Ha compiuto 35 anni in ottobre, gioca ad alti livelli da quando ne aveva 18 e io lo amo da 6.

Ok, non l'ho mai incontrato in vita mia. Ma come in redazione sanno fin troppo bene, io da quando ho scoperto che al mondo esiste Zlatan Ibrahimovic, non sono più la stessa donna.

Ibra non ha avuto una vita facile e il docufilm Ibrahimovic. Diventare Leggenda firmato da Magnus e Fredrik Gertten (che sarà nelle sale il 14 e 15 novembre e racconta gli anni degli esordi fino all'arrivo alla Juventus nel 2004), lo evidenzia molto bene. Nato da madre croata e padre bosniaco emigrati in Svezia, è cresciuto a Rosengård, un sobborgo non tranquillissimo di Malmö. Lì, per sfuggire a un destino da teppista (da ragazzino era piuttosto turbolento e rubava le biciclette), iniziò a giocare a calcio. Suo padre, che non era esattamente un genitore modello e beveva parecchia birra, lo spronava a fare sempre meglio: «Non sarai nessuno finché non conterai in Europa», gli diceva. E lui l'ha ascoltato. Iniziando a fare goal in una piccola squadra chiamata Balkan è passato al Malmö FF e da lì ai club più blasonati d'Europa: Ajax, Juventus, Inter, Barcelona, Milan, Paris Saint Germain e, da quest'anno, Manchester United. È stato per anni capitano della nazionale svedese. È un businessman: fa il testimonial per la Volvo, ha lanciato sul mercato la sua linea di fragranze Zlatan Parfums e quella di abbigliamento sportivo A-Z.

La passione per lui non mi rende del tutto cieca: lo vedo che il ragazzo è 1 metro e 93 di muscoli e di ego. È uno che si autodefinisce "dio", che tratta male i giornalisti che gli fanno le domande sbagliate, che in campo ci va giù pesante se un avversario si frappone tra lui e la rete. Però io SO che dietro questa sua spacconaggine esibita c'è una profonda umanità. Impastata con tonnellate di ambizione, ok: ma questo non è un crimine. (D'altra parte, nel docufilm l'ex direttore sportivo del Malmö dichiara: «In realtà è dolce e gentile, ma non ha fiducia nelle persone». Quindi lo vedete che ho ragione io?).

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Comunque essere platonicamente innamorata di un personaggio così controverso non è facile.

E vi spiego perché.

1. I fidanzati sono gelosi. M., che peraltro giocava pure lui a calcio e si accorgeva che davanti alle sue azioni non mi esaltavo tanto quanto davanti alle leggendarie sforbiciate a mezz'aria di Zlatan, mi disse imbronciato: «Sai cos'è che mi dà fastidio? Che se qui ci fosse Shakira, tra te e lei io sceglierei comunque te. Tu, invece, sceglieresti lui». Risposi con un colpo imbarazzato di tosse.

2. Gli amici maschi sono invidiosi. Nel 2010 una foto che ritraeva Ibra e Gerard Piqué (allora suo compagno al Barcelona) in un apparente momento di tenerezza, fece il giro del mondo. L'eterosessualità di Zlatan venne messa in dubbio. Lui reagì con tipico savoir fair da periferia, rispondendo a una giornalista spagnola che lo incalzava sull'argomento: «Vieni a casa mia e ti faccio vedere chi è gay. E porta pure tua sorella». Io dovetti sorbirmi per mesi un amico che si riferiva a lui come "La Zlatana". La mia opinione è che davanti a un tale trionfo di testosterone nessun uomo possa sentirsi a proprio agio: pensare che sia gay è più rassicurante. Personalmente ho sempre trovato quello scatto con Piqué di una tenerezza infinita.

3. I razzisti ti fanno innervosire. Quando nel 2012 uscì l'autobiografia Io, Ibra scritta a quattro mani con il giornalista svedese David Lagercrantz, gli amici della Rizzoli furono così carini da regalarmi uno dei cartonati destinati alle librerie: un Ibra non proprio in scala reale ma comunque piuttosto grande, mi faceva compagnia nella vecchia redazione di Cosmopolitan. Bene. Nove volte su dieci, quando qualcuno entrava nella mia stanza, destinava al MIO Zlatan sguardi sprezzanti e, alternativamente, una di queste due frasi: «Mamma, che faccia da zingaro!» e «Madonna, che tamarro!». Punto primo: si chiamano sbrigativamente "zingari" le persone di etnia rom. E sebbene su qualche sito sia stato scritto che la famiglia paterna di Zlatan sia di origini rom, non mi pare che lui lo abbia mai confermato. Punto secondo: anche se fosse, quale sarebbe il problema? (Io davanti al razzismo superficiale e ignorante divento matta). Punto terzo: è tamarro? Può darsi. D'altra parte è uno che quando tornava a casa da ragazzino apriva il frigo e lo trovava vuoto e invece oggi gira in Porsche: Rosengård non l'avrà reso un uomo di classe, ma gli ha insegnato che: «Giving up is never an option» e «No one can tell you who or what you can be», che mi paiono cose più utili, nella vita, che saper scegliere l'outfit giusto.

