Femminicidi: è una strage di millennials. Sì, anche nelle tragedie peggiori, purtroppo, ci può essere un'evoluzione. Nuove vittime, mutate dinamiche, identico orrore. Così il femminicidio all'italiana sembra stia cambiando pelle in questa estate torrida. E accanto alle donne uccise dagli ex dopo una vita di litigi insieme, alle mogli ammazzate dal proprio marito o compagno che invano avevano cercato di lasciare, si delinea ora un quadro del tutto inedito, nella sua serialità. Un quadro nel quale la vittima è una ragazza di appena vent'anni, e l'aggressore è il suo fidanzato più o meno coetaneo. Forse geloso, probabilmente possessivo, di sicuro assassino. Che la brucia, la strangola, le spara, così d'un tratto, per una sorta di corto circuito emotivo.

Qualcuno potrebbe obiettare che è un vizio di noi giornalisti, quello di voler cogliere per forza il fenomeno sociale in un singolo fatto di cronaca. Ma, intanto, di fatti di cronaca qui ne abbiamo ben più di uno.

Secondo i dati dell'Istat, aggiornati in collaborazione con il Ministero della Giustizia, a morire per mano dei propri compagni sono sempre più ragazze tra i 18 e i 30 anni, mentre l'età dei loro assassini si sta abbassando. Fino a ieri gli autori di femminicidio, infatti, avevano tra i 31 e i 40 anni, ma la fascia anagrafica si sta allargando. Oggi si uccide la propria ragazza a 18, 20, 21, 24, 27, 28 anni. In Valtellina, a Pietra Ligure, a Roma, ad Anguillara, a Udine, in provincia di Trento…

Chiedersi se ci sia davvero qualcosa che non va nel modo in cui i millennials (perché questa parola cool inventata dai sociologi del marketing all'improvviso ha un suono così stridente?) di genere maschile gestiscono le relazioni, dunque, non appare poi così gratuito.

Cosa sanno questi giovani maschi alfa (o beta, o gamma) del rispetto su cui si basa qualsiasi relazione d'amore? Cos'hanno imparato osservando i propri genitori? E quali principi ha loro trasmesso la scuola, visto che in Italia da molti anni non si insegna più nemmeno educazione sessuale? Forse sono talmente abituati a sentirsi dire solo di sì che di fronte a un no per non andare in pezzi uccidono? Possiedono un ego così fragile da dover eliminare chi non li ama come vogliono loro, alle loro condizioni, e secondo le loro regole?

E al di là della cronaca nera, l'insanguinata punta dell'iceberg, quante ragazze di 16, 19, 22 anni, invece di godersi la vita, in questo momento sono imprigionate in un film dell'orrore che si ripete ogni giorno, per colpa del loro ragazzo paranoico e malato? Che spia i loro cellulari. Le segue all'università o al lavoro. Cova una rabbia omicida come una bomba pronta a esplodere.

Vai su Google e alla voce femminicidi scopri che in Italia dal 2012 sono già 664. Ma è un dato che si aggiorna in tempo reale, e quindi sai anche che domani probabilmente non sarà già più lo stesso. Perché nel nostro paese ogni due giorni un uomo uccide una donna.

Le notizie di questi delitti ti parlano diffusamente delle vittime. Si soffermano talvolta anche in modo morboso sul loro passato. Come se cercassero il senso di quella fine tragica proprio lì. Vedi i loro volti, leggi le loro storie, empatizzi con il dolore dei genitori e lo sconforto degli amici. E gli assassini? Paradossalmente, di solito restano in ombra. Di loro, non si sa quasi nulla. Che tipo di studenti sono stati? Come passavano le serate? Cosa li ha spinti a uccidere le ragazze che sostenevano di amare? Cosa non li ha fermati?

Perché il problema non siamo noi. Il problema sono loro. Che siano sballati o fidanzati devoti, baby criminali o ragazzi modello. Apparentemente buoni o platealmente cattivi. Poveri o ricchi. Solo una cosa, infatti, sappiamo: la pulsione a togliere di mezzo la testimone delle proprie ferite narcisistiche non bada né al livello culturale né allo status economico.

Dunque, chi sono davvero questi ragazzi che odiano le donne?

Cerchiamo di capirlo insieme, prima che sia troppo tardi.

Se hai voglia di dare una tua testimonianza, scrivimi: abarigozzi@hearst.it

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