Sofia è l’unica che sia fedele. Nell’adattamento omonimo del romanzo di Marco Missiroli vincitore del premio Strega Giovani nel 2019, Fedeltà, la ragazza-malinteso, quella che ha il compito di portare a compimento bisogni e frustrazioni della coppia protagonista è infatti il solo personaggio della nuova serie Netflix capace di mantenere fede al proprio desiderio: trovare una persona, un uomo, che per un certo periodo di tempo la guidi e la instradi nella direzione giusta. Che sia il suo professore, sposato, poco importa. «Lei è ambigua per volontà nostra, dei registi e mia, non capisci mai cosa voglia davvero perché è una ragazza che ha poco più di vent’anni, che è un modo come un altro per far capire quanto la vita sia complessa». L’età è la stessa di Carolina Sala, l’attrice che la interpreta e che con Sofia condivide una generazione, una passione (quella per i libri), certe scelte di coraggio che l’hanno portata a 22 anni al primo grande ruolo televisivo – dopo Pezzi unici, serie Rai di Cinzia TH Torrini con Sergio Castellitto – che sta metabolizzando solo adesso, a pochi giorni dal debutto della serie sulla piattaforma il 14 febbraio: «Mi sento in una bolla che sta esplodendo piano piano, me ne rendo conto quando mi ritrovo in Direct su Instagram messaggi dall’India o dal Portogallo, non so cosa mi dicano ma spero siano contenti».

Radici a Conegliano Veneto ma casa a Venezia, appassionata di Storia dell’arte di cui frequenta la facoltà all’Università e di teatro, Carolina si innamora delle storie più difficili in cui si immerge, tanto che per un ruolo in cui la vedremo presto al cinema ha passato mesi chiusa in un teatro di posa, dentro una scatola. «Non so cosa mi succede, non so perché, ma mi ritrovo in questi racconti difficili, anche dolorosi, che mi trascinano dentro». Difficili proprio quanto lo è perdonare un tradimento come avviene in Fedeltà: la storia di un matrimonio che collassa sotto al peso delle insoddisfazioni di una coppia, Carlo (Michele Riondino, nda) e Margherita (Lucrezia Guidone, nda), quando lui si avvicina a una studentessa del suo corso di scrittura.

Quindi partiamo subito con Fedeltà e con l’assioma che muove tutta la storia. Chi ama, si tradisce. È vero?

«Fino a qualche mese fa pensavo di sì, chi ama si tradisce, è inevitabile che lo faccia, era questo il senso della serie. Poi il mio ragazzo mi ha fatto notare l’ambivalenza di quel “si”. Perché è “chi ama si tradisce”, e non “chi ama tradisce”. Credo voglia dire che se ami non puoi fare a meno di dirlo, lo stesso vale per un tradimento. Se ami davvero, il sentimento sarà così forte che non ti terrai le parole in bocca. Se ami qualcuno ti tradisci, perché non ti puoi nascondere. Mi ha divertito molto questa ambivalenza che è anche quella della serie, non dare confini alle cose perché la vita non è mai troppo spiegabile».

Divertente che te lo abbia fatto notare il tuo ragazzo.

«Esatto! Un segno. Stiamo insieme da due anni, è un amore giovane nato a distanza e durante la pandemia. Quando ho dovuto leggere il copione ritrovandomi in mezzo a questo tema che è fortissimo e pesantissimo, è stato proprio lui ad aiutarmi. Io sono una che va dritta, guarda davanti, e invece lui mi mostra tutte le altre opzioni».

Hai 22 anni, come Sofia. A cosa si è fedeli a questa età?

«Si è fedeli solo a sé stessi, come scrive anche Missiroli. Anzi, sei proprio in un momento in cui stai cercando cosa voglia dire essere fedeli a quello che ti piace e vuoi essere, pure sbagliando».

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courtesy of //Netflix
Carolina Sala in una scena di Fedeltà, nel ruolo di Sofia

Sofia è la miccia, a prima vista sembra un personaggio scomodo ma in realtà non è altro che la scusa che conduce alla scoperta di cose latenti. Hai sentito la responsabilità di questo ruolo?

«Quando interpreti il personaggio di un libro che è piaciuto così tanto è sempre una responsabilità pesante, ti chiedi “riuscirò a rendere determinati aspetti?", ma più di tutto mi sono ritrovata tra le mani Sofia, e io Sofia la sentivo. Lei nella serie è ancora più volutamente ambigua in quello che vuole, rispetto al romanzo, rimane molto sul filo, racchiude il mistero di tutte le ragazze. A questo aggiungici che ha un background tremendo e credo veda in Carlo solo un modo per affrontare questo trauma».

