I faraoni della musica house e techno hanno una dimora d'elezione lontana dal deserto, vicino al mare e sui colli di Riccione. È la piramide di vetro (ispirata al Louvre) del Cocoricò, il club che ha fatto (e ancora fa) la storia della night life della Riviera romagnola. I suoi spazi di design, le superstar alla console e gli impianti audio-video l'hanno trasformato in un luogo leggendario da cui molte generazioni sono passate, riempiendo prima le piste da ballo e poi le spiagge fino a mattina.

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C'è chi direbbe che è il tempio che ha fotografato meglio le serate di divertimento degli ultimi anni, chi non lo perde come punto d'attrazione perché è un club storico e chi ci va per pura curiosità. In tutti i casi le sensazione di chi lo ha frequentato o ci è stato anche solo per una volta è quello di aver calcato un dancefloor speciale che si illuminava a notte fonda con i proiettori e la mattina con la luce che entrava dalle vetrate. Su quella pista ci sono andate vere celeb dell'A-List, da Lucio Dalla agli stilisti Jean Paul Gaultier o Franco Moschino, e la sua frequentazione è sempre stata molto trasversale anche per stile. Rapper, darkettoni, voguers, fashionisti.

Negli annali del Cocco sono riportate le avventure di chi faceva ballare la folla: i Daft Punk nel 1997 furono bloccati alla console e Aphex Twin, uno degli artisti più poliedrici del giro, qui si è fatto le ossa quando ancora era sconosciuto.

Oggi la sua fama è identica. La rivista DJ Mag, una delle più autorevoli di settore, continua a mantenere il Cocoricò tra i superclub più importanti del mondo, insieme al Berghain di Berlino o all'Ushuaïa di Ibiza. Qui non sono si esibiscono nomi che sono vere stelle del firmamento: Carl Cox, Marco Carola, Dimitri Vegas & Like Mike.

Resistergli per chi è appassionato ma anche solo curioso sembra impossibile: tra architetture innovative, installazioni, animazioni inaspettate e musica, il Cocoricò è il cuore pulsante che diffonde energia.

La sua storia, come quella di molti club, è fatta di lati oscuri legati agli anni 90 e all'uso di droga da parte di chi lo frequentava. È, però, anche una storia di cambiamento e di mutazioni nel tempo. Per invertire, infatti, quella tendenza e quella fama pericolosa, il locale aveva puntato su una migliore security e su una collaborazione con la comunità di San Patrignano che negli successivi si sarebbe consolidata. È stato sempre al centro di dibattiti e più volte è stato chiuso.

Il regista Ambrogio Crespi nel 2017 ha deciso di girare un documentario che ripercorra tutti i suoi anni e ne ricostruisca le dinamiche, in occasione dell'anniversario dei 30 anni dalla sua apertura. Si intitola Trent'anni sotto la Piramide e raccoglie le testimonianze dirette di chi lo frequenta. La Stampa riporta una sua dichiarazione in merito: "Intervistiamo i ragazzi, li riprendiamo mentre ballano muovendoci in mezzo a loro, raccontiamo anche il passato del locale con immagini d’archivio. Entro con la GoPro e ballo con i ragazzi, parlo con loro, registro il loro linguaggio incomprensibile. Il clima che ho trovato è un po’ quello degli anni 70, con gente apparentemente felice di stare insieme a sentire e ballare musica. Girerò ogni weekend fino al 9 settembre (NdR. 2017) con cinque telecamere e un drone. Una volta terminato e montato, con l’inizio dell’anno (NdR. 2018), porteremo il documentario nei festival". Insomma, è chiaro che il Cocoricò di Riccione abbia qualcosa da raccontare a chiunque.