Donald Trump con le sue frasi sessiste continua a indignare le donne. E non solo negli Usa. Le sue uscite maschiliste, infatti, non sono un caso isolato, ma la punta di un iceberg. Lo sostiene Kelly Oxford, scrittrice e blogger canadese, che esorta a dire basta a ciò che definisce "cultura dello stupro". Per farlo, ha invitato le donne a raccontare su Twitter la prima volta che si è subita una violenza (che fosse una palpata al seno o uno stupro vero e proprio) con l'hashtag #notokay.

"Donne: twittatemi le vostre prime aggressioni. Non è solo statistica", ha scritto sul suo profilo Twitter. Ma Kelly non si è limitata a lanciare l'appello sul social, si è messa in gioco raccontando lei stessa la propria esperienza: "Un uomo anziano sull'autobus mi afferra tra le gambe e mi sorride, ho 12 anni".

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In due giorni hanno risposto in quasi dieci milioni 

L'appello non è caduto nel vuoto: in due giorni hanno risposto quasi dieci milioni di donne. Oxford ha contato due tweet al secondo. Le testimonianze, espresse nelle poche battute concesse dal social, parlano delle tante sfumature che la violenza maschile, verbale o fisica, può assumere. C'è chi racconta di essere stata violentata dal proprio ragazzo, chi di essere stata molestata da un amico di famiglia, chi ha dovuto subire sgradevoli attenzioni sul luogo di lavoro. Alcune donne parlano anche di stupri in ambito familiare. Nella maggior parte dei casi, i molestatori erano uomini più grandi e autorevoli, che abusavano della loro posizione di potere.

"Il coach di calcio mi ha toccato le tette di nascosto mentre mostrava come bloccare qualcuno a lezione di ginnastica. Avevo 13 anni", scrive Kate Spencer, scrittrice.

"Avevo 11 anni e un ragazzo più grande mi accompagnò a casa, poi si voltò e aveva il suo c***o di fuori. Ho appena realizzato: non ho alcun ricordo di ciò che è successo dopo", scrive Emily Lindin, executive director.

"Un vecchio dell'attrazione delle tazze mi tocca il c**o e le sue dita colpiscono anche la mia VAG mentre sono in fila per il gelato a Disneyland; avevo 14 anni", scrive Ginger Gonzaga, attrice della serie tv Togetherness.

Non sono solo "chiacchiere da spogliatoio" 

Le frasi sessiste di Trump risalgono ad alcuni anni fa, durante una "chiacchiera da bar" mentre il miliardario non sapeva di essere registrato. Proprio nei giorni scorsi, anche in Italia hanno fatto discutere alcune esternazioni a proposito delle donne da parte di un personaggio noto, il pugile Clemente Russo, impegnato in una conversazione "da spogliatoio" con Stefano Bettarini nella casa del Grande Fratello. Anche in questo caso, i due credevano di non essere sentiti. Facendo le dovute proporzioni, uno è il candidato alla Casa Bianca, l'altro un campione olimpionico di un piccolo Paese, il nostro, si tratta in entrambi i casi di uomini noti e, sebbene in modo diverso, potenti. Il fatto che si tratti solo di "chiacchiere da bar o "da spogliatoio" non diminuisce la gravità di certe affermazioni, al contrario. È nell'intimità che cadono le maschere sociali ed emergono quelle convinzioni sessiste e discriminatorie che ancora persistono e creano terreno fertile per i comportamenti aggressivi e la violenza sulle donne. Un problema che in Italia in modo particolare assume proporzioni drammatiche. È la "cultura dello stupro", di cui parla Kelly Oxford.

Una ragazza under20 su dieci nel mondo ha subito una violenza

Tra le donne che hanno accolto l'appello della blogger, moltissime raccontano episodi che risalgono alla pre-adolescenza, se non all'infanzia. Purtroppo questo dato non stupisce. Secondo i dati Unicef, circa un una ragazza sotto i 20 anni su dieci è stata violentata o costretta a subire atti sessuali. Nel nostro Paese, secondo un'indagine Istat di giugno 2015, il 10,6% delle donne ha subito violenze sessuali prima dei 16 anni. E il 65,2% dei figli delle vittime di violenza per mano maschile sono stati testimoni delle aggressioni.

Fermare la violenza che sotto varie forme colpisce le bambine è proprio l'obiettivo della campagna di sensibilizzazione dell'Unicef che culmina con la Giornata Internazionale delle bambine, che ricorre l'11 ottobre.

Raccontare la propria esperienza aiuta a cambiare le cose

L'invito di Kelly Oxford è un'opportunità per tutte. Se hai anche tu subito un'aggressione, fisica o psicologica, puoi raccontarlo con l'hashtag #notokay. Non è solo una forma di protesta, ma un'azione civile e una liberazione.

Troppo spesso siamo portate a sminuire certi fatti e a volte, addirittura, a viverli con senso di colpa, come se fossimo state noi ad attirare quello sguardo, a muovere quella mano. Parlarne, raccontare la propria esperienza aiuta a prenderne piena coscienza. A dare un nome a quell'episodio sgradevole o orrendo che tante di noi hanno seppellito nel proprio passato: quelle parole, quello sguardo, quel gesto hanno rappresentato davvero una violenza, che sia una aggressione fisica o una mancanza di rispetto, e non deve succedere mai più.

Rompere il silenzio vuol dire anche smettere di pensare: "Tanto, la maggior parte degli uomini sono così e lo sono sempre stati". Se sposiamo questo ragionamento, facciamo un torto a noi, ma anche a loro.

Nella foto, il candidato repubblicano Donald Trump discute con la figlia Ivanka Trump, sua moglie Melania Trump e sua nuora Lara Yunaska.

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