Basta ruoli da bravo ragazzo, è arrivata l’ora di cimentarsi con personaggi dark. Così la pensa Jude Law, arrivato alla soglia dei 41 anni, che porta sul grande schermo il protagonista controverso del film «Dom Hemingway» di Richard Shepard, presentato al Festival di Toronto e al festival noir di Courmayeur.

«Volevo interpretare un personaggio disgustoso, offensivo. Del resto anche nella realtà esistono simili individui e io credo abbiano persino un certo potere di seduzione, anche se i loro comportamenti sembrano davvero bestiali», dichiara nell’intervista pubblicata sul settimanale F.

La voglia di rivalsa di Law parte da lontano, ovvero quando appena sbarcato a Hollywood ha dovuto accettare ruoli in commedie dal sapore light.

«Sono maturato. Sia professionalmente, sia anagraficamente. Di certo non è nelle mie corde correre qua e la con un mantello e un paio di stivali a fare il supereroe. Per carità sono film anche quelli, mi diverto quando ci porto i miei figli, ma il cinema è altro. Insomma, non si possono definire roba serie».

«Non so come mi percepisce la gente. Di certo in questo mestiere se ti affibbiano un determinata ruolo, rischi di scomparire presto, ci rimani inchiodato se non ti svegli cercando di inventarti qualcos’altro».

Anche l’ex uomo più sexy del pianeta si è trovato intrappolato in alcuni cliché cinematografici che ha faticato a scollarsi dalle spalle.

«Quando avevo vent’anni è successo anche a me ed ero appena arrivato ad Hollywood, hanno cercato in ogni modo di imbrigliarmi in ruoli standard: il fidanzato bravo-e-bello, il ragazzo innamorato-e-romantico. Li ho fatti ma volevo qualcosa di più forte, di più dark».

«Non mi colpevolizzo, devo pensare anche ai soldi, no? Credo che nella carriera di un attore ci sia spazio sia per le produzioni commerciali, sia per quelle artistiche. Hollywood significa business. E poi che male c’è? Guarda la giovanissima Miley Cyrus: sta facendo scandalo, ma anche montagne di soldi».

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