Giugno significa una sola cosa: Pride Month. Ormai lo sanno anche i muri (si spera) e, nonostante la pandemia, la voglia di scendere in strada, ballare, festeggiare e allo stesso tempo ricordare l'importanza della lotta per i diritti LGBT+ è fortissima. Speriamo di poter in qualche modo onorare degnamente questo mese online e/o offline. Intanto, però, noi abbiamo pensato che fosse il caso di fare il punto: che cos'è esattamente il Pride? Cosa significa questa parola? E soprattutto: che valore ha oggi, nel 2021? Per rispondere a queste domande abbiamo invitato nel nostro spazio dedicato al Dizionario dell'Inclusion Muriel De Gennaro, su Instagram @murielxo, per i pochi che ancora non la conoscessero. 25 anni, un profilo da oltre 290mila follower, un'esperienza consolidata come YouTuber, influencer, attivista e divulgatrice di tematiche relative a inclusività e diritti, ma soprattutto una carica positiva fuori dal comune: Muriel non si ferma mai, ha tanto da dire e - che ve lo dico a fare - una voce unica.

cosa significa "pride" ce lo spiega muriel per il dizionario dell'inclusionpinterest
Courtesy Photo - Muriel Sparkle Agency

Ciao Muriel! Iniziamo subito parlando del Pride Month, che cosa significa per te?

Il mese del Pride è il mio mese preferito all'anno! Non vedo l'ora che arrivi anche se poi ci sono mille cose da fare e sono stanchissima! Rappresenta tante cose, rappresenta un momento per fare tanta informazione e sensibilizzazione sulle tematiche LGBT+. Io poi naturalmente la faccio anche durante tutto l'anno, però a giugno è come se venissimo più ascoltati, quindi è importante far girare il più possibili tante informazioni.

La sensazione che provo ogni volta che vado ad un Pride è di libertà

Poi è un momento di festa, anche se purtroppo, per via della situazione, l'anno scorso e quest'anno molte cose sono saltate. La sensazione che provo ogni volta che vado ad un Pride è di libertà: non mi sento giudicata, posso essere libera, posso supportare altre persone che sono qui per lo stesso motivo e per le stesse battaglie. È un momento di unione ed è un tradizione per la community: se oggi abbiamo questa opportunità è grazie a quelle persone che, anni fa, hanno lottato per noi e che magari hanno anche perso la vita, dato che i moti di Stonewall sono stati anche molto violenti. Poi è anche un momento per rivendicare i diritti che mancano sia in Italia che negli altri Paesi del mondo. Infatti la cosa bella è che tanti diversi Paesi partecipano con le loro parate, è come se tutto il mondo si unisse per la stessa causa, anche per quelle persone che invece vivono ancora in luoghi dove il Pride non è accettato.

Raccontaci il tuo primo Pride...

Era il Milano Pride del 2016 ed è stato bellissimo. Avevo anche fatto da poco il mio coming out con un video su YouTube e iniziato a parlare di queste tematiche. Non sapevo esattamente che cosa aspettarmi e che persone ci sarebbero state. Mi ricordo che sono uscita dalla metro e ho visto questa folla enorme di persone tutte colorate: era bellissimo. Mi ricordo anche che avevo un outfit tutto particolare, pieno di glitter, mi ero proprio sbizzarrita! Mi ha dato una sensazione di grande libertà e serenità.

Secondo te sta cambiando la percezione mainstream del Pride?

A livello di numeri sembrerebbe di sì. Confrontando il mio primo Pride con quello del 2019 c'erano circa 200.000 persone in più. Prima era una cosa più di nicchia, per la comunità LGBT+, ora è pieno di persone che vengono per supportare. C'è chi viene anche solo per per fare festa, ma è importante conoscere la storia del Pride e perché esiste. I media spesso mostrano solo la parte del divertimento, ma è anche pieno di associazioni, di famiglie e questa parte più tranquilla fa meno notizia.

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Courtesy Photo - Muriel Sparkle Agency

"Pride" significa "orgoglio", cosa vuol dire per te essere orgogliosa di te stessa e della tua identità?

Bisogna tenere a mente che la vita è un percorso fatto di up and down quindi è normale anche avere dei momenti no. Per me significa un giorno quando avrò sessanta o settant'anni guardarmi indietro e dire "Wow, sono felice del mio percorso di vita, delle mie scelte perché ho pensato a me, alla mia felicità, alla mia serenità".

I media spesso mostrano solo la parte del divertimento, ma è anche pieno di associazioni, di famiglie e questa parte più tranquilla fa meno notizia

Perché a volte magari è facile farsi condizionare dagli altri, invece per me è molto importante comunicare il concentrarsi su se stessi perché devi essere felice del tuo percorso, se no un giorno potresti guardarti indietro e chiederti perché hai fatto certe scelte.

