L'ufficio si trova al terzo piano di un condominio a un centinaio di metri da Old Street, all'interno di un palazzo in mattoni al quale si accede attraverso una porta di legno bianca. Sopra c'è scritto: "Picwick House". Non c'è l'ascensore, ma solo una stretta rampa di scale in cemento grezzo che ricorda un'altra destinazione per quello che oggi è comunque un palazzo nel centro di Londra. Da alcuni minuti sto cercando di farmi un'idea della persona che mi accoglierà sulla base di questi pochi indizi, ma non è semplice, perché non è semplice il motivo per cui sono venuta qui, per cui ho preso due giorni di ferie, comprato un biglietto aereo last minute e prenotato una stanza per due notti con Airbnb.

Suono il campanello.

La porta si apre ed esce una donna indiana sulla quarantina piuttosto elegante. Sorride, ma ha gli occhi lucidi. Stringe la mano alla persona che attende sull'uscio e che trasforma quella stretta in un abbraccio. Immagino che Gloria, la mia amica che per prima mi ha parlato di questa atipica terapista, possa essere uscita dal suo studio con la stessa espressione sollevata e commossa.

"È una mia ex collega" mi ha detto. "Ha fatto la consulente editoriale per quasi vent'anni e poi ha mollato tutto e ha aperto questo studio a Londra." "Ma come mai ha mollato tutto?" le ho chiesto. "Aveva avuto un mezzo esaurimento nervoso. Diceva che aveva bisogno di un colpo di scena." La stanza nella quale mi trovo pochi istanti dopo mi ricorda lo studio di uno psicologo: ci sono due poltrone, una scrivania, scaffali carichi di libri e dipinti astratti alle pareti. Mi siedo su una delle due poltrone, di fronte alla donna che finalmente posso osservare da vicino.

C'eravamo già parlate una volta via Skype, ma dal vivo appare diversa: capelli lisci, biondi e sottili, una lunga chioma non particolarmente curata, ma che lei si può chiaramente permettere perché è decisamente una bella donna, il volto giovanile, la carnagione chiara e i lineamenti sottili che corrispondono a un fisico longilineo, anche se non privo di qualche curva di troppo che però lei non nasconde. Indossa jeans attillati, una camicetta bianca corta che le stringe troppo sui fianchi e sandali di cuoio. Sono indumenti semplici, gli stessi che avrei utilizzato io per bermi un caffè con un'amica, e anche il suo sorriso è limpido e spontaneo, simile a quello che probabilmente avevo io fino a qualche mese fa.

"Cominciamo?" mi chiede saltando ogni preambolo. Annuisco e mi sforzo di sorridere. "La tua situazione la conosco bene" dice la donna alludendo chiaramente alla lunga conversazione che abbiamo avuto via Skype nella quale le ho raccontato come, dopo un fidanzamento di quasi sette anni, Paolo mi abbia lasciato per mettersi con una donna più giovane. Eravamo andati a vivere insieme da pochi mesi, sostituendo il matrimonio con l'acquisto di una casa, i figli con un cane e il sesso con la televisione. Lui passava sempre più tempo al lavoro, io avevo da poco tempo cominciato a odiare il mio lavoro. Le cose andavano un po' meglio quando uscivamo con gli amici, quando Paolo, complice qualche bicchiere di troppo, si lasciava un po' andare e tornava ad essere, per il tempo di una cena o di una serata, il venticinquenne irrequieto ed entusiasta del quale mi ero innamorata, ma cominciavano a essere abbastanza chiari i possibili risvolti negativi o drammatici di questa tendenza alcolica.

"La tua situazione è abbastanza da manuale" mi spiega la donna. "Hai bisogno di un colpo di scena." "Immagino di sì" bisbiglio mentre le parole di Gloria riecheggiano nella mia mente: ha avuto un esaurimento nervoso, diceva che aveva bisogno di un colpo di scena. "Io ti aiuterò a trovare il modo per continuare questa storia abbastanza classica, vissuta da milioni di donne, nella maniera migliore, ovvero con una serie di turning points ben studiati. Naturalmente è importante che tu collochi questi eventi che noi provocheremo "artificialmente" a circa un terzo del tuo prossimo ciclo vitale che comincia, pressappoco, con la fine della tua storia d'amore."

