Amore a prima vista? Non ci ho mai creduto... Secondo me l'amore è fatto di tanti piccoli pezzi, tanti mattoncini. Ma potrei sbagliarmi. Certo l'alchimia, la chimica, l'intesa spontanea ci devono essere, subito. Alla soglia dei 30 anni (28 appena compiuti, per la verità) mi trovavo tra gli amori incompiuti, circondata da castelli in aria (le storie d'amore senza fondamenta, senza futuro) e da solide basi gettate alle ortiche. In poche parole, single.

All'epoca, parliamo di 4 anni fa, osservavo le macerie delle mie storie passate con un sorriso beffardo, dall'alto del mio status: arrampicata lassù mi sentivo forte, irraggiungibile dall'amore e dall'inevitabile fardello di gioie e dolori che si porta dietro. Mi sentivo sola? Sì. Ma non mi dispiaceva. Avevo le mie cose, la mia casa in affitto, il mio lavoro, i miei amici. Molti dei quali trovati in rete.

Era l'epoca dei blog come oggi non li conosciamo più: su quei primissimi blog ognuno scriveva i suoi pensieri, la sua vita, quello che gli passava per la testa. C'erano i nickname: le vere identità anagrafiche venivano accuratamente tenute nascoste. I social network non erano ancora stati inventati: sembra passato un milione di anni, eppure nel 2005, quando ho incontrato Enrico, Facebook e Twitter non c'erano. Seguire un blog significava andare a leggere qualcuno senza sapere davvero chi fosse, che faccia avesse. Per dare un volto a un nickname ci si metteva d'accordo, genere appuntamento al buio. O si facevano degli appositi blograduni: il Blogrodeo e le BlogNight, eventi mitici di cui si sono perse le tracce in rete, precursori della moderna Blogfest. Oppure ci si trovava ogni tanto in un bar come dei massoni, con la scusa di festeggiare il compleanno di Tizio o di Caio.

A uno di questi compleanni, 8 anni fa, ho incontrato Enrico. Avevo letto un paio di volte il suo blog e lui il mio. Ci siamo scambiati due parole di numero: «Ehi tu hai quel blog» «Sì, e tu quell'altro» «Esatto» «Beh allora ciao», ed è finita lì. Tre anni dopo l'ho incontrato alla Blogfest, era con sua moglie: nel frattempo si era sposato. Un anno dopo, all'ennesimo party pieno di blogger, sento esclamare a gran voce il mio nome e cognome. Mi giro: è di nuovo lui. È da solo. «I migliori sono già tutti presi...» ho abbozzato, riferendomi al fatto che fosse già impegnato, mentre cercavo di ricordarmi come si chiamasse. Federico? Emilio? Il vuoto.

Salta fuori che si è separato. Vive a Torino ma viene spesso a Milano per lavoro, magari qualche volta passerà a trovarmi, se mi fa piacere. Tre giorni dopo è venuto a vivere da me e il resto è storia. La nostra storia. Dopo quasi 4 anni insieme mi chiedo ancora perché le prime due volte non è successo niente? Non era il momento, su questo siamo entrambi d'accordo.

Mentre chiacchieravamo al bar, la terza volta che ci siamo incontrati (la volta buona!) un amico ci ha scattato questa foto. La riguardo e mi chiedo se già lì ci amavamo. Secondo me no: l'amore è venuto dopo, l'abbiamo costruito giorno per giorno. O forse sì.