Ok, è finita. Io, che non sopporto la gente con gli occhi vicini, sto iniziando a trovare bello (oltreché bravo a recitare) Chris Hemsworth. Non so se hai già avuto occasione di vederlo nel suo ultimo film (Rush di Ron Howard, in cui interpreta il pilota di Formula1 James Hunt), ma credimi: è il caso che tu vada subito al cinema.

Hemsworth, oltre a non essere il mio tipo, mi ha sempre dato l'idea di non essere un buon attore. Chissà poi perché, poveretto: non avevo mai visto un suo un film, prima di Rush, quindi il mio era solo un pregiudizio, il dare per scontato che un australianone alto e grosso come una palma, con gli occhi vicini e l'aria vacua, fosse più adatto a fare il surfista, o a segare tronchi, o ad andare in jeep nell'Outback terrorizzando aborigeni. E invece è bravo. Prima sorpresa. Ed è pure bello. Seconda sorpresa.

È bravo per certi guizzi dello sguardo, per certi sorrisi che dicono tutto, per un certo qualcosa che non so definire. È bravo, punto. Ha un'espressività che non gli avrei mai indovinato, e su cui, anzi, avrei scommesso contro. La sua faccia parla. Parla tanto quanto quella di Brühl (che pure amo molto, sin dai tempi di Good Bye, Lenin!) sta zitta, o almeno più zitta di quanto ricordassi. Ed è bello per gli stessi motivi: certi guizzi dello sguardo, certi sorrisi che dicono tutto, e un certo qualcosa che non so definire. Forse perché dà l'idea di sapere come muoversi, pur essendo alto e grosso come una palma.

Ti fa anzi venire voglia di metterti ad abbracciare tutte le palme del litorale ligure (anche un po' perché sul litorale ligure ci sono state importate, e quello non è il loro habitat naturale, quindi han più bisogno di tenerezza delle palme normali). Ti fa venire voglia di salire su una macchina da Formula1 e andare a scorrazzare sulla litoranea Melbourne-Sidney. Ti fa venire voglia di convertirti al paganesimo norreno per poter adorare Thor, dio del tuono, che ha interpretato nel film della Marvel del 2011 (e di cui il 20 novembre uscirà il sequel).

Bisogna però specificare subito che non si può andare ad abbracciare un bel niente, perché Chris Hemsworth rientra nella categoria degli uomini non abbracciabili né nella realtà, né col pensiero: la categoria sacra dei papà non single. Dovremo pertanto accontentarci di ammirare il suo sguardo che guizza e la sua faccia che parla (e volendo anche il suo fondoschiena da campionato mondiale) in Rush, visto che lui è papà di una bella bimba che si chiama India ed è felicemente sposato con la sua mamma, Elsa Pataky.

Lei, attrice spagnola (nonché ex fidanzata di Adrien Brody), è diventata famosa da noi per aver recitato in Manuale d'amore 2, in cui interpretava Cecilia, la ragazza che viene a Roma dalla Spagna per cercare il padre che l'ha lasciata da piccola e nel frattempo fa riscoprire vita e amore al suo vicino di casa, Carlo Verdone. In quel film Elsa-Cecilia diceva una frase bellissima e citatissima da tutte le ragazzine sulle Smemorande del 2007 (e forse non solo), ovvero: «C’è la neve nei miei ricordi, c’è sempre la neve, e mi diventa bianco il cervello se non la smetto di ricordare» (la neve perché, nell'unico giorno in cui si fossero mai visti, suo papà l'aveva portata appunto a fare un pupazzo di neve).

Elsa Pataky (cognome completo: Lafuente-Pataky) e Chris Hemsworth sono sposati dal 2010. E si sono conosciuti grazie ai rispettivi agenti. Detta così non sembra essere la maniera d'incontrarsi più romantica del mondo, ma negli anni ho imparato che tutte le storie in cui la gente s'innamora, tutte (anche quelle più normali o in apparenza banali), nascondono almeno un istante magico.

Sugli inspiegabili motivi che spingono un australiano e una spagnola di Madrid a chiamare la figlia India ci interrogheremo magari un'altra volta: per ora, accontentiamoci di sapere che insieme sono non solo belli, ma anche felici e contenti. E che quindi, malgrado il conoscersi tramite i propri agenti non sia, come dicevamo, particolarmente bello, o auspicabile, o romantico, l'istante magico dev'esserci stato, e che più di un tuono e più di un fulmine, dal martello con cui lassù in cielo il dio Thor manda appunto nel mondo i tuoni e i fulmini, dev'essere di certo scoccato.