4. I pettegoli si scatenano. Ibra ed Helena Seger stanno insieme dal 2002 e hanno due bimbi superbiondi, Maxi e Vincent. Ora: se ti prendi una sbandata platonica per una star del football internazionale, tendenzialmente dovresti essere adolescenziale fino in fondo e odiare la sua legittima compagna. Ma per fortuna gli anni non passano invano, io sono un'adulta consapevole e non ho niente contro Helena. Ok, qualche volta l'ho definita "la Pamela Anderson de noantri", ma in realtà mi sta simpatica: perché ha 11 anni più di lui e io sono una sostenitrice delle coppie anagraficamente asimmetriche (ma con la donna in vantaggio). Perché non è una stupida. E perché, per tenere insieme la famiglia, lo segue amorevolmente per mezza Europa, assecondando la sua incapacità di essere calcisticamente fedele. Li si vede insieme a fare shopping, allo stadio, negli spot. Insomma, sono una bella coppia. E siccome questa cosa non piace ai rosiconi, ecco che anni fa qualcuno mise in giro una voce as-sur-da: che lui avesse avuto una storia con Nicole Minetti. La Minetti, vi rendete conto? Pensate quello che volete, io non ci credo nemmeno se mi mostrano un video con loro due impegnati nelle prime 40 posizioni del Kamasutra.

5. I buonisti ti giudicano male. «Ma come fa a piacerti quel delinquente?», mi sono sentita chiedere più volte. Va bene, al ragazzo piace cacciare e non è una bella cosa. In campo non si muove con la grazia innaturale di Nijinski: ma se è per questo a me sembrano tutti dei selvaggi, mica solo lui! È uno che fa scherzi pesanti, tipo colpire il collega Cassano in testa con un colpo di taekwondo e poi allontanarsi sghignazzando come un ragazzino di 12 anni. Nel 2004 rispose così al suo capitano dell'Ajax che lo accusava di averlo colpito volontariamente: «Non ti ho fatto male di proposito e lo sai. Ma se mi accusi di nuovo ti spezzo entrambe le gambe. E questo sarà apposta». Però nel 2015 ha partecipato a titolo gratuito alla campagna 805 million names del World Food Programme, facendosi tatuare (temporaneamente) 50 nomi in rappresentanza degli 805 milioni di persone che muoiono di fame nel mondo. «Ovunque vada, la gente mi riconosce, mi chiama per nome, fanno il tifo per me. Ma ci sono dei nomi che nessuno ricorda: sono quelli degli 805 milioni di persone che, oggi, soffrono la fame nel mondo», dichiarò. (Ahhhh, ma lo vedete che animo sensibile ha?). Inoltre, ogni volta che può ricorda Rosengård: nel film lo si vede inaugurare il campetto di calcio a lui dedicato e palleggiare felice con i bambini del quartiere. Dunque: non dimentica le sue origini. Last but not least: guardarlo giocare è un piacere. Anche per una come me che di calcio non capisce niente. Lui in campo sa fare magie, per questo gli è stato dato il soprannome Ibracadabra. E a un giocatore, alla fine, cosa vuoi chiedere di più? Dai, su, sarà un po' rude ma... nessuno è perfetto!

6. Le discussioni con le amiche si arenano subito. Parlare di maschi con le amiche a volte non ha molto senso. Insomma: o si hanno gli stessi gusti oppure no. È inutile che io cerchi di spiegare che Zlatan ha un corpo scolpito che va oltre la perfezione cosmica, che i suoi piccoli occhi color nocciola sono teneri e profondi allo stesso tempo e che il suo sorriso "illumina la stanza" come mi ha detto un'amica che ha avuto la fortuna di incontrarlo. Sono disposta ad ammettere solo un difetto: ha dei tatuaggi eseguiti un po' così, random, una carpa qua, una tigre là. A parte questo, per me lui rappresenta l'apice della perfezione estetica declinata al maschile. E allora discutere è tempo perso. Perché c'è chi ha buon gusto, in fatto di uomini, e che non ce l'ha. E le mie amiche a cui non piace Ibra devono farsene una ragione: loro non ce l'hanno.