Anche tu (come la maggior parte delle donne) pensi all'addio al celibato e temi subito orge e tradimenti? Non sai come ti sbagli. Ufficialmente dovrebbe regalare un'ultima notte di libertà prima delle nozze. In realtà, è un rito a esclusivo vantaggio di gestori di locali, avvocati e medici (se è stato un successo). Consiste nell'usare il futuro sposo come pretesto per umiliarsi e rendersi patetici, scavando il fondo del barile in cerca degli ultimi brandelli di dignità maschile, da ardere al fuoco del degenero. 

Proprio così: poche cose grondano sfiga come un addio al celibato. Non ci credi? Ecco la cronaca dell'ultimo cui sono stato.

ORE 19.00 Ci si ritrova tutti sotto casa di Marco, lo sposo. Gli invitati sono stati convocati in base a tolleranza all'alcol, bassa moralità, instabilità emotiva, aggressività repressa e sadismo. In questo caso, i centravanti sono Andrea, 35 anni, assicuratore, e Luca, 32, agente immobiliare, che nell'attesa che il futuro marito scenda si picchiano tra loro in un angolo. Assistono due ex commilitoni, tre amici d'infanzia dall'aspetto raccapricciante, due colleghi e il fratello della sposa che sta in disparte e sorride, non si sa se per imbarazzo o terrore. Andrea suona il campanello: «Ehi, scendi, è l'ora del clistere!». Marco fa la sua apparizione tra cori da stadio e insulti sessisti. Sono documentati tre coppini, un cazzotto e sei calci nel sedere.

ORE 19.11 Marco viene fatto spogliare in strada e rivestito di capi recuperati ad hoc. Calze autoreggenti, abito prendisole, cappello di paglia sottratto alla nonna, scarpe con tacco 16 e rossetto stile Joker. «Ragazzi, però così muoio di freddo», obietta lo sposo. «Tanto muori comunque», gli si risponde in coro. Abbigliato come una prostituta daltonica lo accompagniamo fino al primo bar. Nel tragitto, Andrea e Luca intravedono due ragazze. Subito le bloccano contrattando baci e carezze intime per lo sposo. A quanto pare, un uomo vestito da donna non suscita grandi desideri nel genere femminile. Ricevuti i canonici due di picche, si può iniziare a bere.

ORE 19.30 Incoraggiato dagli amici, Marco è costretto a ingurgitare tre spritz e due negroni. «Ragazzi, però così mi ubriaco subito e non mi diverto». «Chi l'ha detto che devi divertirti?». Quindi, viene obbligato a fare venti flessioni sul pavimento del bar. Si rialza barcollante e atterra su un tavolino. Il gestore ci caccia. È ora di andare al ristorante.

ORE 20.40 Il popolo dell'addio al celibato è come un branco di scimmie fuggite dai laboratori dove testavano droghe psichedeliche; moleste e chiassose, danneggiano tutto ciò che incontrano, comprese se stesse. I gestori dei posti alla moda lo sanno che accogliere quindici uomini ubriachi ed eccitati scatena la fuga immediata di tutte le donne presenti e così ti rimbalzano. Servono, quindi, locali creati apposta per questa compagine di beoti. Si tratta di capannoni ignobili con grandi tavolate, piatti di plastica e personale strettamente maschile. Ed è in un posto come questo che ci ritroviamo. Marco è a capotavola. Subito gli amici fracassano le p***e ai tavoli vicini urlando: «Oh, sapete che Marco si sposa?». All'istante, tutt'intorno si alzano vari altri cori che replicano: «Pure Nicola, Antonio, Claudio, Giovanni... si sposa!». A questo punto, tutti realizziamo che le sole cose femminili presenti sono le forchette. La cena prevede un'intera macelleria data alle fiamme e dosi elefantiache di "vino della casa", un'immonda bevanda cara come un Franciacorta Doc.

ORE 22.00 La tavolata si divide in gruppi. Alcuni parlano di lavoro, altri di sport, pochi di politica. Marco ha un'espressione di ebete spensieratezza, è sbronzo marcio e tenta di inserirsi nelle conversazioni senza successo.

«Se vogliamo sperare di tornare in A quest'anno bisogna rivedere tutta la squadra, perché...». 

