre è accaduto nel corso della sua vita.

Tonya Harding e lo scandalo per lo sport americano alle Olimpiadi del 1994

Nella 1994 Tonya Harding fu la protagonista di uno dei più grossi scandali del mondo sportivo made in USA: è stata accusata di essere coinvolta nell'aggressione che subì Nancy Kerrigan, atleta e sua rivale, dopo una sessione di allenamenti in vista della gara alle Olimpiadi di Lillehammer a cui Tonya stessa partecipava. La pattinatrice fu colpita al ginocchio con un manganello, con l'intenzione di metterla fuori gioco e lasciare campo libero a chi avrebbe voluto vincere.

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Tonya Harding e Nancy Kerrigan in allenamento.


Le indagini dell'FBI accertarono che l'azione era stata portata avanti da un uomo assunto da Shawn Eckardt, amico di Jeff Gillooly e a quel tempo marito di Tonya. La campionessa di pattinaggio su ghiaccio fu accusata, non tanto di avere architettato l'attacco, quanto di esserne stata a conoscenza, di non avere subito allertato le autorità per scongiurarlo e di avere ostacolato la giustizia. Fu quindi condannata a tre anni di libertà vigilata, 500 ore di servizio comunitario, una multa statale di 100 mila dollari e, soprattutto, fu squalificata a vita dalla federazione di pattinaggio statunitense. Per amara ironia della sorte alle Olimpiadi del 1994 Tonya si classificò all'ottavo posto, mentre Nancy Kerrigan, che nel frattempo si era ripresa, arrivò seconda.

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Tonya Harding alle Olimpiadi del 1994.

La sua carriera nello sport professionistico finì da un giorno all'altro e Tonya, come poi ha raccontato nell'intervista al New York Times, si è dedicata a tutt'altro. Ha provato la boxe, l'ha poi abbandonata per assenza di una vera passione, e ha fatto mille lavori: saldatrice, imbianchina, addetta alle vendite specializzata in ferramenta.

Il film I, Tonya, ispirato alla sua vita, così come racconta questa vicenda molto controversa, prova a ricostruire la vita dell'atleta per comprendere da quale contesto tutto potrebbe essere nato, a partire della sua infanzia, dalla sua adolescenza, dalla sua formazione e dalle persone che l'hanno seguita (o non seguita) fin da piccola. Sua madre, LaVona Golden (interpretata nel film da Allison Janney), per prima. Dietro alla pellicola ci sono ore e ore di interviste con Tonya Harding e l'ex marito e l'intento sembra proprio quello di volere prendere in considerazione, come prima non era stato fatto, il contesto in cui una persona cresce.

Tonya Harding, la vita vera dietro le scene del film I, Tonya

A proposito del film Tonya Harding ha dichiarato "La gente non capisce che quello che si vede nel film non è niente. Quelli erano solo i pezzettini più piccoli". E il riferimento era agli abusi subiti dalla madre, ma anche dal fratellastro Chris Davidson e dall'ex marito Jeff Gillooly. Nel film, che ha scene girate come fosse un documentario, c'è un momento molto duro in cui Tonya viene costretta dalla madre a fare la pipì sul ghiaccio, per non interrompere i suoi allenamenti. L'episodio pare sia vero, secondo quanto ha dichiarato una donna che si allenava con lei quando erano entrambe ragazze e secondo quanto riportato in un articolo del Chicago Tribune del 1994, per cui quella era una regola in queste situazioni.

E questo vale solo per dirti che, appunto, la vita di Tonya Harding non fu affatto facile e questo ebbe delle conseguenze nella sua carriera. Era nota, infatti, per le sue reazioni fuori dalle righe con i giudici di gara, con cui spesso si scontrava perché non riteneva di meritare punteggi così bassi. Una delle discussioni fu per il vestito che aveva usato una volta e che non era stato ritenuto idoneo. Li faceva sua madre o se li cuciva lei, perché i soldi per comprare quelli di Vera Wang che indossava Nancy Kerrigan non li aveva. E non aveva neanche istruttori che la avevano allenare sulle musiche di Mozart, dietisti che stavano attenti alla sua alimentazione o genitori che applaudivano a ogni suo successo. Secondo quello che poi ha raccontato.

Chi la seguiva non perdonò mai la sua azione contro l'atleta e rivale Nancy Kerrigan. Aveva raccolto molto sostegno prima, quando si era distinta per essere stata la prima pattinatrice americana femminile a fare un salto triplo axel in gara, una mossa difficilissima e unica. In seguito a quello scandalo Tonya Harding, però, subì diversi attacchi mediatici e non solo: c'era chi le lasciava ratti nella posta, c'è chi ha vandalizzato la sua auto, chi le mandava lettere minatorie. Quello che accedde fu che, dopo avere ricevuto molto supporto per i suoi successi sportivi, le persone le si rivoltarono contro.

Nel tempo la sua storia personale è stata raccontata e qualcuno ha provato a vedere quello che Tonya Harding ha subito dietro a quello che ha compiuto contro Nancy Kerrigan, senza volere trasformare chiaramente le sue vicende in una giustificazione. Sufjan Stevens, il cantante di Detroit e della soundtrack di Chiamami col tuo nome, ha scritto per lei la canzone Tonya Harding, che in un verso dice This world is a bitch, girl, Don’t end up in a ditch, girl" (trad. "Questo mondo è una puttana, ragazza, Non finire in un fosso, ragazza"). Per chiudere Allison Janney, che interpreta il ruolo della madre LaVona Golden, ha vinto un Golden Globe come Migliore Attrice non Protagonista.

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