"Dieci anni fa il mondo non era pronto per un'atleta come me e forse non lo è nemmeno ora", così, in un'intervista del 2017, Laurel Hubbard commentava la sua carriera come atleta transgender di sollevamento pesi e, in effetti, qualche dubbio sul fatto che la società sia pronta ad accoglierla ce l'abbiamo anche adesso, nel 2021. Hubbard sta per diventare la prima persona transgender a partecipare alle Olimpiadi: l'ha annunciato il The Guardian al quale un membro della International Weightlifting Federation ha confermato che - anche se non è ancora stata ufficialmente nominata nella squadra neozelandese - l'atleta si qualificherà automaticamente per i giochi olimpici per via delle nuove regole del Comitato Olimpico Internazionale. La notizia arriva mentre il dibattito sui diritti delle persone trans nello sport si fa sempre più acceso con numerose leggi che, negli Stati Uniti, tentano di impedire alle donne trans di gareggiare nelle competizioni femminili. Hubbard, ahinoi, dovrà aspettarsi notevoli polemiche e attacchi transfobici.

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E infatti le critiche sono arrivate puntualissime: "Siamo tutti focalizzati sull'uguaglianza per le donne nello sport, ma in questo modo l'uguaglianza ci viene portata via", ha detto a TVNZ Tracey Lambrechs, che ha vinto una medaglia di bronzo per la Nuova Zelanda ai Giochi del Commonwealth del 2018. Il dibattito sulle atlete trans è vasto, sfaccettato e ancora privo di soluzioni chiare. Si può riassumere così: c'è chi sostiene che sia ingiusto che persone che hanno intrapreso una transizione da uomo a donna gareggino nelle competizioni femminili perché la loro struttura corporea più "masocolina" le avvantaggia rispetto alle donne cisgender. In realtà al momento il Comitato Internazionale Olimpico ha una posizione diversa (e meno transfobica): dal 2015 le atlete "in transizione di genere", possono competere nelle categorie femminili senza che sia necessario l'intervento chirurgico ma a condizione che il loro livello di testosterone sia mantenuto al di sotto di 10 nanomoli per litro per almeno 12 mesi. Questo perché, secondo alcuni studi, dovrebbe essere sufficiente ridurre il livello di testosterone per un certo periodo di tempo per eliminare i "benefici fisici" legati appunto all'esposizione all'ormone maschile.

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Dan Mullan//Getty Images
Laurel Hubbard nel 2018

Eppure c'è chi non è d'accordo, perché ci sono altri studi che suggeriscono che, per ridurre i "vantaggi", non sarebbe sufficiente abbassare il livello di testosterone dopo che la persona ha attraversato una pubertà maschile. Hubbard ha iniziato la transizione a 35 anni e i suoi detrattori fanno notare che, quando gareggiava nelle competizioni maschili, non era mai riuscita ad arrivare ad alti livelli per poi invece trionfare una volta passata alla gare femminili. In realtà, prima della transizione, Hubbord ha praticato il sollevamento pesi per un breve periodo, e solo diversi anni dopo l'inizio della terapia ormonale sostitutiva ha iniziato a gareggiare seriamente e vinto l'argento ai Campionati del mondo 2017 dando inizio ai suoi successi. Nel 2018 è stata la prima atleta transgender a partecipare in Australia ai Giochi del Commonwealth a Gold Coast ma ha dovuto ritirarsi a causa di un grave infortunio al gomito che ha quasi compromesso alla sua carriera. Lei, però, non si è arresa, si è rimessa in forma ed è arrivata sesta ai mondiali nel 2019 vincendo poi la medaglia d'oro nella gara dei +87 kg femminili ai Mondiali di Roma nel 2020. Hubbard, insomma è una vera combattente e siamo certe non si farà intimidire nemmeno dall'odio di chi crede che non ci sia posto per lei nel mondo dello sport.