Yves Saint Laurent genio e sregolatezza. È così che viene spesso ricordato il grande couturier. Nasce nel 1936 in Algeria, enfant prodige, brucia inconsapevolmente le tappe verso il successo. Giovanissimo si diletta a creare bambole di carta e a disegnare abiti per sua madre. A 18 anni entra alla Camera Sindacale dell'Alta Moda di Parigi come disegnatore. Il talento di Saint Laurent emerge subito e sarà l'editor di Vogue Francia Michael De Brunhoff a presentarlo a Christian Dior. Un incontro determinante per il giovane Yves. I due stilisti hanno similitudini importanti, entrambi timidi, riservati e superstiziosi, (più tardi Saint Laurent rivelerà che a ogni sfilata terrà con sé un rosario e un Bugs Bunny). Il sodalizio lavorativo tra i due permetterà al giovane dauphin Yves di crescere professionalmente a fianco del grande maestro per il quale, ammette, nutrirà per sempre una profonda stima. Alla morte di Dior avvenuta nel 1957 sarà il giovanissimo Yves a assumere la direzione artistica della Maison di Avenue Montaigne.
L'impronta del giovane stilista si vede subito alla prima sfilata del 1958. Le silhouettes sono meno rigorose, meno costrittive, introduce gli abiti a trapezio e presenta una moda più insolente. La collezione fu un successo e il fashion system accolse trionfalmente il giovane Saint Laurent consacrandolo come l'erede di Christian Dior.
Saint Laurent è un istintivo geniale, vuole sconfinare i confini della moda, farla uscire dall'armadio polveroso e immergerla in pieno in quel periodo turbolento degli Anni 60. Il motto di Yves era fuori dal Ritz e dentro la strada, era lì che traeva l'ispirazione. Costumi e società si rinnovano e lui ne colse tutta la frenesia. Ma Yves precorreva troppo i tempi, soprattutto per il vecchio establishment della Maison Dior che non era pronto per un cambiamento così radicale. Il loro sodalizio si interruppe burrascosamente 3 anni dopo quando il designer fece sfilare abiti ispirati ai giovani contestatori della Rive Gauche a Parigi, gonne svasate, dolcevita a collo alto, giubbotti in pelle, una collezione troppo rivoluzionaria e audace per i vertici della Maison.
Fu un duro colpo per Saint Laurent uomo sensibile e fragile, già incline alla depressione e alle dipendenze. A sostenerlo sempre, Pierre Bergé partner e l'amore della vita. Diversi ma complementari, uomo marketing uno, creativo l'altro, insieme apriranno nel 1962 il primo atelier Yves Saint Laurent.
Da quel momento in poi il talento del couturier porterà a risultati straordinari. Nel corso della sua carriera gli esperimenti di Saint Laurent susciteranno sfilata dopo sfilata commozione, lacrime, stupore, reazioni contrastanti come mai nessun altro stilista. Yves aveva il dono, nonostante la timidezza e la fragilità, di essere un player, amava puntare tutto sulla roulette delle sue intuizioni, n'import quoi...
Dalla prima sfilata firmata Ysl fu un susseguirsi di creazioni geniali come la giacca e il pantalone di shantung. Era il 1962 e non era affatto scontato presentare un look così decontracté. Ecco la prima vera rivoluzione di Saint Laurent. Traslare capi dal guardaroba maschile in quello femminile facendo sì che il blazer e il pantalone diventassero capisaldi anche per la donna.
Ma le innovazioni non si fermano qui. A Saint Laurent si deve per la prima volta una moda concepita come commistione tra arte, design, cultura, viaggi. Matisse, Andy Warhol, Mondrian sono tra gli artisti che hanno ispirato le sue collezioni. Come nel 1965, anno in cui presenta una collezione ispirata a Mondrian. Nel 1966 crea abiti dall'aria pop art, mentre l'autunno inverno 1971-72 spetta agli abiti in taffettà che si rifanno alle opere di Henri Matisse.
Nel 1976 è la volta della collezione ispirata ai balletti russi, che forse Saint Laurent considerò la più bella, per approdare al 1979 ai capi ispirati a Picasso e stupire ancora nel 1981 con la presentazione dello smoking maschile rimesso a punto sulla donna (tra i capi più iconici) per passare alle sahariane, tailleur pantalone e capi trasparenti.
Nessuno come lui aveva il senso del colore, sfoderava accostamenti audaci e inaspettatamente emozionanti come il rosso e il fuxsia e il giallo e il viola. Un inarrestabile creativo.
Nel corso degli anni ho imparato che ciò che è importante di un vestito è la donna che lo indossa.
Per YSL questo rappresentava una verità assoluta. Amava circondarsi di donne bellissime, jet setters e muse ispiratrici come Betty Catroux, Loulou de la Falaise, Catherine Deneuve. La sua iper sensibilità lo rese vulnerabile tutta la vita e per sentirsi protetto dalla notorietà spesso si ritirava con il suo entourage hippie chic nella residenza di Marrakech che lui tanto amava, i Giardini Majorelle, oggi trasformata in un museo.
Tra gli Anni 80 e 90 nonostante i problemi fisici e psichici il suo pubblico non lo tradì mai. Nel 1997 il New York Times dichiarò che da Saint Laurent ciò che si vede è destinato a durare, quindi non una moda scontata. Nel 1997 nomina Alber Elbaz alla guida della collezione Prêt-à-porter per dedicarsi solo alla linea di Alta Moda.
Di lui la grande Diane Vreeland, storico direttore di Vogue America, disse: Coco e Dior erano eleganti ma Saint Laurent è un genio...
Tra le sue citazioni più famose:
"Un ottimo modello può proporsi alla moda anche per dieci anni".
"Ho spesso dichiarato che avrei voluto inventare i blue jeans: non c'è nulla di più spettacolare, più pratico, più rilassato e disinvolto. Hanno espressione, modestia, sex appeal, semplicità. Tutto ciò che vorrei per i miei vestiti.