Angelo, vieni a salvarmi stanotte!

Questa canzone è tratta dal disco Permanent Vacation del 1987 ed è uno dei singoli che ha venduto di più tra quelli della rock band bostoniana Aerosmith capitanata dagli oramai ex fratelli tossici Steven Tyler e Joe Perry. Pensa che l’unica canzone del loro repertorio ad aver avuto un successo maggiore è I Don’t Wanna Miss A Thing anche perché colonna sonora del film Armageddon.

In questa canzone il protagonista è a letto e si lamenta... «sono solooooooo, non so come affrontare la notte... sto piengendoooo per teeeee... Senza il tuo amore sono come un cane senza osso … sei la ragione per cui vivo...».

Hey fratello sveglia!

Un cane senza osso? Lei era anoressica? Ma come stai? Forse sta roba funzionava negli anni ottanta... Non so quante fanciulle oggi cederebbero a lusinghe del genere, visto che si è sempre più esigenti e per certi versi meno male! Però mi sorge un quesito: hai mai fatto caso a quante volte si parli metaforicamente di salvezza?

Migliaia di canzoni trattano l’argomento nelle più disparate forme. Riconoscere di aver bisogno d’aiuto e di conseguenza chiederlo, credo sia un passo fondamentale per uscire da una situazione spiacevole e crescere, ma ciò che ritorna costantemente quando si affronta questo argomento, manco fosse la peperonata di ieri sera o se preferisci un refrain nei nostri pensieri, è che a “salvarci” debbano essere gli altri.

Prima di tutto: chiediamo un aiuto per salvarci da cosa? Da quel senso di angoscia alla bocca dello stomaco? Da quel sempre più distonicamente celato bisogno di affetto, calore, riconoscimento e gratificazione? Siamo così sicuri che un’altra persona o, nello specifico, un partner possa veramente darci tutto questo? Siamo pronti a riceverlo? Perché mai dovrebbero salvarci?

Che sia chiaro, non siamo animali che possono vivere isolati. Siamo comunitari e questa è la nostra natura che ci piaccia o no e ne consegue che in qualche modo dipendiamo dagli altri, ma questo spesso genera degli atteggiamenti che vanno agli opposti:

chi, deluso, si isola e pensa che solo autobastandosi troverà la felicità, ma spesso non risolve i suoi vuoti («io sto benissimo da sola...», seeee ma non farmi ridere! Riprova e controlla);

chi si appoggia in modo ossessivo a qualsiasi essere possa rappresentare un piccolo appiglio («ma secondo te quando un uomo ti dice così cosa pensa?». E il resto della chiaccherata saranno due ore passate a ripetere la stessa cosa).

Io penso che il vero benessere stia nel mezzo. Stare bene con se stessi credo significhi starci sia soli sia in compagnia senza che nessuno dei due stati si escluda. Ok avere una propria indipendenza, ma senza chiudersi in una campana di vetro; ok aver piacere a stare in compagnia, ma senza esserne totalmente dipendenti.

Spesso nelle canzoni c’è il racconto e forse lo sfogo di uno stato emotivo che viene apprezzato perché chi lo ascolta ci si può riconoscere, ma raramente vi è anche solo un’indicazione su come uscirne.

Nel nostro caso sembra che ci stiamo un po’ smarrendo. Quelle grosse lacune affettive possono e forse devono essere viste e affrontate da noi stessi, prima di tutto riconoscendole e accettandole. Chissà quanta roba interessante potrebbe venir fuori in seguito a queste due “semplici” azioni.

Solo in un secondo tempo saremo pronti ad avere una relazione della quale poterne apprezzare il nutrimento. Un conto è necessitare di tutto, un altro è avere degli spazi atti ad essere integrati o completati. Diversamente ciò che riceveremo ci sembrerà sempre poco e incolperemo il nostro partner per non essere riuscito a salvarci.

Sto caxxo di Principe Azzurro ne ha fatti di danni, eh!?

Ti sei mai trovata dall’altra parte? Se una persona ti chiede di salvarla o la mandi a quel paese, perché non ti sembrerà in grado di stare in piedi sulle proprie gambe, o la accogli con tutto il tuo calore. Già, ma in questo caso non hai mai provato un senso di scoramento nel vedere che nonostante molti sforzi, spesso comunque fatti in modo amorevole, colui che cerchi di salvare finisca sempre con il non sentirsi “salvato” del tutto?

Magari ti lascia dicendo che non sei in grado di capirlo veramente e tu soffri da morire perché a tua volta hai forse troppo bisogno di qualcuno da salvare, cara mia dipendente dal crocerossismo. Che ne dici, nel caso ti venisse in mente, di pensare un pochino di più a te?

È solo perché si può chiedere ad un partner e a una relazione solo quello che un partner e una relazione possono dare. I nostri nonni non la pensano così. Secondo la maggior parte di loro il sacrificio e il martirio sembrano le condizioni necessarie per farsi amare, sì, ma poi si finisce schiavi a vita.

Esiste anche la via semplice, quella delle cose che avvengono in modo naturale, quella che succede raramente come è giusto che sia, quella nella quale c’è equilibrio e tutto avviene in modo armonico, anche gli scontri, quella dove ci si rispetta, quella dove ci si riconosce, quella dove ci si capisce, quella dove c’è condivisione, quella dove c’è amore, vero e positivo.

Il mio consiglio è uno: state comodi!