"Va bene, ci proverò." "Ma prima, alcune nozioni di base" continua la donna. Poi si alza in piedi e disegna un grande cerchio nero su una lavagna elettronica alle sue spalle. Lo divide in sei spicchi e in ognuno scrive una parola: protagonista, antagonista, luogo, tempo, aiutante e oggetto magico. "La protagonista è facile: sei tu. Il tempo e il luogo sono il tuo presente a Milano. Fin qui ci siamo. L'antagonista non è Paolo né la sua nuova donna, come molte pensano quando si trovano in questa situazione. Ma è stato Paolo a creare il 'cattivo' della tua 'fiaba', a generare la tua delusione, la paura, il senso di inadeguatezza che, insieme, formano il 'mostro' che devi sconfiggere, dove per 'sconfiggere' si intende prima di tutto 'capire'".

Mentre parla, la donna annota sulla lavagna quelle che credo lei consideri le parole chiave dei suoi ragionamenti e che io visualizzo in un immaginario balloon sopra la sua testa, tra virgolette. "Gli aiutanti possono essere molti. Se accetterai di seguire la mia terapia, ovviamente, io sarò la prima, mentre l'oggetto magico è l'incognita che dovrai accettare, è lo spazio vuoto che dovrai colmare via via durante la tua mia missione. Mi stai seguendo fin qui?" "Credo per niente" ammetto cercando di rielaborare questo fiume di informazioni. "Però capisco, a parte la missione. Lei hai una missione per me quindi?"

"Mi spiego meglio. Ogni storia racconta di un protagonista che vive in un luogo e in un tempo e deve compiere una missione" dice la donna indicando con l'indice gli spicchi del cerchio. "Un antagonista lo ostacola, ma il protagonista, grazie a un aiutante e a un oggetto magico, compie la missione, sconfiggendo quindi l'antagonista e tornando a casa, la sua casa interiore, non parlo di mattoni, con un oggetto magico che rappresenta naturalmente un maggiore livello di consapevolezza, una maggiore felicità, un insieme di semi da piantare in un terreno fertile per un futuro migliore."

Annuisco, ma solo perché sono troppo intenta ad ascoltare questo lungo racconto per cominciare a cogliere le possibili implicazioni con la mia vita: devo sconfiggere un mostro? Trovare un oggetto magico? Per un attimo immagino che Paolo sia qui accanto a me, come nelle terapie di coppia. Probabilmente, anzi, certamente, lui riderebbe di tutta questa storia e ciò mi spinge a chiedermi se tutto lo scetticismo che si è generato silenziosamente in me in questi anni, nascosto oggi nei miei assensi poco convinti, non sia qualcosa che in realtà non mi appartiene, come il suo odore che ogni tanto mi sembra di sentire ancora addosso, in certi vestiti, in certe situazioni.

"Bene, ora ti faccio la mia proposta" dice dopo un paio di minuti durante i quali i gorgoglii del mio stomaco hanno fatto da colonna sonora ai miei pensieri. "Avrei pensato di cominciare con un mese in India, di cui le prime due settimane con un viaggio organizzato e poi una settimana da sola in una guest house, ne conosco diverse molto carine, una a Jaisalmer, gestita da una coppia molto simpatica, lei tedesca, lui indiano. L'ultima settimana la lascerei libera per avere appunto un margine di improvvisazione."

"Un margine di... improvvisazione?" "Una scaletta troppo rigorosa rischia di uccidere la trama. Stabiliti gli snodi principali, bisogna permettere ai personaggi di ritagliarsi il proprio spazio non funzionale allo sviluppo, anche se poi, tutto è funzionale." "Ma lì che faccio?" chiedo vagamente allarmata, come se fossi ormai obbligata a partire, il che è tremendamente tipico del mio carattere: sento l'impulso naturale di compiacere qualsiasi persona che non sia io stessa.

