Quando ti sei messa con un uomo che non seguiva il calcio credevi di aver fatto un affarone. Tre anni più tardi la vostra casa è invasa da idioti bercianti. Sono il tuo ragazzo e i suoi amici che, seduti davanti al televisore, alternano momenti di silenzio a esplosioni di muggiti che ricordano i bonobo in calore. Sulo schermo uno zombie sta per essere giustiziato a fucilate dal tuo lui che, controller alla mano, sbraita turpiloqui mai uditi prima. Mentre ossevi quel branco di scalmanati sparare a mostri e alieni immaginari ti senti Piero Angela nella giungla. La prima volta ci metti una pietra sopra, la seconda pure, alla terza lo prendi in disparte e gli chiedi perché. Lui fa spallucce: non puoi capire. Vuoi sapere davvero che cosa sta succedendo? Te lo spiego io. Tranquilla, non è poi così grave.

È una questione di biologia.

Secondo Allan Reiss, ricercatore della Stanford University, di fronte ai videogiochi i maschi hanno una maggiore attivazione dell'area cerebrale legata alla ricompensa e all'assuefazione. Voi donne capite il meccanismo, ma lo reputate una vaccata senza importanza e preferite comprare scarpe costose che poi non indosserete mai. Il motivo di questa nostra deformazione parte tanti anni fa, quando gli uomini ti conquistavano rompendo la testa a tutti gli altri pretendenti. Allora i maschi andavano a fare la spesa con un bastone dalla punta aguzza, tornavano ricoperti di sangue agitando brandelli di animali uccisi, e si aspettavano da te un'ammirazione pressoché incondizionata.

Adesso le cose per noi sono cambiate.

Trascorriamo ore intrappolati nel traffico, magari a causa di un'utilitaria guidata da un nonno che procede ad andatura turistica. In ufficio un collega fa la spia. Per strada uno ci insegue pretendendo soldi. Ci distraiamo un attimo, e un altro ci prova con te. Oppure un vigile ci fa la multa. E tu ci chiedi se domenica possiamo andare a pranzo da tua madre.

È normale provare un senso di vuoto (c'è chi lo chiama frustrazione).

Un vuoto che solo la clava può colmare. Non mi fraintendere: siamo felici della parità dei sessi, dell'aumento delle aspettative di vita, delle bistecche di soia, delle gallette di riso, dei rasoi di plastica, i coltelli in ceramica, della birra analcolica e del pane senza glutine. Sul serio. Giuro. È che la natura ci ha programmati in modo diverso. Quando andiamo in vacanza in Kenya e i Masai raccontano di leoni trucidati a colpi di lancia voi inorridite, noi proviamo un po' di nostalgia. Ci serviva qualcosa che ci rimettesse in pace con il nostro vecchio mondo. Sostituire il clacson con un lanciagranate è impraticabile, dunque abbiamo creato i videogiochi.

Un universo parallelo, al 100% macho.

Con la serie GTA puoi fermare un'auto, stordire il conducente a cazzotti, impossessarti del suo mezzo, usarlo per forzare i posti di blocco di un aeroporto militare e rubare un caccia con cui bombardare il concerto del divo pop per cui vai in estasi. Su Skyrim ci sono foreste, fiumi, natura incontaminata e draghi da infilzare a spadate. Ma soprattutto, nei videogiochi non c'è tua madre.

E tu sei la ricompensa!

Ricreare un mondo dove fare tutto ciò che nella vita reale sappiamo essere sbagliato ti potrà sembrare stupido, ma l'istinto non è facile da sopprimere, quindi tanto vale addomesticarlo. I videogiochi ci aiutano a sentirci bene con noi stessi, con i nostri amici, persino con gli sconosciuti. Metti un indiano di quarant'anni e un esquimese di 16 davanti a un videogame e si metteranno a socializzare come se si capissero e conoscessero da sempre. Arriveranno a parlare a gesti, pur di farsi capire e trovare un modo per uccidere il mostro. Insomma, per un uomo tornare ogni tanto all'obiettivo minimal "uccidere bestia, salvare femmina" è dannatamente importante. E poi, vuoi mettere l'entusiasmo con cui ci infiliamo a letto, dopo una serata di trionfi contro i mostri? Non è un caso. La verità è che siamo convinti di meritare una ricompensa.