La chiamano crisi del quarto di secolo ed è quella sorta di crisi esistenziale che inizia a tormentarti intorno ai 25 anni, più o meno quando finisci l'università e cominci la "vita vera". Ecco, io questo l'ho letto mille volte. Quello che non mi è capitato di leggere altrettante volte, è che questa maledetta crisi, non si risolve certo nel giro di un annetto. Anzi, per quanto ne so io — che di anni ne ho 27 —, inizio a sospettare che duri (almeno) per tutta la seconda metà dei vent'anni, quella che gli americani chiamano late twenties.

Ma di che tipo di crisi si tratta esattamente?

Sì, per un secondo magari ci sorbiamo anche tutta la pappardella sul mondo del lavoro e, sicuramente, la situazione lavorativa dei giovani che escono dall'Università è preoccupante (non voglio assolutamente banalizzare).

Ma forse, e dico forse, c'è qualcos'altro sotto.

Io, per esempio, un lavoro ce l'ho, e pure tutti i miei amici più cari. Eppure questa crisi la conosco bene, anzi, la conosciamo bene. Che cosa ci mette davvero in crisi in questo passaggio all'"età adulta"?

Cavoli. Non è per niente facile metterlo nero su bianco.

Il punto è che io a volte non mi ci ritrovo proprio nei miei 27 anni, piuttosto mi ci sento catapultata, come se mi avessero condotto in un luogo e avessi percorso il tragitto bendata.

Non so come sono arrivata qui, ecco.

Un secondo prima stavo cazzeggiando al telefono per decidere cosa fare il venerdì sera e un secondo dopo mi ritrovo a parlare di responsabilità, futuro e impegni per la vita.

E non mi sto lamentando — sia chiaro — amo la mia vita e il mio lavoro. È solo che non riesco a capire fino in fondo questa dannata crisi del quarto di secolo.

Cosa esattamente mi, e ci, fa paura?

Innanzitutto, comincio col chiedermi perché continuo a sentirmi 20 anni e perché, contemporaneamente, i 20 anni mi sembrano così lontani. Dopotutto sono passati "solo" 7 anni. Già ma in quei 7 anni (o 5 se la crisi parte al quarto di secolo spaccato) succede TUTTO. E con questo non intendo soltanto che le scelte che abbiamo preso in questo arco temporale ci determineranno per il resto della vita.

Quando dico "tutto" intendo dire che in questo arco temporale relativamente breve, di fronte al quale qualsiasi 40enne o 50enne storcerebbe il naso con la sufficienza del "hai tutta la vita davanti", noi abbiamo studiato, lavorato, affrontato prove, le prime vere prove. Abbiamo fatto l'alba, abbiamo lasciato che la pioggia ci scorresse addosso lungo la strada di casa, ci siamo ubriacati, abbiamo ballato, ci siamo innamorati, abbiamo riso fino alle lacrime, abbiamo limonato, abbiamo fatto l'amore e abbiamo pianto. E poi abbiamo rifatto tutto questo altre mille volte.

Il tutto con una leggerezza delicata: quella che chiamiamo, fino a farla sembrare banale, spensieratezza.

Poi questa pienezza lascia spazio ad altro, nel mio caso prevalentemente all'ansia costante.

Ora fare l'alba si accompagna al "quante ore devo dormire per recuperare le 8 ore di sonno?", bere un bicchiere in più apre le porte ai più tetri pensieri dell'hangover che mi ucciderà lentamente il giorno dopo. E a tutto ciò, soprattutto, si aggiunge il lavoro che, certo, di questi tempi è una benedizione, ma ti cambia la vita in un modo che non ti aspetti all'inizio.

Ecco. Improvvisamente, non appena ti fermi un secondo sul presente dei tuoi 25 (o 26, 27 o 28) anni, tutta quella "pienezza", quella miriade di esperienze e avventure si è bruscamente interrotta. E poi si è sbiadita e adattata alla routine.

Certo, fa parte della vita e ogni sua fase ha esperienze diverse, che ci appagheranno quando saremo dei futuri "adulti" veri e propri e bla bla bla.

Certo, forse questa amarezza è anche dovuta alla costante esposizione a una cultura di massa che sempre più celebra la giovinezza fino ad esasperarla.

Ma ho il sospetto che, dietro alla crisi dei 25 anni, ci sia anche un segreto che non ci rivela nessuno o che forse, negli anni, viene dimenticato. È il segreto per cui di anni così intensi come quelli che vanno dalla fine dell'adolescenza ai 25 anni circa, non ne vivremo più.

Avremo sì altre gioie, altre migliaia e migliaia di esperienze e passioni, ma sempre più dilatate nel tempo, alle quali ci potremo abituare e disabituare con facilità.

Ma la crisi dei 25 è vera crisi. È una rottura, una violenta spaccatura, proprio come voleva il significato originario della parola greca (Cacciari non mi maledire!).

E accettare uno spartiacque del genere in cui appena dietro di noi vediamo quel TUTTO così vicino, concentrato e intenso e davanti a noi ancora nulla, non facile proprio per niente. E ci sta pure un po' di disagio.

Anche perché una soluzione vera alla "crisi" non c'è, altrimenti non se ne parlerebbe poi più di tanto. Semplicemente, pian piano scolorisce, mano a mano che tutto ciò che abbiamo vissuto finora trova il suo posto nel passato e il futuro inizia a non sembrare poi così lontano.

Comunque, nel dubbio (e nella speranza) che un pizzico di quella pazza spensieratezza non mi abbandoni mai, vado di cliché, metto gli auricolari, chiudo gli occhi e per un secondo ho ancora 20 anni...

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