Sono cresciuta in una famiglia fantastica, aperta e piena di amore nella quale si parlava di tutto... tranne che di sesso. Quando ero ragazzina ricordo che pensavo: «Io vorrei parlare di sesso: ma di che si tratta esattamente?». Dato che i miei genitori non ne accennavano mai, mi rendevo conto che non era il caso di fare domande. Quando io e mia madre abbiamo avuto "la conversazione" (avevo 11 o 12 anni), lei mi disse che, se avessi avuto delle domande, avrei potuto fargliele: ma il messaggio sottinteso era: «Ti sto chiedendo se hai domande, ma in realtà preferirei di gran lunga non affrontare l'argomento».

Ogni mia informazione sul sesso, da ragazzina, è arrivata attraverso voci di corridoio e le fonti più disparate. C'è stato un momento esilarante, in quinta elementare, in cui ognuno in classe si è messo a scommettere su quanti buchi avesse una donna. Io ho scommesso sul due: ero davvero convinta che ci fossero solo due buchi.

L'educazione sessuale a scuola includeva lezioni sulla gravidanza e sull'importanza di usare il deodorante, non sulla complessità del sesso. Però vicino casa nostra abitavano delle ragazze del liceo, così un giorno una di loro ha portato un'intera collezione di Cosmopolitan ai cassonetti della spazzatura: io l'ho vista, l'ho seguita, ne ho afferrati un po' e me li sono portati di nascosto in camera. Ogni volta che avevo la possibilità di restare da sola, li sfogliavo e leggevo tutti gli articoli di sesso.

Mi sono sempre domandata: «Perché il sesso è così imbarazzante? Che cos'ha di sbagliato? Dev'essere per forza così?». Queste sono le domande che mi facevo prima di sapere cosa fosse la terapia e che potesse essere un lavoro. Mentre stavo pensando al mio futuro, oscillavo tra l'approccio medico e quello psicologico al sesso. Negli Usa le regole che disciplinano il mestiere di sessuologo non sono chiare e ho fatto davvero fatica a capire quale tipo di istruzione mi servisse per andare in quella direzione.

Ho deciso che avevo bisogno di fondamenti di terapia e la Brown University era una delle quattro scuole nel Paese che aveva un corso di studi in sessuologia. Sono stata l'unica studentessa del mio anno a prendere un diploma in quella materia, che includeva una formazione interdisciplinare in storia della terapia sessuale, ricerca, lingua inglese, psicologia e sociologia. Dopo ho frequentato un corso di specializzazione al California Institute of Integral Studies, dove mi sono concentrata sul counseling. Ho iniziato ad avere dei clienti a San Francisco, ma ora divido il mio tempo tra la California e la Germania.

Quando la mia famiglia ha scoperto che sarei diventata una sessuologa, ha accettato con entusiasmo la cosa, tanto che abbiamo iniziato ad avere lunghe conversazioni sull'argomento. Tenevo una rubrica di sesso sul giornale dell'università e mia mamma si procurava tutte le copie e poi ne parlavamo: a volte affrontavamo anche argomenti che mi sarei volentieri risparmiata! Tutto questo mi ha portato ad avere conversazioni più aperte con la mia famiglia in senso allargato, inclusa la nonna molto cattolica e conservatrice.

Faccio sessioni terapeutiche individuali e qualche anno fa ho iniziato a fare anche consulenza virtuale, perché è più comodo e mi permette di lavorare anche con persone che vivono lontano. Oltre al counseling sessuale, offro 5 programmi video.

Il mio Finishing School Orgasm Program è per donne non hanno mai avuto un orgasmo. Le porto a sperimentare il loro primo orgasmo da sole. Ho una seconda versione di questo programma, dedicato a donne che raggiungono l'orgasmo da sole ma non riesco ad averlo con il partner: le clienti seguono il video con i loro tempi. Di solito sono programmi per donne, ma il loro partner può perdervi parte.

Il mio terzo programma video è per uomini e tratta l'ansia da prestazione, l'eiaculazione precoce, l'eiaculazione ritardata e l'aumento della sicurezza sessuale. Il quarto video è un programma pensato per donne che hanno subito abusi sessuali: insegna loro come riparare la loro vita sessuale in modo che possano sentirsi sicure e sperimentare il piacere. E il quinto si chiama Pleasure Principles: non è specificamente focalizzato sul sesso, ma aiuta chiunque abbia difficoltà emotive ad accettare il piacere.

