Basta avere una grande passione per diventare un’attivista green? «È senz’altro il miglior punto di partenza, ma per fare la differenza devi coltivare l’entusiasmo acquisendo competenze e lavorando sodo sul campo», risponde Mariasole Bianco, 34 anni, ambientalista, studiosa e subacquea provetta, esperta in ambienti marini e ospite fissa nella trasmissione tv Kilimangiaro. Quest’estate è uscito il suo primo libro: Pianeta oceano (Rizzoli), che ti fa subito innamorare del mondo sommerso e dei suoi abitanti. Parte dei ricavati andranno a Worldrise, la onlus ecologista che ha fondato a 20 anni per formare altri ragazzi come lei e che ha appena lanciato la campagna “30X30”, una call to action il cui obiettivo è proteggere il 30% dei mari Italiani entro il 2030. L’anno scorso Mariasole è stata invitata dall’Onu a moderare un convegno mondiale in onore delle donne che si sono distinte nella tutela dei mari, ed è perfino protagonista di un cartone animato educativo prodotto dalla Rai. Insomma, Mariasole è una che di ambiente se ne intende parecchio, anche perché ha saputo usare al meglio il suo entusiasmo. Se anche tu hai a cuore il benessere del pianeta e vorresti fare la tua parte, fatti ispirare dalla sua storia.

Segui le passioni di quando eri bambina

«È ciò che ho vissuto da piccola ad avermi fatto diventare la persona che sono oggi. Vale per tutti: se ti volti indietro troverai anche tu ispirazione. Trascorrevo ogni estate in Sardegna coi nonni. Lì mi trasformavo in Mowgli del Libro della giungla, sempre a piedi nudi tra gli scogli e in mare. Il contatto con la natura mi trasmetteva un incredibile senso di libertà. A 15 anni ho preso il primo brevetto subacqueo ed è nato l’amore per l’ambiente marino sommerso, un mondo ancora in parte inesplorato: ho subito provato il desiderio di raccontarne le fragilità e le bellezze. Finito il liceo linguistico mi sono iscritta a Scienze ambientali a Genova».

Vai lontano per imparare cose nuove

«Mentre studiavo mi ero appassionata alle aree marine protette, indispensabili per restituire equilibrio all’ambiente, così dopo la triennale ho deciso di iscrivermi a una laurea specialistica sulla loro gestione. In pratica, si trattava di approfondire l’aspetto manageriale per tutelare le biodiversità. L’università al top era in Australia, a Cairns nel Queensland dove c’è la barriera corallina. Sono partita nel 2010 ed è stato fantastico. Lì ho scoperto che a differenza della didattica italiana, quella anglosassone integra teoria ed esperienza: un valore di cui ho fatto tesoro. I miei mi hanno pagato la retta, per il resto mi sono mantenuta facendo la fotografa subacquea nei weekend. Per fortuna avevo un visto di studio che mi permetteva di lavorare 20 ore a settimana».

Cercati uno stage stimolante

«Quando finisci l’università è un momento critico, pure in Australia. Io ho avuto la fortuna di trovare uno stage in un’associazione di tutela ambientale che mi ha assunta. A meno di 30 anni mi sono ritrovata a gestire una campagna per coinvolgere la comunità nella creazione dell’area protetta più grande del mondo nella barriera corallina. Saper comunicare è cruciale: se ora fa parte del mio bagaglio lo devo a questa esperienza che mi ha permesso di entrare a contatto con istituzioni internazionali e di crearmi una rete di contatti. Tutto ciò mi ha aiutato a trovare lavoro quando a fine 2014 sono rientrata in Italia. Mentre ero in Australia ho anche fondato Worldrise con un capitale iniziale di circa € 4.000. Pareva un progetto impossibile e invece è cresciuto».

