Per Rio 2016 c'è una squadra olimpica d'eccezione che partecipa per la prima volta: il Refugee Olympic Team. I 10 atleti che sono stati selezionati per partecipare ai Giochi sono rifugiati provenienti da Paesi come la Siria, il Sudan del Sud, l'Etiopia, la Repubblica Democratica del Congo.

Tra di loro compaiono anche due sirenetti giovanissimi, Yusra Mardini, 18 anni, e Rami Anis, 25 anni, entrambi siriani e con una storia tutta da raccontare. Eccoli insieme a bordo vasca, nella foto sopra, e mentre si preparano:

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Yusra Mardini è stata la portabandiera della squadra per la cerimonia d'apertura al Maracanà e ha debuttato nelle batterie dei 100 metri farfalla. Ha superato la prima sfida, ma poi è stata eliminata in semifinale (si è piazzata 41esima). Per lei si è trattato comunque di un grande successo «È stato straordinario. Sono molto felice». Mercoledì 10 agosto scende in vasca per i 100 metri stile libero.

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Yusra a Damasco era una nuotatrice talentuosa legata al Comitato Olimpico Siriano. Racconta spesso che, durante la guerra, si è ritrovata ad allenarsi in piscine con il tetto distrutto dai bombardamenti. Circa un anno fa, nell'agosto nel 2015, scappava con la sorella dalla Siria. In un primo momento si sono rifiugiate in Libano e poi dalle coste turche hanno tentato di arrivare in Grecia. La loro imbarcazione, però, si è fermata in mezzo al Mar Egeo con il motore spento. Allora Yusra con la sorella Sarah e altri due profughi si sono buttati in mare e hanno cominciato a spingere il gommone per trarre in salvo tutte le persone, circa una ventina, che viaggiano con loro. Dopo 3 ore di nuoto in piena notte sono arrivate in vista delle spiagge di Lesbo. 

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Da quel momento l'atleta siriana ha viaggiato per l'Europa: Macedonia, Serbia, Ungheria, Austria e infine Germania. Oggi, insieme alla sorella, vive a Berlino, dove si allena con il team del Wasserfreunde Spandau 04. Dopo le sue performance a Rio 2016 spera di prepararsi al meglio per Tokyo 2020.

«Voglio che tutti inizino a pensare che i rifugiati sono persone normali. Sono andati via dalla loro terra non perché volevano scappare, ma perché anche loro hanno dei sogni nella vita e nei posti dove sono nati non potevano realizzarli».

Rami Anis è cresciuto ad Aleppo e a insegnarli i primi rudimenti del nuoto è stato lo zio Majad che aveva già gareggiato per la Siria e si era formato sui video di youtube di un grande campione americano del nuoto, Michael Phelps.

Il nuotatore nel 2012 avrebbe dovuto partecipare alle Olimpiadi di Londra per la squadra siriana, ma l'escalation della guerra civile ha spinto la sua famiglia a mandarlo a Istanbul dal fratello maggiore. Qui, anche se pensava di doversi rimanere per poche settimane, ci è rimasto per 4 anni, allenandosi ma senza ottenere la cittadinanza che gli avrebbe permesso di partecipare alle Olimpiadi almeno per la Turchia.

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Rami, però, non si è scoraggiata. Il padre di Rami Anis era andato in Belgio e così lui insieme al fratello hanno deciso di raggiungerlo. Il suo viaggio ha qualche somiglianza con quello di Yusra: si sono imbarcati su un gommone di notte in direzione dell'isola di Samos, in Grecia. Il motore, però, si è spento improvvisamente in mezzo al mare a causa delle onde. Anis ha invitato tutte le persone che erano con lui, circa 40, a cantare per tenere alto il morale. Finalmente hanno raggiunto la riva e dopo 10 giorni di viaggio sono arrivati a Gand, in Belgio. Qui Rami Anis ha trovato la sua nuova allenatrice, Carine Verbauwen, un'atleta con due Olimpiadi alle spalle, quella del 1976 e quella del 1980. A giugno è stato selezionato per la Squadra Olimpica dei Rifugiati, ma gli sforzi sono stati molti. Per raggiungere dei risultati da qualificazione si allenava 17 ore al giorno. Ha ancora un sogno nel cassetto «Nel 2020 spero di essere in grado di nuotare sotto la mia bandiera».

Intanto si è piazzato 56esimo nei 100 metri stile libero e mercoledì 10 agosto gareggia per i 100 metri farfalla.

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Speriamo che tutti i loro sogni possano avverarsi al più presto.

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