Ci sono ancora molte idee sbagliate sul mio lavoro e sulla sessuologia. Le persone danno per scontato che, essendo una terapeuta, io abbia capito tutto e abbia una vita erotica fantastica e divertente con il mio partner. Il che è vero, ma non sono una "Regina del sesso". Si può sempre imparare e migliorare.

Un'altra idea sbagliata che alcuni hanno, riguarda il fatto che tra il terapeuta e il cliente ci possa essere contatto fisico. Ovviamente non c'è: ci sono solo dialogo e terapia. Le persone tendono a sensazionalizzare un po' questo lavoro. Pensano che la terapia riguardi persone con feticismi strani (non che ci sia niente di male nei feticismi), quando in realtà si tratta di persone comuni con problemi ordinari: per esempio molti, sia uomini che donne, sono convinti che dovrebbero provare desiderio sessuale spontaneamente. Questo può essere vero nella fase "luna di miele" di una relazione o durante l'adolescenza. Ma la maggior parte di noi deve fare uno sforzo attivo per coltivare il desiderio. Tenere alta la libido implica un certo impegno!

Quando lavoro con un cliente inizio proprio con questo tipo di nozioni, così capisce che cosa gli sarà richiesto. Poi iniziamo a lavorare per individuare in che modo, concretamente, lui possa portare avanti l'impegno. Ci tengo molto a dare ai miei clienti suggerimenti concreti e realistici, così gli assegno esercizi concreti da provare. Man mano che il lavoro avanza, ci rendiamo conto di ciò che funziona e non funziona e definiamo ancora meglio gli esercizi. Questo porta ad affrontare un altro problema diffuso: le libido male assortite. In ogni relazione c'è sempre un partner che ha un desiderio maggiore dell'altro.

Ma le sfide che incontro maggiormente come sessuologa riguardano donne che cercano di imparare ad avere un orgasmo, oppure donne e uomini che non sono più in contatto con la propria libido, né con il partner.

Sono sposata con mio marito da 5 anni e stiamo insieme da 10, quindi alcuni di questi problemi li conosco. Penso che sia molto importante continuare a parlare di sesso, anche se le cose in quell'ambito non vanno bene. Le relazioni attraversano momenti di alta e bassa marea ed è vitale prendere atto di cosa sta succedendo, parlarne con il partner, pensare a cosa si può fare per tornare a essere in contatto e fare uno sforzo per provarci. Creo che uno dei miti maggiori sia che il buon sesso semplicemente "accada". Si pensa che se il sesso non va tanto bene, ci sia qualcosa che non funziona nella relazione. Ma ci vuole un impegno attivo e costante perché il sesso avvenga e questo può implicare fare dei passi per sentirsi sexy e fare in modo di avere serate dedicate alla coppia.

Dato che vivo in Germania per una parte dell'anno, ho scoperto che i tedeschi sono più aperti e diretti riguardo al sesso. C'è un giornale, qui, che è l'equivalente di Teen Vogue e ha una sezione di sesso che contiene alcune tra le domande di sesso migliori, più dirette e intelligenti che io abbia mai letto. In ogni numero c'è la foto di un uomo e una donna nudi, dove le parti del corpo sono illustrate in maniera precisa.

I tedeschi non si vergognano dei loro corpi come fanno alcuni statunitensi: negli Usa il sesso ce l'abbiamo sotto gli occhi tutto il tempo, ma l'argomento non si affronta mai in maniera aperta, onesta e consapevole. Quasi tutti i miei clienti attraversano una fase in cui mi dicono: «Oh cavolo: allora questo è normale? Non ne avevo la più pallida idea!». Poi, di solito, piangono. Abbiamo la tendenza a sentirci anormali, sbagliati, come se ci fosse qualcosa di noi da mettere a posto. Per questo penso che sia importante offrire educazione sessuale nelle scuole e a tutte le età, mostrare sui media una vasta gamma di corpi e, cosa più importante, non smettere di parlare di sesso.

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