Dopo che "emoji" è stata eletta dall'Oxford Dictionaries la parola dell'anno per il 2015, ora le faccine e i disegnini di giallo vestiti e di cui non possiamo più fare a meno, vanno all'arrembaggio di un museo d'arte. E, quando gli emoji si animano, fanno le cose sul serio e prendono casa al MoMa, il museo di Modern Art di New York. Non un luogo qualsiasi.

La collezione permanente, infatti, come è stato comunicato nei giorni scorsi, ospiterà la serie originale di 176 emoji creata nel 1999 dalla compagnia telefonica giapponese, la NTT DoCoMo, che aveva progettato ed elaborato delle faccine che fossero compatibili con cercapersone e cellulari.

A disegnarli è stato l'artista, ormai è questa la definizione che merita, Shigetaka Kurita, che per loro aveva utilizzato una griglia di 12 pixel per lato, come è spiegato nella didascalia dell'immagine che il MoMa ha pubblicato sulla sua bacheca Instagram. Non sono teneri, così, nel loro formato primordiale?

Te li ricordavi o ne avevi perso la memoria? Anche questi dovrebbero entrare a pieno titolo nella lista di reperti archeologici che confondono i Millennial di oggi.

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Paola Antonelli, italiana e Senior Curator del MoMa (l'abbiamo intervista anche noi di Cosmopolitan), ha dichiarato a Wired USA

«Abbiamo cominciato con questi, ma non abbiamo intenzione di smettere. Questo non è un momento di passaggio nella storia del MoMa, ma l'inizio di un percorso. Con questa collezione di design digitale ci stiamo avvicinando alla quotidianità delle persone. Quando parliamo di emoji si capisce subito, visceralmente, cosa rappresentano nella nostra vita. Non possiamo fare a meno di loro».

A dicembre 2016 apre l'installazione dedicata agli emoji e Paola Antonelli promette che «sarà l'occasione per vederli sotto una nuova luce».

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