Emily Ratajkowski ha inaugurato l’ultimo Fashion Month avvolta in un top trasparente fra le onde di una gonna arancione firmataTory Burch, proseguendo da Londra in un look genderless di JWAnderson prima, in un incantevole vestito lungo creato da Nensi Dojaka poi. A Milano è stato quindi il turno, da qualche stagione appuntamento fisso, di Versace, a Parigi del ritorno da Miu Miu. Emrata non è una principiante in passerella – dal suo debutto nel2015 per Marc Jacobs, ha sfilato per i marchi più influenti, da Bottega Veneta a Dolce&Gabbana – ma mai come lo scorso settembre il mese della moda è stato suo (e di Bella Hadid).

«DOPO IL MESEDELLA MODA 22/23CI SI CHIEDE SE EMILY NON SIA IL SEGNALE DI UN CAMBIAMENTO»

E per quanto la modella e scrittrice, ora anche podcaster, ci abbia abituato alla sua presenza nel sistema, all’alba del suo nuovo trionfo ci si chiede se questo non sia sintomo di una, seppur piccola, evoluzione. Mentre i brand che svolgono casting davvero inclusivi restano pochi, se Ratajkowski la quale, ricordiamo, non ha un corpo conforme al sistema di taglie tradizionali da sfilata, lei che al suo stesso corpo ha intitolato un saggio femminista, diventa la protagonista delle passerelle, non vorrà forse dire che qualcosa nella moda sta cambiando?