Il nome di George Floyd entrerà nei libri di storia al capitolo 2020, come se non fosse bastato il Covid-19. E questi due eventi in qualche modo sono collegati: il virus del razzismo non è ancora stato debellato e durante la pandemia le minoranze sono state una delle vittime collaterali più colpite.

La mappa creata dal Network Europeo Contro il Razzismo raccoglie diversi tipi di violazioni dei diritti: in tutta la UE ne sono stati raccolti oltre 190 casi da gennaio ad aprile 2020, che evidenziano come alcuni gruppi razziali hanno subito violenza fisica e verbale, sono stati discriminati o non hanno potuto accedere ai servizi igienico-sanitari di base. Non solo profughi e migranti, ma tante persone appartenenti alle fasce sociali più povere e in gran parte la comunità cinese.

Io (non) resto a casa: l'impossibile distanziamento sociale di chi non ha un tetto

Durante la pandemia, per migliaia di persone #iorestoacasa è stato un lusso impraticabile. Dai senzatetto ai Rom, migliaia di persone senza fissa dimora hanno sofferto in prima persona per l'impossibilità di distanziarsi o di isolarsi in casa, per il semplice fatto di non averne una.

Dall'inizio del 2019 molti centri di accoglienza per richiedenti asilo sono stati chiusi, per effetto del Decreto Sicurezza 132/18, che ha limitato i diritti umanitari delle persone che richiedono asilo in Italia, costringendo molte persone senza un permesso di soggiorno a vivere ai margini della società. Nei mesi scorsi centinaia di persone accolte nei CAS (centri straordinari di accoglienza) non hanno potuto praticare il distanziamento sociale, perché costretti a dormire nella stessa stanza e in aree comuni ad altre 150 o 200 persone.
Tra i segnaposto della mappa italiana troviamo anche racial profiling, ovvero la discriminazione su base etnica, in particolare sulle coste, in Sicilia e a Lampedusa, dove avvengono gli sbarchi. La mappa evidenzia anche le proteste degli operai delle fabbriche che hanno dovuto continuare a recarsi al lavoro nelle fasi iniziali della pandemia, o tornarci in fase 2, senza che venissero prese adeguate misure di sicurezza sul lavoro.

La sinofobia è diventata il simbolo del razzismo ai tempi del Covid-19

Sembra fantascienza nel 2020 che la quantità di melanina presente nella pelle di un essere umano, l'occhio a mandorla o un cognome esotico diventino il pretesto per segregare, discriminare, opprimere. Eppure le ricerche dimostrano che è ancora così. Prima che venissero registrati i primi casi di Coronavirus in Italia, si è diffusa la sinofobia, ovvero la paura delle persone di etnia cinese o più genericamente delle persone con connotati asiatici.

Fin dalle primissime settimane dalla notizia della diffusione del contagio, cittadini europei di origine asiatica sono stati vittime di attacchi verbali, online e offline, quando non fisici, perché ritenuti responsabili o portatori del Covid-19. Risultano anche casi di retorica razzista che incolperebbero ebrei, migranti, musulmani o rom, della diffusione del virus.

Segnala il sito razzismobruttastoria.net, un’associazione che cerca di contrastare il razzismo con la cultura, per smontare gli stereotipo che sono alla base di tutte le discriminazioni.

Le reazioni dei diretti interessati sono andate tutte in un'unica, pacifica, direzione: la richiesta di essere accettati. Su Twitter un ragazzo francese Lou Chengwang ha lanciato la campagna #JeNeSuisPasUnVirus: “Sono cinese, ma non sono un virus. Capisco che tutti abbiano paura, ma non abbiate pregiudizi, per favore.” Ha fatto eco l'iniziativa di Massimiliano, un ragazzo fiorentino italo-cinese che ha girato un video per sensibilizzare contro l'indifferenza e la paura delle persone che incontra ogni giorno per strada.

DA LEGGERE

Il razzismo spiegato a mia figlia, di Tahar Ben Jelloun. Pubblicato nel 1998 dallo scrittore franco-marocchino, è un classico contemporaneo: un dialogo tra un padre e la sua bambina di 10 anni, per educarla ai valori del rispetto e della tolleranza. Ti servirà a comprendere meglio un tema estremamente complesso come il razzismo e i suoi "colori" (tutte tinte fosche!), inclusi l'estremismo e il fondamentalismo di cui sono piene ogni giorno le news.

Nella testa del Dragone, di Giada Messetti. Uscito il 3 marzo per Mondadori in piena pandemia. Racconta quasi vent'anni, dal 2002 in cui è andata a studiare a Pechino, fino ai giorni nostri. Ti racconta un paese complesso come la Cina con lo sguardo di una ragazza che da Udine è diventata una profonda conoscitrice del paese.

Il dottor Li e il virus con in testa una corona, di Francesca Cavallo. è un libro illustrato sul medico cinese Li Wenliang che ha scoperto per primo l'esistenza del virus. Un antidoto alle teorie del complotto, ai pregiudizi e alle fake news. L'autrice è Francesca Cavallo, la stessa delle Storie della Buonanotte per Bambine Ribelli, con i disegni di by Claudia Flandoli. Puoi finanziarlo su Kickstarter.

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