1. In molti confondono il tuo accento. Questo perché il cosentino è più simile al napoletano, mentre il reggino ('rriggitànu) è di tipo siciliano. Nel mezzo vi è l'impronta greca, bizantina, latina e le parlate diverse della minoranza arbëreshë (greco – albanese). Insomma, è facile confondersi fino a quando non ti sveli: «Sono calabrese!», pronunciato con orgoglio e vocali aperte, tanto ariose che paiono sospinte da zefiro primaverile. 

2. A questo punto, tutti si sentono legittimati a imitarti. «Sei caLLaBBreeese?», con due elle, due bi, le "èè" aperte in modo comico e una bella risata per finire, che non è la tua. Di questo improponibile siparietto ne hai piena la valigia di migrante. Un po' ti imbarazza, ma comunque gli rispondi (rigorosamente in calabrese): «Arricrìati, arricrìati pure…»(divertiti pure a sbeffeggiarmi per l'accento). Ha parlato lingua di cristallo!

3. Raddoppi le lettere. Non sempre. Lo facciamo con la bi, di Sabato perché per noi il week end dura di più, o con la bi di bibita perché a noi un solo drink, diciamolo, non ci basta.

4. Con l'italiano esprimi concetti, col dialetto i sentimenti. Perché la frase "U cosu mi faci cavaddi" è sicuramente più poetica, concisa e diretta della sua traduzione: il mio cuore scalpita come tanti cavalli a briglie sciolte nelle verdi e sconfinate praterie dell'anima.

5. La tua "h" è stata ispirazione per il brevetto Vorwerk Folletto. È vero, l'aspiri così tanto che qualsiasi parola pare sottovuoto. Ma non avvilirti per questo e guarda il lato positivo: tu, calabrese, pronuncerai meglio l'inglese di chiunque altro!

6. Spalanchi la éééé che manco le finestre per il repulisti pasquale. Sì, ma attenta, spalanchiamo solo quelle, tutto il resto è chiuso.

7. Ti cimenti in improbabili scioglilingua (complice qualche bicchiere di troppo). Tipo, "jiendu e veniendu cuttuni cogghjiendu e ndinuocchjiuni cogghjiendu cuttuni". Di cui ovviamente, non conosci la traduzione letteraria, ma potresti abilmente trascriverla con una tastiera kazaka con tutto, aspirazioni e boccacce comprese.

8. La tua conoscenza grammaticale evapora davanti alla commessa di Zara. Presa dall'entusiasmo le domandi: «QuanDo costa quella borZa? SinGeramenDe è un po' cara!», con la "gi" di Genova e la "di" di Domodossola. Questo non significa che sei a digiuno di grammatica, ma semplicemente hai dato fiato alle trombe troppo in fretta.

9. Sembri la Gregoraci. Magari. Non mi dispiacerebbe affatto, se non fosse che lei di claudicante ha solo la dizione, io anche qualcos'altro.

10. Sembri "Franco oh Franco" di Zeling. Questa proprio no! Simpaticissimo cabarettista ma… ARRASSU SIA (mai sia)!

Per rappresentare la Calabrese DOC in questo pezzo abbiamo scelto Vittoria Belvedere, nata a Vibo Valentia.

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