"Avrai tutta una serie di compiti e indicazioni, giorno per giorno. Ti faccio qualche esempio." Così dicendo, la donna estrae da un cassetto una cartelletta simile a quella di un medico e comincia a leggere. "Attaccare bottone con una coppia di turisti, visitare una tipica cucina indiana, realizzare una serie di video dei luoghi che visiterai e aprire un canale youtube, cercare un lavoro per una settimana dicendo che non vuoi essere pagata e molto altro ancora. Oltre a ciò, dovrai provare a scrivere un libro. Ad ogni modo, ti manderò tutte queste indicazioni nel diario di viaggio che preparerò per te."

"Non credo di essere capace di scrivere un libro." "Oh, devi solo provare, fa parte della mia… terapia. Devi raccontare semplicemente quello che ti sta accadendo, quello che tu farai accadere seguendo le mie indicazioni. Questo esercizio naturalmente continuerà anche al tuo ritorno a Milano, quando lascerai il lavoro." Per un attimo temo di aver frainteso le sue parole. "Lasciare il mio lavoro? Non posso proprio." "E questo forse è l'aspetto più interessante della tua nuova storia: lascerai il lavoro che non puoi lasciare. Hai idea degli effetti che può produrre una scelta del genere sul tuo karma?" "Sinceramente, no" le dico, trattenendo per me una facile battuta riguardo agli effetti sul mio conto in banca.

"Hai bisogno di smuovere la ruota del tuo karma, ti è familiare questo concetto?" "Non tanto." "Il problema, cara Lucia, è che questa ruota si è fermata, non del tutto, per carità, ma è ciò che accade alle persone nella tua situazione. Quindi il punto ora non è cosa fai, ma perché. Solo se ti rimetti in gioco, la vita intorno a te ricomincia a muoversi." Annuisco, sempre più confusa, devo assomigliare a uno di quegli animaletti che si mettono sul cruscotto e che dondolano la testa a ogni vibrazione dell'auto. "Al tuo rientro a Milano, ti iscriverai a un corso di cucina e a uno di yoga, non voglio trasformarti in una hippy, si tratta solo di prendersi cura del tuo corpo e di sviluppare qualche nuova abilità, se non ti piace la cucina, penseremo a qualcos'altro. A tutto ciò, poi, abbineremo una sottotrama patetica dagli effetti potenzialmente comici."

"E sarebbe?" "Hai mai frequentato siti di appuntamenti?" "Oh dio, no, grazie al cielo. Non sono ancora così disperata." "Ma è quello che dovrai fare e dovrai anche uscire con almeno tre uomini, non mi aspetto che tu ci faccia chissà che, devi solo uscirci." "E questo a che serve?" La donna sorride. "Non riesci veramente a capire dove voglio arrivare?" "Sinceramente, no." "Fa niente. Andiamo avanti. Mi hai detto che vivi nella casa che avete comprato, giusto?" "Sì, la casa è mia." "Ecco, affitterai la stanza in più a degli studenti, il modo più semplice per aggiungere un elemento di caos giovanile nella tua vita e per sopperire alla mancanza dello stipendio." All'improvviso mi accorgo di non voler più ascoltare una parola di questa pazza che tratta la mia vita come se fosse un romanzo. "Scusami" le dico "ma temo di non essere fatta per questa cosa."

Lei sorride soddisfatta. È proprio contenta. "Benissimo. E' cominciato" dice con voce ispirata. "Cosa?" le chiedo allarmata. "Nel tuo nuovo ciclo vitale questa fase è quella dell'ingresso nel nuovo mondo meraviglioso, ingresso che di norma è sorvegliato da alcuni "guardiani" che cercano, volontariamente o no, di farti cambiare idea ponendoti di fronte degli ostacoli apparentemente insormontabili, tanto che l'eroe, il protagonista, inizialmente teme di non farcela oppure, vinto dallo scetticismo, si rifiuta di accettare la nuova avventura."

Mi scappa un sorriso nel quale si nasconde in effetti tutto lo scetticismo per la persona che ho davanti, ma in effetti la mia reazione, da lei così accuratamente prevista, mi costringe a darle credito ancora per qualche secondo. "Ti stai chiedendo se sono pazza?" "No." "Io dico di sì, ma anche questo è abbastanza normale. Nel mio ruolo di mentore, non è mia responsabilità rassicurarti, ma solo mostrarti nuove vie. Poi sta a te scegliere." "Grazie, ti ringrazio veramente ma, sul serio, non fa per me questa… terapia. Sono sicura che per altre persone va benissimo, ma io…" Vorrei scappare via ora, mi chiedo se dovrò comunque pagare qualcosa, ma non mi importa. "Non vuoi sapere che istruzioni ho per l'amore?"

