Nel 2017 in Germania la ginecologa Kristina Hänel è stata denunciata da un gruppo antiabortista e poi condannata dal tribunale. La sua colpa? Aver pubblicato sul proprio sito un documento in PDF con delle indicazioni sull’aborto farmacologico e chirurgico. Già, in Germania i medici non possono per legge “pubblicizzare” l’aborto ossia dare informazioni che siano in qualche modo legate ai loro stessi servizi. Lo dice l'articolo 219a introdotto nel 1933 dal partito nazista. Vi sembra assurdo che le cose siano rimaste invariate fino ad ora? Siete in buona compagnia dato che sono anni che le associazioni femministe tedesche chiedono che le cose cambino. Ora, finalmente, sembra che siano state ascoltate: il nuovo governo tedesco ha fatto sapere di voler cancellare l'articolo e depenalizzare l’informazione sulle pratiche abortive. Era ora.

la germania ha abolito il divieto di dare informazioni sull'abortopinterest
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Una protesta contro l’articolo 219a a Berlino

Petizioni, manifestazioni, campagne di sensibilizzazione, sembrava che nulla servisse. Come racconta Il Post, due anni fa il caso Hänel aveva riaperto il dibattito, i partiti di sinistra e di centrosinistra avevano chiesto di abolire l’articolo 219a, ma i conservatori, compresa l’Unione cristianodemocratica di Angela Merkel, si erano opposti. Poi, nel febbraio del 2019 era stato fatto un parziale passo avanti e l'articolo 219a era stato riformulato consentendo ai medici di comunicare effettivamente che l’aborto fa parte dei servizi da loro offerti, ma senza dare informazioni pubblicamente.

la germania ha abolito il divieto di dare informazioni sull'abortopinterest
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Una donna manifesta contro l’articolo 219a a Berlino

Il problema è che questa disposizione espone davvero i medici a continue denunce da parte delle associazioni pro-life e va, tra l'altro, a inserirsi in una legislazione sull'aborto di stampo nazista che andrebbe rivista eliminando i retaggi più dannosi. Ora il nuovo progetto di legge, presentato dal ministro della Giustizia Marco Buschmann, stabilisce che «i medici devono essere in grado di sostenere le donne in questa difficile situazione senza timore di essere perseguiti penalmente». Secondo Buschmann la situazione dei diritti riproduttivi femminili «è già abbastanza difficile: non dovremmo renderla ancora più difficile». Inoltre, dato che oggi molte donne cercano aiuto e informazioni online «non può essere» - ha detto il ministro - che coloro «che sono particolarmente qualificati per fornire informazioni sull’esecuzione di tali procedure non siano autorizzati a farlo». Già, non può essere: ci sono voluti quasi 90 anni per capirlo, ma forse ora le cose cambieranno.