Massimo Pericolo è di fronte a me e mi sta fissando durante l'intervista con i suoi occhi azzurri trasparenti, inespressivi, senza fondo, e mi dice: «Lo so che non finirà mai. Quelli come noi sono sempre a rischio. Dobbiamo tenere la guardia alta. La depressione è abitudinaria».

Mantiene lo sguardo mentre me lo dice, e io lo abbasso perché lo so anche io che è così, ma non ho voglia di ammetterlo.

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massimo pericolo

Massimo Pericolo, ovvero Alessandro Vanetti, il "Vane", 27 anni il 30 novembre, l’urlo e il furore dalla provincia di Varese, 19 mesi di galera tra carcere e domiciliari per spaccio, una infanzia da sottoproletariato urbano, ha vissuto con la madre che spesso era senza lavoro, è stato depresso in cura con psicofarmaci e ora è la nuova promessa del rap italiano con i suoi versi scarni e durissimi, tristi e romantici. Le sue canzoni descrivono un universo desolato di gioventù senza speranza, di amori finiti male, di freddo dell'anima, e, ovviamente, di carcere. Prodotto un anno fa da Phra Crookers e Nic Sarno per la Pluggers, in pochissimi mesi è diventato l’artista che tutti si aspettano di veder esplodere nella scena urban, e non solo. A settembre è stato fatto il repack del suo primo album Scialla Semper (dal nome dell’operazione antidroga che portò al suo arresto, da ascoltare subito sono Sabbie d'oro, un manifesto generazionale dei loser e il singolo Scialla Semper), Fabri Fibra e Marracash hanno voluto fare un singolo con lui, e in questi giorni è in tour con Barracano e Speranza con date sold out (il 12 novembre a Milano, il 16 a Modugno a Bari, il 21 a Venaria Reale a Torino e il 6 dicembre a Padova).

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La prima volta che ho visto Massimo Pericolo in concerto ho capito che avrebbe spaccato. Eravamo all’Open Sea Republic, un festival musicale matto organizzato da Salmo e Red Bull, 36 ore di rap con 30 artisti in mare aperto su un traghetto, anda e rianda sulla tratta Genova-Olbia-Genova. Erano le due di un sabato notte, il 23 giugno per l’esattezza, il mare nero che scorreva sotto lo scafo, noi stipati sulla pista della balera della nave. MP stava cantando 7 miliardi (un rap durissimo, nel video tra pit bull e gang, brucia la sua tessera elettorale e finisce urlando che vuole solo “una vita decente”), io ero di fianco a lui alla consolle, e guardavo preoccupata i 300 ragazzi sudati, mezzi nudi ed esaltati di fronte a noi, una massa di carne che saltava, cantava e bestemmiava (perché sì: nei testi di Massimo Pericolo, oltre al suo arresto per spaccio, al suo carcere, alla sua depressione, al suo cuore spezzato, all’odio per i poliziotti, oltre alla disperazione della vita di provincia, ci sono anche le bestemmie). Adesso bucano il pavimento e cadiamo di sotto, mi sono detta guardandoli saltare, mentre i miei piedi tremavano, ed è stato lì che ho capito che, tempo qualche mese, e Massimo Pericolo avrebbe sfondato: troppa rabbia, troppa verità e troppa bellezza nei suoi testi per finire nel mare magno nei rappusi.

Massimo Pericolo e quelle frasi che arrivano dirette

Lui è uno vero: canta la galera, e l’ha fatta veramente. Dice di essere depresso, e va in tv a L'Assedio sul Nove di Daria Bignardi a parlare di psicofarmaci (prendeva il Solian, lo si vede anche nel video di Sabbie d'oro) come ha fatto Kanye West quando ha ammesso di essere bipolare da David Letterman. È di provincia, e racconta la triste desolazione dei ragazzi senza speranza che vivono in paesi dormitorio, con lavori di merda, presi tra la droga, il bar sotto casa e il cielo bianco. L’ho incontrato qualche giorno fa, tutto occhi azzurri e modi gentili e abbiamo parlato un bel po’, tra persone rattoppate spesso ci si capisce. È un bel ragazzo, e da quasi un anno sta con Lucrezia Vanotti, modella di quasi 20 anni.