Ti definisci un'attivista?

Sì...! Ma mi fa un po' strano dirlo ad alta voce perché nella mia testa sono ancora molto legata alla figura dell'attivista che scende in piazza. Si può fare attivismo anche sui social e per me significa dare voce a persone che nella vita quotidiana fanno un po' più fatica a farsi sentire. Ogni volta che ho la possibilità magari ospito sul mio profilo persone che possono raccontare la loro storia e, se succede qualcosa di cui è importante parlare, cerco sempre di dargli spazio.

Per me attivismo significa dare voce a persone che nella vita quotidiana fanno un po' più fatica a farsi sentire

L'anno scorso infatti per il Pride Month hai portato avanti un progetto in questo senso...

Sì, l'anno scorso c'è stato il The Pride Project. Ero talmente triste per via della situazione Covid e tutti i Pride annullati che ho detto 'No devo fare qualcosa per portare il Pride online'. E quindi per tutto il mese di giugno ho pubblicato un contenuto al giorno e ho fatto un po' di tutto: ho ospitato delle persone, ho lasciato spazio alla mia community e ai loro contenuti. Spesso io non apparivo nemmeno. E l'ho fatto per creare questo senso di unione, informazione e festa che l'anno scorso è mancato.

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E quest'anno?

Ho appena lanciato Pride Club, una capsule collection di gioielli in collaborazione con LaVue Milano. La ragazza che li ha creati è Marina Manfredi, un'artigiana che ha realizzato tutti i gioielli a mano. Ci stiamo lavorando da gennaio, volevamo fare qualcosa insieme in onore di questo mese speciale per festeggiare e per ritornare qualcosa alla community. Quindi ho deciso di donare la mia parte a Casa Arcobaleno che ospita persone cacciate di casa a seguito del coming out. Come manifestazioni invece sembra che qualcosa quest'anno si farà e hanno invitato me e il mio ragazzo come madrina e padrino del Bergamo Pride. Quindi il 12 giugno saremo lì, mentre il 26 giugno sarò a quello di Milano.

Che ci dici invece del tuo libro?

Uscirà il 22 giugno, è un libro di favole inclusive per bambini. Non ho mai sentito molto mia l'idea di scrivere un romanzo o un'autobiografia, invece l'anno scorso è venuta fuori questa idea e mi è piaciuta visto che io punto molto sulle nuove generazioni e che fino a non molto tempo fa non esistevano libri del genere per i bambini.

Bisognerebbe facilitare in generale il percorso di adozione e abilitarlo per persone single e omosessuali

L'idea di ogni favola parte da me e poi - io sono molto pubblica nel dirlo - mi sono fatta aiutare da un ghostwriter. Ogni capitolo affronta un tema specifico e mi sono fatta ispirare da persone che ho conosciuto nel corso della mia vita: c'è la favola che parla della mia amica Jessica, quella che parla della mia migliore amica delle elementari che veniva dallo Sri Lanka e c'è anche anche una favola su di me!

Che difficoltà incontri nel fare divulgazione online?

A volte vedo che manca un po' di empatia. Però io sono abbastanza positiva perché da quando ho iniziato a parlare di questi temi nel 2016 ci sono stati molti miglioramenti. Ad esempio della comunità transgender nel 2016 nessuno ne parlava e nessuno sapeva nulla. Ora si sta iniziando a muovere qualcosa.

Quindi secondo te ad oggi in Italia quali sono le battaglie più importanti per la comunità LGBT+?

Sicuramente il ddl Zan che stiamo aspettando, anche se vedo molta resistenza. Poi direi almeno altre due: le adozioni perché per me è assurdo che si preferisca lasciare i bambini in un istituto piuttosto che darli a una famiglia o anche a dei genitori single. Bisognerebbe facilitare in generale il percorso di adozione e abilitarlo per persone single e omosessuali. E poi facilitare il percorso di transizione delle persone transgender perché è veramente lungo, complicato e costoso. A volte capita che il giudica non sia ben informato sull'argomento. Il mio ragazzo ad esempio ha aspettato un anno e un mese per avere i documenti perché gli hanno rimandato l'udienza e servivano prove in più.

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Courtesy Photo - Muriel Sparkle Agency

Ultima domanda a tema Pride: dacci un consiglio di outfit, il primo che ti passa per la testa!

Sicuramente leggero perché si muore di caldo! E poi: glitter! I glitter salvano tutto! Puoi vestirti anche con un paio di jeans e una maglietta bianca, ma se hai tutti i glitter in faccia è fatta!