Marion Cotillard ricorda con un pizzico di malinconia la sua adolescenza, vissuta in una famiglia di artisti.

L'attrice francese sarà presto sul grande schermo con il film «C’era una volta a New York» di James Gray, dove interpreta un’emigrante polacca che finisce per prostituirsi.

«(Da ragazzina, ndr) Non ero molto sociale. C'è voluto tempo perché capissi, imparassi a gestire un rapporto normale con gli altri. Avevo troppe domande in testa, troppo presto, del genere "perché siamo qui?", e "da dove veniamo?". Mettevo tutto in discussione, mi mancava l'innocenza della mia età. Mi sentivo io stessa un grande punto interrogativo», commenta l’attrice in un’intervista riportata sul sito di Repubblica dove spiega il rapporto avuto con i genitori.

«(Il rapporto era, ndr) Buono. Ma erano entrambi attori. Noi non siamo gente normale, soprattutto non siamo considerati tali. Può essere difficile, per una bambina: volevo che mia madre somigliasse a quelle dei miei compagni, cosa che decisamente non era. Ho due fratelli gemelli legati da una relazione esclusiva, solo a vent'anni siamo riusciti ad avere un rapporto, prima li consideravo animali con cui mi capitava di condividere la famiglia».

Nonostante l’indole riservata, la Cotillard si è cimentata presto nella recitazione anche grazie alle insolite amicizie dei genitori.

«Da ragazzina ero affascinata dalle vite dei miei genitori, dalle persone intorno a loro; ogni giorno non era mai uguale all'altro. Ho iniziato a recitare presto. Sentivo che ero fatta per questo anche se non credevo di essere legittimata ad esprimerlo, mi sembrava presuntuoso. Volevo essere sicura delle mie capacità e ci sono voluti tempo e lavoro per arrivare qui».

Ora tuttavia, la star francese sembra aver ritrovato la serenità.

«È un buon periodo. Ho imparato a controllare le paure, le emozioni. Non è divertente essere sempre l'outsider. Odiavo sentirmi così. Ma resterà sempre una parte di me che sarà altrove».

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