Perché piaci così tanto? «Perché quello che racconto l’ho fatto davvero. Le persone sentono che sono trasparente. Il carcere, il disturbo mentale, la vita in provincia. Sai quanti lavori di merda ho fatto…».

Perché spacciavi? «Di quel che ho fatto prima del mio arresto non parlo. Dico solo che stavo per aprire una palestra di kung fu, e invece niente».

Il kung fu lo fai anche in molti dei tuoi video. «Pratico arti marziali da quando sono bambino. Ci credevo tantissimo, sono anche stato in Cina tre mesi per imparare il kung fu, a Dengfeng, dove c’è il monastero Shaolin. Alla fine parlavo anche un po’ di cinese…».

Invece poi sei tornato e ti hanno preso. «In realtà stavano indagando su altri. Mi hanno intercettato e sono venuti a prendermi a casa per interrogarmi. Solo che in quei giorni avevo in casa 300 grammi di maria, li han trovati e mi hanno portato dentro diretto. Da quel giorno sono stato in carcere 4 mesi».

Dove ti hanno messo? «Nella cella nuovi giunti, come canto nella mia canzone. Eravamo io e un ragazzo che la sera prima aveva appena compiuto 18 anni, era ancora ubriaco per la festa. Poi l’hanno fatto uscire, e io sono restato».

Che pensavi? «Chi avrebbe pagato il mio affitto? E chi avrebbe tenuto il mio corso di kung fu? Mi cagavo addosso perché non sapevo cosa sarebbe successo, il mio mondo si stava sgretolando. Io sono abituato a prendermi cura di me da quando ho 17 anni. Non avevo abiti, gli altri detenuti mi han prestato tutto, anche le mutande. Ne conservo ancora un paio».

Storie brutte in carcere? «Ogni tanto qualcuno che voleva suicidarsi. Dentro tanti stanno male: ansia, depressione, insonnia. Ti danno il tavor e via».

E tu? «Stavo male, ma sono andato avanti senza. A 15 anni ho capito che avevo del disagio, e la depressione è arrivata presto. Ho smesso di farmi le canne, facevo arti marziali, chissà come sarei stato senza quelle».

Lì scrivevi? «L’ho sempre fatto, fin da ragazzino. Eminem era il mio eroe. Dopo 4 mesi ho fatto i domiciliari. In tutto 19 mesi. Poi ho ripreso fare i soliti lavori di merda, a stavo sempre male. Finché alla fine ho capito che da solo non sarei riuscito: prima psicologo, poi psichiatra con farmaci. Ora sto meglio».

Perché hai deciso di parlare dei tuoi disturbi mentali? «Più se ne parla meglio è. Io in famiglia avevo un parente che stava male, dicono che sia ereditaria. Ma certo la mia povertà mi ha sempre creato uno stress incredibile. Non potevo fare quello che facevano gli altri. Ma nessuno capiva. Ho visto il film Joker e lui a un certo punto dice che la cosa brutta dei disturbi mentali è che non si vedono e quindi tutti vorrebbero che tu ti comportassi come se non li avessi. Invece nessuno chiederebbe a uno senza gamba di camminare».

Cosa vuoi diventare? «Ricco in modo da aiutare mia madre, i miei amici, fare la vita che voglio. La ricchezza è un’occasione».

In una canzone dici "Se i miei fossero ricchi non sarei chi sono, Ma sono due falliti e senti come suono". Che rapporto hai ora con loro? «Mentirei se dicessi che con i miei genitori ho un rapporto bello, o costruttivo. È pacifico. Io ho vissuto sempre con mia madre, e stare senza un padre ti crea dei disagi. Non hai una figura maschile e la tua identità di uomo te la devi inventare».

E tu te la sei inventata? «A volte ti senti troppo debole e pensi di dover esser più forte, poi però magari diventi troppo cattivo. Fai confusione e non capisci bene qual è l’equilibrio».

E adesso l’hai trovato l’equilibrio? «L’equilibrio è una parola grossa. Al momento sto meglio. Ma spesso non capisco qual è il mio posto nel mondo. Mi sento ancora inadatto per le cose della vita».

Ed è qui che mi dice che per alcune persone non passa mai.

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