L'altro giorno stavo camminando per strada con una grande borsa di plastica (ero appena uscita da un negozio). Ho incontrato un conoscente, che mi ha chiesto: «Che borsa gigante, che cosa c'è dentro?». Ho risposto dicendo la verità: «Uno sgabello». E subito dopo ho pensato: poi non stupiamoci di essere single, ragazze.

Il mood da zitella ottantenne scoppiata (ad appena 27 anni, wow) è proseguito anche in ufficio, quando all'ora della merenda ho offerto del Toblerone alle colleghe. Mi stavo per preoccupare molto, ma poi mi son detta che se ha trovato marito Tori Spelling ce la possiamo di sicuro fare tutte.

Per la gente della mia generazione, quella cioè che è stata piccola alla metà degli anni Novanta e ragazzina all'inizio del nuovo millennio, Tori Spelling è una cosa sola: Donna Martin di Beverly Hills. La più brutta di tutte e di tutti. Quella che recitava nella serie solo perché suo padre Aaron era il produttore di tutta la baracca, nonché uno dei produttori più potenti di Hollywood in generale. Ma anche quella che ci ha fatto aspettare con il fiato sospeso la puntata in cui l'avrebbe finalmente data al fidanzato storico David Silver, con cui stava da anni senza che lui l'avesse mai vista nemmeno in mutande (si erano anche lasciati per dei periodi, però).

E se Brian Austin Green, il David di Beverly Hills, nella vita è ormai il marito felice e contento di Megan Fox, con cui sta per avere un altro bebè (terzo per lui, secondo per la coppia), Donna, cioè Tori, dopo un brevissimo matrimonio con l'attore Charlie Shanian (durato poco più di un anno), ha sposato in seconde nozze Dean McDermott, attore e conduttore, e ci ha fatto quattro bambini.

Certo, è sempre bello vedere che due persone si amano e fanno molti figli; sembra però che Tori e Dean, in questo momento, abbiano qualche problema di soldi. «Problemi di soldi? Come può la figlia di Aaron Spelling avere problemi di soldi?», si chiede sotto choc la smalltown girl pragmatica che mi abita dentro.

Ebbene, qualche giorno fa è uscita la notizia secondo cui non avrebbero nemmeno il denaro necessario per permettere a Dean di sottoporsi a una vasectomia. In parole povere: ci amiamo, e vogliamo continuare a fare molto all'amore, ma quattro figli son troppi, grazie. Il che non è in effetti sbagliato: mica tutti devono mettere in cantiere la famiglia di Settimo Cielo. Ad ogni modo, i soldi non ce li hanno, quindi per ora non se ne parla.

La cosa però, non si sa se per la vergogna di doverlo ammettere oppure perché è davvero così, è stata smentita pochi giorni dopo da Dean McDermott in persona, che ha dichiarato: «Certo che possiamo permetterci una vasectomia, non scherziamo». Sembra insomma che la povera Tori volesse solo dire che, visto che in questo momento nessuno dei due sta lavorando a un qualche programma tv, devono fare un po' di attenzione al denaro, come qualsiasi famiglia normale.

Suona in effetti piuttosto strano, detto da una che è cresciuta in una casa di oltre cento stanze (tra cui: una camera adibita all'impacchettamento dei regali, un museo delle bambole, un stanza per il bowling) e i cui costumi di Halloween erano cuciti non dalla mamma, non dalla tata, ma dalla costumista di Dallas (che era prodotto da papà Aaron). Pare però che sia proprio questo il suo problema principale, quello che l'ha spinta a vivere al di sopra delle sue possibilità attuali: la ricchezza estrema in cui è nata e cresciuta.

Tori non è abituata a fare economia. Non sa che cosa significhi aspettare i saldi per poter comprare quel bel cappottino che tu, comune mortale, occhieggi da settimane o mesi. Non sa nemmeno che cosa voglia dire dover aspettare lo stipendio per andarsi a comprare il paio di scarpe a cui tu, povera scema, fai la posta da un secolo, per poi scoprire che hanno già venduto tutti i numeri 41 (l'altro giorno una commessa mi ha detto: «Cara, il 41 non ce l'ho, il 42 che volevi provare in alternativa nemmeno. Il numero più grande che ho è il 39. Vuoi provare quello?» Certo. Voglio anche tagliarmi i talloni per poter entrare in un paio di scarpe come fecero le sorellastre di Cenerentola, che per inciso hanno tutta la mia solidarietà).

O, se non altro, non lo sapeva da ragazza, ma ora lo sa. E lo racconta nella sua autobiografia Spelling It Like It Is (il titolo è geniale, lasciatemelo dire), uscita la settimana scorsa per Gallery Books, casa editrice che appartiene a Simon & Schuster, uno dei marchi editoriali più potenti d'America: «Il motivo per cui ho problemi di soldi non è un mistero. Sono cresciuta immersa in una ricchezza che va al di là dei sogni di chiunque. È l'unica vita che conosco. Anche quando provo ad abbracciare uno stile di vita più semplice, non riesco a sbarazzarmi delle mie abitudini costose. E poi c'è il problema dello shopping compulsivo. Ho comprato quantità spropositate di roba per i miei bambini: vestiti, giocattoli, eccetera».

Che cos'è peggio? Aver sempre vissuto una vita normale senza sprazzi di ricchezza sfacciata, senza sapere mai che cosa si provi a potersi comprare una borsa da duemila dollari come se fosse la cosa più ovvia del mondo, o dovercisi abituare, a una vita nella media, dopo essere stati ricchi oltre ogni immaginazione? Non ho una risposta. Se ne hai una tu, per piacere citofonami e fammi sapere. È vero che anche i ricchi piangono, certo, ed è vero pure che forse è meglio piangere in una limousine piuttosto che su una Fiat Tipo dell'81, però Tori ha qualcosa che, senza dubbio, vale molto più di qualsiasi milione: una famiglia con la persona che ama. È tanto. E non è scontato, non lo è per niente.

Nel frattempo, cara Tori, mi preme farti sapere che per quel tuo problema delle borse (nessuno può capirne la tragedia meglio di me, che vivrei comprando borse ogni dì) ho una soluzione: dietro al mio ufficio c'è un negozio che vende borse e borsette a venti euro. E di ottima qualità. Il segreto è che sono tutti pezzi di campionario, cioè (immagino) quei pezzi che i fornitori portano ai negozianti perché scelgano quali prendere e che poi, come gli abiti che sono stati utilizzati in sfilata, non possono essere venduti nei circuiti normali, perché in qualche modo già "usati" (anche se in realtà son perfetti). Ci ho portato molte amiche e ne sono rimaste tutte pazzamente entusiaste: vogliamo andarci a fare un giro insieme?