Stampe geometriche dai colori caldi, vesti avvolgenti che parlano di luoghi lontani, sguardi profondi in cui perdersi per sempre: sono immagini silenziose, eppure staremmo ad ascoltarle per ore. E in fondo è questa l'abilità di un artista visivo, il segreto di chi la fotografia non l'ha solo compresa, ma anche interiorizzata, rielaborata, rinnovata. Pamela Tulizo, 28 anni, originaria del Congo, è la fotografa che oggi celebra la sua estetica nel #CosmoVillage - lei che quel mistero lo ha decifrato attraverso un codice nuovo, unico e speciale. Nuovo perché attraverso di esso emergono e prendono (una meravigliosa, coloratissima) forma storie mai prima dette, ma da sempre vissute: sono quelle delle donne di Kivu, regione del Congo dove Pamela è cresciuta. Il lavoro dell'artista, nel quale si intreccia moda e tradizione, si concentra dunque soprattutto sull'indagine e l'espressione dell'identità femminile, come anche conferma il titolo della sua recente serie Double Identity, vincitrice nel 2020 del Dior Photography & Visual Arts Award for Young Talents.

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Courtesy of the artist / PH Fabien Jihno Guiraud
Un ritratto di Pamela Tulizo

Grazie all’incontro con uno dei fotografi attivo a Goma, dove oggi Pamela vive, Martin Lukongo ha imparato alcune tecniche fotografiche di base, e dopo mesi di pratica artistica, la fotografa ha partecipato a sessioni di formazione sulla fotografia con Yole Africa a Goma, in Senegal con Africalia, a Lubumbashi con il Picha Art Center. Il suo lavoro sulle donne è apparso alla Biennale di Lubumbashi, in diversi progetti come ELLE equals IL Kinsha-sa, Congo Harlem a New York, Kinshasa. Dal 14 settembre la sua nuova serie Enfer Paradisiaque sarà esposta in occasione della mostra collettiva Trois auteurs d’Histoire: Nelson Makengo, Georges Senga, Pamela Tulizo alla galleria ArtNoble, situata nell'area di Lambrate a Milano. E nell'attesa di scoprirne le opere inedite, abbiamo intervistato Pamela che è entrata nel nostro #CosmoVillage per raccontarci la sua arte.

Ciao Pamela, facciamo un passo indietro. In quale momento hai deciso che saresti stata una fotografa e perché?

Ho deciso di diventare fotografa subito dopo aver terminato i miei studi da giornalista, quando ho cominciato a lavorare per una casa di produzione media locale a Goma. Durante il mio stage, ho acquisito l'esperienza di presentatrice e giornalista sul campo, lavoravo anche in tv.

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Secondo le regole interne della casa di produzione, dovevo ovviaente rispettare una linea editoriale ben precisa - a me però interessava più parlare del ruolo della donna, volevo essere più libera insomma. Ho scoperto che la fotografia era il mezzo per farlo: quando sei giornalista non puoi dire quello che vuoi, ma quando sei una fotografa indipendente sì.

Quali sono le fonti ispiratrici della tua arte?

Le donne di Kivu.

Nel 2020 hai vinto il Dior Photography & Visual Arts Award for Young Talents con la tua bellissima serie Double Identity. Cosa pensi abbia convinto i giudici che il premio dovesse essere tuo?

Dietro ogni mia foto si cela una storia e credo che a sedurre la giuria siano state le storie di vita reali che la mia arte racconta.

Che cosa rappresenta la moda secondo la tua visione artistica?

La moda è una forma d'espressione, un linguaggio, che mi permette di raccontare una storia.

Il tuo lavoro si concentra principalmente sulle espressioni dell’identità femminile. Chi è la donna che emerge dalla tua ricerca?

Una donna che non si arrende, che lotta con forza, dignità, perseveranza e resilienza. Qualsiasi sia la sua situazione in cui essa viva, io voglio ritrarre la speranza e il sogno che ci celano dietro le storie queste donne, andando oltre alla loro apparenza esteriore.

Dal 14 settembre sarai in mostra nella galleria ArtNoble di Milano con la serie Enfer Paradisiaque e noi non vediamo l'ora di scoprirla. Come sei venuta in contatto con loro? Che cosa speri di comunicare al pubblico di Milano?

Io ho conosciuto Gabriele Salmi, che da anni collabora con Picha e quindi con la Biennale di Lumumbashi, proprio a Lumumbashi; è stato lui a presentare il mio lavoro ad Angelica Litta Modignani, la curatrice della mostra. Lei insieme a ArtNoble hanno deciso di concepire questo progetto collettivo.

La maggior parte di noi congolesi non ha controllo sul lato infernale del nostro paese, che ha anche coinvolto la terribile tragedia della scomparsa dell’ambasciatore Attanasio, ma la verità è che il Congo è anche un paradiso terrestre: io sono sicura che se facessimo tutt* uno sforzo il Congo possa tornare presto a splendere. Abbiamo bisogno dell'aiuto del governo congolese, dell'Unione Africana, dell'Unione Europea, di tutto il mondo. Per me è un onore partecipare attraverso alla mia arte alla commemorazione della vita di quest'uomo, oltre che offrire una nuova prospettiva al pubblico italiano ed europeo attraverso la quale conoscere il Congo.

In copertina, l'opera di Pamela Tulizo, Enfer Paradisiaque, Lutambi Meshe, ora in mostra alla galleria ArtNoble di Milano.