Sbuffo, sbuffo sul serio, lo so che è tremendamente maleducato, ma non posso farne a meno, perché ovviamente ora sono curiosa. "Vabbé, dai, va bene." "Con una storia come la tua alle spalle, non possiamo certo pensare subito a nuove relazioni durature. Allo stesso tempo, non hai più vent'anni. Per cui la situazione è complessa. Ma le trame possibili sono molte. Quello che ti voglio dire è che la tua anima gemella non si trova probabilmente a Milano, nella tua vita quotidiana, non è nascosta tra le persone e i luoghi che conosci. Allo stesso tempo, avrai bisogno di almeno due relazioni brevi prima di poter ricominciare a guardare l'universo maschile dalla giusta prospettiva. Dopodiché il tuo compagno sarà quasi certamente nordeuropeo o comunque avrà tratti nordici, amerà lo sport e sarà quasi certamente separato, forse con un figlio."

A questo punto è veramente troppo: siamo passati da consigli in stile life coach a previsioni sul futuro degne di una maga. Mi alzo, sorrido, le stringo la mano e me ne vado, magari non così velocemente, ma il risultato è comunque quello di catapultarmi fuori da quello studio in pochi minuti. Alcune ore più tardi, sono seduta su una panchina di Finsbury Park, non lontano dall'appartamento che ho affittato, e mi sto chiedendo come mi è venuto in mente di venire fin qui per incontrare questa fuori di testa.

Quando avevo visitato la sua pagina Facebook, la mia prima reazione era stata di totale contrarietà, nonostante le centinaia di commenti entusiasti, tra i quali si celavano ben poche critiche. Poi avevo cambiato idea, non so nemmeno io perché, forse perché mi sembrava che le mie giornate si fossero fermate, che nulla di significativo o interessante stesse più accadendo, che la trama della mia vita fosse arrivata a un punto morto e quest'ultimo pensiero, in particolare, mi aveva spinto a prendere il primo volo dal prezzo ragionevole per Londra e a partire (complice forse una bottiglia di vino bianco che mi ero bevuta da sola a casa la sera). Ma ora capisco chiaramente che è stata una follia, che la vita non è un libro e che non ci si può mettere le mani come se fosse una prima bozza incompleta e imprecisa.

Ma è proprio mentre sto per trarre la conclusione inevitabile di questi ragionamenti (ovvero: sono venuta qui per niente, ho buttato via dei soldi), mi accorgo di una busta nella tasca della mia giacca. La apro e comincio a leggere: "Immagino che adesso avrai appena preso la decisione di dimenticare le mie parole. È normale. Ma ugualmente ricordati: quando avrai portato a termine la tua missione, raccontala in un libro. Non è detto che le cose andranno come ho detto io. I colpi di scena sono imprevedibili e si riproducono con grande facilità quando accetti di generarne uno o due. Ti chiedo solo di raccontare tutta questa storia al presente, proprio come se la stessi vivendo in questo momento, perché il lettore la viva con te, ti chiedo di scrivere un primo capitolo e di pubblicarlo online da qualche parte, sono certa che ci riuscirai, in modo che io poi potrò trovarti. Un'ultima richiesta (la faccio a tutte le persone che si rivolgono a me): comincia con queste parole: l'ufficio si trova al terzo piano di un condominio a un centinaio di metri da Old Street.

L'autore

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Francesco Gungui, milanese, 35 anni. Il suo ultimo romanzo Con te ho imparato a volare (Fabbri, € 16), è la storia del legame, fortissimo, tra Michele e Rebecca. Un'unione, nata come semplice amicizia, che nelle difficoltà avrà l'opportunità di rafforzarsi e diventare - forse - qualcosa di più. Da leggere se ami le fiabe e cerchi la ripartenza dopo una rottura.

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