Siamo cresciuti, i miei amici e io, guardando reclame di uomini afoni - perché non avevano bisogno di parlare né di chiedere - che si svegliavano in una caverna, accanto a fanciulle seminude, e si radevano con la lama di un coltello da caccia.

Ora che siamo un po' maturati, ci tocca invece testimoniare la nascita di un altro esemplare: l'uomo che piange sugli spalti dello stadio, senza che la sua ricercatissima virilità ne subisca danno. C'è forse un'unica altra circostanza durante la quale un uomo - un vero uomo! - si possa abbandonare al pianto senza compromettere la sua muscolosa etero-virilità, e cioè: la nascita di suo figlio (meglio se maschio). Al di là di questo, quasi nulla è concesso. Quasi, appunto.

Con l'addio di Totti al calcio, l'uomo ha pescato un bel jolly dal mazzo, un'autorizzazione a versare lacrime che forse non gli ricapiterà mai più. Il Capitano ha detto che è stato un onore indossare la maglia della Roma - e solo quella -, ha detto che per lui era un momento difficile, ha detto che sarebbe rimasto altri venticinque anni eccetera eccetera. Diciamo pure che non si è sperticato in altissime sottigliezze retoriche. Non era necessario. Se pure avesse detto: "Dentifricio, bluewhale, pane raffermo, ciao a tutti", le lacrime dell'uomo neo-commosso sarebbero sgorgate uguali.

Perché, ed è questo il punto, la lacrima da stadio è una lacrima autorizzata. Ha un gusto eroico, una sapidità particolare. È una lacrima epica, come versata in battaglia. Non ha bisogno di scusanti, e non ha bisogno di pretesti per scivolare sulle guance degli uomini. È una lacrima giusta, fiera, non come quella che potrebbe attentare alla nostra solidità patriarcale se si affacciasse sull'orlo della palpebra mentre in tv danno Incompreso, o L'attimo fuggente, o Titanic.

Quando il capitano dice addio al calcio, l'uomo può piangere come un neonato, e nessuno - o meglio, nessuna - potrà accusarlo di fragilità. È un'epoca che sfila sotto i nostri occhi, e noi siamo testimoni. Questo ci commuove. È una scena di guerra, di antichi rovesciamenti di potere, di sanguinose battaglie e di tregue scoppiate all'improvviso. Chi condannerebbe una lacrima versata per Spartaco che lascia l'arena? È giusta. Tollerabile. Se non addirittura un segno di mascolinità.

Domani torneremo a svegliarci nella nostra caverna e a farci la barba col coltello da caccia. O a lasciarla del tutto incolta, che fa anche più uomo. Promesso.

Guarda l'addio al calcio di Francesco Totti

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