Lee Wood è inglese di nascita ma italiano nel cuore: in Italia ci vive da quasi 20 anni. La sua storia ci insegna a coltivare le idee e le visioni e a credere nel destino. Se è scritto, stai certa che accadrà.

1. Come hai iniziato a disegnare per la moda?
Da bambino ho sempre creato, ero il classico figlio a cui portavano un regalo, ma una volta spacchettato, mi mettevo a giocare con la scatola dimenticando il suo contenuto. Occhi e mani erano sempre in movimento, creando, pensando e realizzando. Ho studiato Arte e Fashion Design al Berkshire College of Art & Design...ma al momento di laurearmi ho sentito la necessità di diventare indipendente dalla mia famiglia, fino ad allora così generosa nel supportarmi lungo il percorso di formazione, e sono partito per Londra.

2. E come è andata?
Ho iniziato a lavorare come commesso nei negozi di abbigliamento, poi ho proseguito con degli stage, successivamente sono diventato assistente stylist, poi stylist e poi nel 1998…ho incontrato lei, Donatella Versace. Ed è stato amore a prima vista.

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3. I primi anni in Versace come sono stati?
Incredibili. Non parlavo italiano, mi sforzavo di capire e ascoltavo il vostro italian sound. Ma posso dire che, trattandosi di creatività, erano i miei disegni a parlare per me una lingua universale. Ero felice. Ero dentro a un sogno creativo, lavorare per Donatella è stato come fare palestra nel mondo del lusso. Ho disegnato di tutto, dal pret-a-porter all'arredamento, all'Alta Moda.

4. 16 anni in Versace: è stata dura dirle Good Bye?
Sono stati 16 anni meravigliosi, una realtà stupenda in cui sono cresciuto e maturato, ma alla soglia dei 40 anni è scattato qualcosa dentro di me. Rimango dove sono o mi mento in gioco dal punto di vista stilistico e creativo? Perchè non provare ad uscire da una situazione di comfort zone e testarmi? Queste erano le domande che mi frullavano in testa l'anno scorso. Disegnare per una Maison è come recitare in un film, interpreti lo spirito e l'anima di quel brand. Ma oltre alla capacità di interpretazione, dentro ad un designer ci sono tantissime idee inespresse, tutte in attesa di essere sviluppate fuori contesto.

5. In un anno è cambiato tutto.
Esatto. In un anno ho aperto il mio studio di consulenza, ho lavorato per più clienti ma allo stesso tempo anche sulle mie idee. Per tenere aggiornato il sito dello studio ho iniziato a produrre dei capi, come una capsule e a fotografarli. Ho incominciato ad inserire le basi stilistiche della mio gusto personale, senza però pensare ad eventuali sviluppi. Qualche amico, osservando da lontano quello che stavo facendo mi ha stimolato e suggerito di guardare oltre le pareti dello studio…e ho capito che la fase per dirlo al mondo era arrivata. In quel momento è nata la Collection Zero.

6. Ce la racconti ?
Ho voluto creare una collezione unisex, dove lo sviluppo taglia uomo/donna quasi sempre si sovrappone. Uno stile casual fortemente contaminato dal purismo degli anni '50, un periodo storico che amo particolarmente. Le linee architettoniche, nate in un'America post bellica, hanno rappresentato nella moda una forte chiave di sperimentazione. Ho sfumato i confini unendo i generi e ho fatto lo stesso con i tessuti. La rete sportiva l'ho accoppiata alla lana e al cachemire, sia alla pelle che al jersey in doppia viscosa. La palette colore passa dal nero e al bianco passando al nude/beige sino all'azzurro e al giallo pastello neo '50. Un collezione che strizza l'occhio al domani e unisce lo street-style all'elegante. La parte maschile parla ad un uomo healthy, sano e sportivo e che ha molta cura di sé.

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La collezione SS16, che ho presentato a Roma al Who's on Next, si chiama Collection One: Primary
Dove il termine primario significa in arrivo per primo, in ordine. I colori primari da RYB (Red, Yellow e Blue) dei classici mattoncini Lego con cui giocavo da bambino, oggi cambiano a RGB (Red Green Blu): sono i colori primari additivi trasmessi attraverso la luce della riproduzione digitale. Nelle decorazioni ho utilizzato anche segmenti di cd.

7. I tuoi sempre
Gli anni 50
La Moda Democratica
Il Design

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8. I tuoi mai?
Gli uomini effemminati
Basta con il vintage: i designer devono smetterla di firmare tributi ai decenni passati. Devono creare qualcosa che ancora non esiste, insomma, guardare al futuro.
Mai più al razzismo, all'omofobia, all'ignoranza.

9. A chi vuole intraprendere questa strada nel mondo del fashion design cosa suggerisci?
Di studiare e fare tanta gavetta. Serve a sviluppare un gusto personale attraverso l'osservazione del lavoro di figure professioniste. E quando arriva il momento di spiccare il volo suggerisco di cogliere l'occasione, purché ci sia autentica consapevolezza in ciò che si va a disegnare. Credo nel destino e nelle sue tempistiche, e voi?