Proteggi ciò che ami e di cui sai

«Per cambiare le cose devi conoscerle. Prendi il riscaldamento globale: è importante saper spiegare il ruolo cruciale degli oceani, che regolano il clima, generano metà dell’ossigeno che respiriamo e assorbono la maggior parte dell’anidride carbonica da noi prodotta, oltre a dare nutrimento, energia e lavoro. E che nonostante ciò ogni anno finiscono in mare 8 milioni di tonnellate di plastica, come se ogni minuto un camion della spazzatura vi versasse il suo carico. Più ne sai, più risulti credibile. Conoscere la natura è poi fonte d’ispirazione. Il polpo, per esempio, è una creatura geniale! Ha tre cuori ed è intelligentissimo: pensa che due terzi dei suoi neuroni sono sparsi in tutto il corpo. Cambia colore e texture della pelle per mimetizzarsi ed è il re del multitasking grazie alle sue 8 braccia (da non confondere con i tentacoli) che possono fare più cose insieme».

Creati le occasioni per autofinanziarti

«Avere un lavoro che combini passione e autorevolezza è quasi un’alchimia. Bisogna sapersi creare le occasioni, come facciamo noi di Worldrise. Oltre a valorizzare e proteggere l’ambiente marino, offriamo a studenti e neolaureati esperienze sul campo con percorsi di un mese riconosciuti come tirocini dall’università che aiutano a trovare impiego nel settore. Inizi da volontaria e una volta che acquisisci abilità sei retribuita. Abbiamo diversi progetti. A Golfo Aranci, in Sardegna, stiamo realizzando una ricerca basata sulla fotoidentificazione dei delfini».

Fai rete con chi lotta come te

«Negli anni ho conosciuto tanti ambientalisti fantastici con cui sono in contatto. Anna Oposa che si batte per un santuario degli squali volpe nelle Filippine, Balaji Vedharajan e la fondazione Omcar in India, Bruno Monteferri che si batte per la tutela delle onde in Perù. E poi i ragazzi di Friday for future, che sono riusciti ad avere un’incredibile attenzione mediatica. Sono i compagni di strada che ti sostengono e motivano a non mollare».

Usa ogni mezzo per comunicare

«Parlare per me è lo strumento ideale per trasmettere non solo dati ma anche passione. Scrivere un libro è stata una sfida. Quanto ai social, tutto sta a postare i giusti messaggi. Gli esperti dicono di inserire elementi personali per coinvolgere, ma secondo me bisogna fare attenzione a non eccedere: ci vuole equilibrio. E mai far cadere le cose dall’alto: nessuno è perfetto, anche a me può capitare di scordare la borraccia ed essere costretta a comprare una bottiglia d’acqua».

Se sei giovane e donna devi lottare il doppio

«Trovare fondi, far partire progetti, cercare collaborazioni, denunciare situazioni a rischio: la vita di un ambientalista è piena di ostacoli da superare (anche per questo serve fare rete!). La delusione più grande, però, l’ho avuta quando sono stata giudicata non per la professionalità, ma in quanto donna giovane e carina. Ebbene sì, anche nel mondo green c’è un problema di gender e generation gap. È una barriera, come se la mia competenza venisse messa in secondo piano perché non ho il sesso giusto. In Italia la proattività femminile è ancora vista come minaccia. Per fortuna, ci sono anche le soddisfazioni. Come l’anno scorso, quando l’Onu mi ha invitata a New York al convegno Gender and the Ocean».

Ascolta il segnale d’allarme della pandemia

«Durante il lockdown, non poter uscire a fare anche solo due passi al parco ci è pesato moltissimo. È da questa consapevolezza che deve ripartire una nuova connessione con la natura. Tante crisi ambientali derivano proprio dall’assenza di questo rapporto: se ti allontani aumenti il rischio di metterla in pericolo. La pandemia di Covid-19 è stata provocata da un’alterazione dei suoi equilibri: è un segnale d’allarme che ti dice che l’uomo fa parte di un sistema complesso che va rispettato. Se non facciamo nulla, i cambiamenti climatici potranno avere conseguenze anche peggiori. Rivedere il sistema economico e sociale in chiave sostenibile richiederà un investimento iniziale, ma a lungo termine farà risparmiare anche economicamente. Ed è l’unica soluzione possibile. Uno sforzo che coinvolgerà governi ma parte da te, da ognuno di noi, in quanto consumatori responsabili e cittadini che votano. Puoi scegliere tu da che parte stare».