«SHECHONDO ME SHTATE DISCHENDO UN SHACCO DI CAHSSATE».

«Taci e bevi, tu».

«VHABBENE».

Gonfi come zecche di proteine e alcol ci dedichiamo a rovesciare caraffe in faccia allo sposo, inserirgli polenta nelle mutande e altre originali trovate. Si arriva al "lancio delle cioppe". Si tratta di intingere il pane nel vino e scagliarlo verso le tavolate avversarie, che prontamente rispondono al fuoco. I militari presenti organizzano una linea di difesa e coordinano l'attacco. «Andrea, Luca, fuoco su quei bastardi. Cosmopolitan (sarei io), al mio segnale scatta a recuperare quel paniere», dice un commilitone di Marco, puntando il tavolo del buffet. Eseguo sotto una pioggia di mollica fradicia. Terminate le munizioni si passa allo scontro all'arma bianca. Lo scherzo degenera in rissa, nella quale perdo la macchina fotografica con cui documentavo l'evento. Il gestore tenta di fermarci ma viene centrato da una fetta di torta alla crema. Dieci minuti dopo arriva la polizia. Si contano due nasi rotti, numerosi occhi pesti, due zigomi sanguinanti e svariate costole incrinate. Il bollettino di guerra, tutto sommato, è positivo: la nostra tavolata si è difesa con onore.

ORE 00.20 Raccolti e medicati i feriti, ci dirigiamo nel luogo di perdizione per eccellenza. Il locale di pole dance. Nel tragitto, qualsiasi essere umano munito di utero viene abbordato senza successo.

ORE 00.34 Siamo finalmente giunti al clou della festa. Mentre Marco barcolla sostenuto a stento da due di noi, mi guardo attorno. Dimenticati scene da film come Striptease, la verità è un'altra. Ci troviamo in una discoteca frequentata solo da maschi, con cubiste svogliate e prezzi triplicati. Le ballerine, infatti, si impegnano come una qualsiasi ragazza in metro che si tiene al palo, hanno la faccia di chi vorrebbe essere altrove e lo sguardo di chi pensa alla bolletta del gas. In realtà, fingono di ballare. Ogni tanto, si avvicinano al loro pubblico e un'orda di zombie protende mani piene di banconote da infilare nelle mutandine. Se sono rapidi, riescono a sfiorare una coscia. Marco viene deposto sotto il palco, dove inizia a sbavare. Un drink costa 12 euro.

ORE 1.45 È tempo della colletta per raggranellare 200 euro e pagare a Marco un privé con una tizia a sua scelta, tale Irina. Si tratta di una stanza isolata dove il futuro sposo può assistere da solo al ballo. Ballo e basta: non ci può essere alcun contatto sessuale, pena la chiusura del locale. I gestori ci stanno attenti e ci sono pure le telecamere. Marco esce 15 minuti dopo col volto rigato di lacrime.

«Oh, com'è andata? Fatto niente?».

«Nhemmeno thoccare shi è fatta, quella shtronza».

«Sei tu che sei sfigato».

«Oh Dio raghassi mi shposo, vi volio bbbene».

La nostra vittima prende fiato e vomita sul pavimento. Ci buttano fuori. Sbronzi e senza soldi vaghiamo per la città trascinando Marco che alterna urli, dichiarazioni d'affetto e tentativi d'approccio a rare passanti che si ritraggono schifate.

ORE 2.30 Consegniamo i resti dello sposo alla futura moglie che apre la porta inorridita. Marco ha il volto tumefatto, puzza di vino e vomito, ha perso le scarpe, le calze autoreggenti sono distrutte, il prendisole è macchiato di svariate sostanze organiche e il cappello rubato alla nonna è ormai ridotto a una zanzariera.

«Ora puoi sposarlo», le dice Andrea, solenne.

«Mio Dio, cosa gli avete fatto?», pigola lei inorridita, mentre lo sorregge a fatica.

«Irina shposami...», mormora Marco.

«Chi è Irina?».

«Bene, vi lasciamo, avrete molte cose da dirvi», si congeda bruscamente Luca a nome di tutti noi.

I vicini di casa riferiscono di urla belluine fino alle 6 del mattino. Ma tu, che ora sai, potrai dormire serena!

Segui Nicolò Zuliani su Twitter