Noi vediamo Fedeltà dallo sguardo dei due protagonisti, anche se Carlo a un certo punto ammette di non riuscire più a nascondere l’attrazione che ha per la sua studentessa, capiamo e percepiamo che tra loro non potrà mai esserci un futuro. Com’è invece Fedeltà dagli occhi di Sofia?

«Fedeltà per lei è il bisogno di una figura che sia una guida a cui aggrapparsi, e che confonde con l’amore. Non ne è conscia ma è convinta di essere innamorata di questo professore e allo stesso tempo è consapevole della loro lontananza. Ecco, credo che Fedeltà dai suoi occhi sia un modo di crescere attraverso questo tormento. Perché in Sofia è molto forte la consapevolezza dell’errore. C’è un grandissimo senso di pesantezza, sa che sta facendo qualcosa di sbagliato e lo fa comunque per restare fedele a sé stessa. È doloroso ma la fa diventare un’adulta».

Si impara dalle cose che fanno male come i tradimenti, magari anche dai ruoli più faticosi?

«Sempre, tantissimo. Impari a livello teorico perché approfondisci. Io mi divertivo ad andare nelle librerie a cercare libri che pensavo potessero piacere a Sofia. Ho comprato e letto Murakami, poi Cose che succedono la notte di Peter Cameron che mi ha aiutato tantissimo nel modo in cui racconta la storia, o Il cuore non si vede di Chiara Valerio. Sono una persona curiosissima. Poi si impara anche stando nel personaggio, vivendolo. All’Università ho frequentato un corso di scrittura come lei, la capivo».

Nella serie si dice che a renderci felici siano le possibilità e le occasioni che abbiamo avuto il coraggio di cogliere. Ti sei mai lanciata?

«Se vuoi fare l’attrice non è che ti devi lanciare, ti devi proprio tuffare di testa nel cemento. Rischi tutto e ti metti a nudo senza coperture. Io ho iniziato a fare su e giù per Roma gli ultimi anni di liceo, tra viaggi, provini, le energie, è stato anche un rischio economico. Dopo la maturità ho iniziato a lavorare come cameriera per pagarmi gli spostamenti e ho ottenuto il primo ruolo in tv proprio mentre sostenevo l'esame di maturità. In generale credo sia importante non sedersi e togliersi tutti quei legacci che ci impediscono di inseguire chi e cosa vogliamo».

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Martina Scorcucchi
Carolina Sala

Allora sei una di quelle attrici che volevano recitare fin da bambine.

«Certo, un’idea che ho sempre avuto ma non mi ricordo nemmeno perché. Però ti racconto un momento. C’è una festa nella mia città, in cui c’è una rappresentazione con una “dama vivente”. A 12 anni ho partecipato ai provini per fare la figurante e alla fine sono stata scelta come protagonista. Le cose più coscienti ovviamente sono arrivate dopo, a 15 anni ho iniziato un corso di teatro all’Accademia Lorenzo Da Ponte, ho lavorato con alcune compagnie della zona e il primissimo ruolo è stato quello di Lucietta dei Rusteghi di Goldoni. Invece il primo progetto in tv è stato Pezzi Unici.

Hai anche un altro grande amore, che è quello per la Storia dell’arte. Piano B?

«No, è proprio una passione. È un interesse che è arrivato per gradi, dopo il liceo mi sono iscritta a Economia e Conservazione dei beni culturali ma poi ho capito che volevo studiare “arte pura” e basta. Io amo il Seicento, quindi Caravaggio, sono appassionata anche del Medioevo che mi rendo conto essere un periodo molto negletto e invece è incredibilmente affascinante.

Alcuni attori della serie vengono dal teatro e anche dal mondo più pop di Summertime come Lucrezia Guidone, e non è l’unica. Non escludi la possibilità di recitare in una serie più mainstream?

«Il mio cuore sta a teatro. Io sono nata lì. Vorrei lavorarci di più perché è un ambiente in cui è maggiormente difficile entrare. E poi quando ci entri non ci vuoi uscire. Vorrei lanciarmi in progetti sperimentali un po’ pazzi, magari con César Brie. Ma intanto continuo con il cinema. Quest’anno sono in uscita due film, uno si intitola Vetro, di Domenico Croce, ed è la storia di una ragazza hikikomori che vive chiusa dentro una stanza e che è stato faticosissimo interpretare, anche psicologicamente. A giugno, mesi chiusi dentro a un teatro di posa con un caldo allucinante. Da poco ho finito Di più non basta mai, una storia ambientata nel mondo dell’arte milanese. Interpreto una studentessa di Storia dell’Arte figlia di due grandi collezionisti.

Ma allora c’è sempre un po’ di Carolina in questi personaggi.

«Forse c’è sempre qualcosa che non si trattiene, qualcosa che non riesco a nascondere. Come quando ami qualcuno, appunto».