Inizia così, oggi, la rubrica "Orgasmo e pregiudizio". Ogni settimana (più o meno) parlerò di questioni legate al sesso: magari sarà un libro, una ricerca scientifica, una pratica sessuale, una lettera. Magari saranno riflessioni mie e di qualche esperto su temi che con il sesso, a prima vista non c'entrano niente. Ma come ho imparato scrivendone per circa 20 anni, il sesso c'entra quasi sempre. A volte sarà una roba lunga, a volte scriverò poco, dipenderà anche dal tempo che ho. Se avete idee, notizie, o lettere, potete scrivermi a mebarnabi@hearst.it. Buona lettura.

Il sesso diffuso, ovvero del perché 1993 (e 1992) è una grande serie

È iniziata da qualche settimana su Sky Atlantic la serie 1993, che di 1992 è il sequel, come si può facilmente arguire dalla sequenzialità dei numeri che ne formano il titolo. È una serie fighissima, così come fighissima era 1992: le vicende sono pazzesche (e poi sono tutte vere, ma vere davvero, dal cappio sventolato in parlamento, ai cigni neri nella villa di Berlusconi, li abbiamo avuti anche in Mondadori a Segrate per tanti anni, poi sono morti o volati via, chissà), dicevo le vicende sono pazzesche e vere, gli attori sono bravi, i dialoghi sono belli.

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Stefano Accorsi in 1993

Ma io penso che 1993 sia una serie bella e avvincente perché è piena di sesso. Esattamente come nella vita vera, i personaggi pensano sempre a quella roba lì: il leghista Borto che diventa un uomo perduto per via del sesso con un transessuale a Roma Ladrona, la giornalista del Corriere che masturba uno dei collaboratori di Di Pietro in cambio di informazioni, Eva la sieropositiva che frequenta i gruppi di auto aiuto per malati di hiv per poter scopare senza freni, la soubrette di Miriam Leone che elargisce favori sessuali in cambio di parti televisive.

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Antonello&Montesi
Miriam Leone in 1993

Per far capire a chi guarda che 1993 è una serie che non si vergogna di mostrare il sesso, la prima puntata della serie inizia esattamente come era iniziato 1992: con una copula sfrenata e senza pudore fatta da dietro, doggie style, il ciac-ciac dei fianchi di lui contro le natiche di lei ben in evidenza. In 1992 erano Stefano Accorsi e Miriam Leone a interpretarla, in 1993 sono il leghista di Guido Caprino e la giornalista a farla (una categoria, quella delle giornaliste, che a quanto pare fa molto sesso). È una specie di imprinting cui viene sottoposto lo spettatore: noi di 1993 siamo questa cosa qua, e non ci vergogniamo.

Ma in 1993 non c'è solo il sesso raffigurato. C'è anche, e soprattutto, quello sottinteso, diffuso, quello che aleggia nell'aria. I protagonisti, seppure diversi tra di loro, hanno un tratto in comune: sono sensuali, e hanno lo scopo di sedurre chi guarda. Miriam Leone, con i suoi occhi liquidi, i capelli rossi, la pelle bianca e la scollatura, Stefano Accorsi, bellissimo e palestrato e lascivo, Guido Caprino una montagna di muscoli e tatuaggi, Domenico Diele, che fa sempre un gran sfoggio delle sue natiche, anche l'attore che interpreta Di Pietro nella sua ruvidezza è sexy. Tutto parla di sesso: i continui riferimenti alle lolite di Non è la Rai, le battute di Berlusconi ("Mi stai addosso come se avessi la figa"), i capelli di Tea Falco stretti in una coda, dentro un lungo gancio di metallo, che sono chiaramente i capelli di una slave (lei che è schiava della famiglia, dei soldi, della mafia), pronti per essere afferrati durante una pratica di bdsm.

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Tea Falco in 1993.

Finalmente, dico io. Finalmente anche noi italiani abbiamo capito che per fare serie tv che spaccano, dobbiamo fare come fanno gli americani. Come fecero, per primi, quelli che inventarono la serie che ha cambiato il mondo, ovvero I Soprano: il sesso è onnipresente nella nostra vita, tiranneggia le persone e le vicende umane. È rumoroso, sporco, brutto e cattivo. A volte è anche celestiale. In ogni caso: va raccontato. Come qui.

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