Sono certa che se ognuna di noi provasse ad aprire le ante del proprio guardaroba per osservarne il contenuto e farne l'inventario di fine anno, il risultato sarebbe identico per tutte al 90%.
Con molta probabilità convive un mix eclettico, senza senso, composto da:

  • Colpi di Fulmine
  • Affaroni
  • Coperte di Linus ((quei capi basici che indossiamo 6 volte su 7)
  • Reperti del Paleozoico che nemmeno una nostalgica appassionata di storia della moda oserebbe indossare
  • Amori Veri
  • Fotocopie in Quadricromia dello stesso capo
  • Regali Indesiderati fatti da chi non ci conosce abbastanza

Sbaglio?
Ad ogni modo, la maggior parte dei guardaroba contemporanei ha certamente bisogno di aiuto: studi scrupolosissimi hanno riscontrato che mediamente si indossa per l'80% delle volte solo il 20% dei vestiti riposti nel guardaroba e, viceversa, quell'80% snobbato è indossato solo il 20%, il cosidetto Limbo del Guardaroba.

Dal momento in cui il nostro acquisto ha trovato una nuova e confortevole casa (l'armadio) qualcosa si incrina nel tempo e il flusso d'amore si affievolisce sino a sparire del tutto. Perché?

A rispondere all'annoso interrogativo ci ha pensato il team di ricerca di Procter&Gamble Fabric Care, studiosi della cura dei tessuti, durante la seconda edizione di Future Fabrics 14/15 in una giornata di incontri tra esperti di moda, designers, chimici della bellezza e psicologi a Berlino. Per noi fashioniste moderne uno scambio di informazioni fondamentali.

Hanno capito cosa ci fa fare click quando ci innamoriamo di un abito, un maglione o una giacca: succede che in modalità totalmente inconsapevole le nostre percezioni sensoriali della vista, del tatto e dell'odorato attivano un gradimento che arriva dal nostro profondo inconscio e che non aspettano certo la certificazione in carta bollata dalla Ragione, per stringerli definitivamente tra le mani e portarli alla cassa.

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Ma chissà come mai quella magnifica sensazione mista di novità, fragranza al tatto, morbidezza, forma e profumo sbiadisce in poco tempo ai nostri sensi, perdendo appeal.
Il team di studiosi ci risponde che si sottovaluta completamente il mantenimento nel tempo di cotanta bellezza, ovvero non si fa mai la SPA ai nostri vestiti.

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Macchie che durano generazioni, aloni sotto ascellari a triplo anello, 500 sfumature di grigi e fibre ispide come aculei di porcospino hanno la meglio anche sui lavaggi a pagamento delle lavanderie più attrezzate.

È come sperare di restare in forma mangiando di tutto, senza fare nessuna rinuncia o attività fisica di primo grado. Impossibile.

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Riappropriamoci dunque della lavatrice di casa e massimizziamo il suo potenziale: si resetta il concetto triste del bucato per inserire quello della cosmesi seguendo la strategia innovativa 3-Step FibreSCIENCE: pulire, proteggere e intensificare.

Il segreto sta nel non farsi prendere dall'ansia da primo lavaggio ma capire con quali tessuti e fibre si ha a che fare e affidarsi a prodotti performanti in grado di mantenere vivo nel tempo il loro fascino. E innamorarsene per sempre!