Se oltre a studiare, per avere un po' di soldi in tasca vorresti trovare un lavoretto, in un mondo perfetto verresti retribuita in voucher. Cosa sono i voucher? Si tratta del sistema di pagamento smart introdotto dallo Stato nel 2003, ma realizzato in pratica solo nel 2008, per regolamentare i lavori "accessori", cioè svolti in modo saltuario. Come la baby-sitter o la cameriera occasionale. Una soluzione apparentemente ideale, dunque, per eliminare il lavoro nero e stabilire un compenso minimo orario che corrisponde a un coupon di 10 euro, di cui 7,50 euro vanno al lavoratore. Questo meccanismo, però, è stato fortemente criticato da alcuni sindacati che avevano richiesto un referendum abrogativo. La risposta del governo è stato un decreto legislativo che di fatto elimina il sistema di pagamento a voucher. In pratica, da subito non verranno più emessi coupon, ma quelli già in possesso dei datori di lavoro saranno validi ancora fino al 2018. Ma perché in tanti sono contrari a questa modalità di pagamento? Abbiamo raccolto alcune testimonianze di ragazze cui è capitato di venire retribuite con i buoni lavoro. E un po' di dati e pareri degli esperti per cercare di saperne di più.

Come funzionano i voucher

Sono dei coupon convertibili in contanti erogati dall'Inps con cui il tuo datore di lavoro può pagarti una prestazione accessoria, cioè svolta in modo saltuario. Sono disponibili in tagli da 10, 20 e 50 euro, dei quali rispettivamente tu incassi 7,5 euro, 15 euro e 37,5 euro. Il resto garantisce la copertura previdenziale all'Inps e quella assicurativa all'Inail. In compenso, ciò che finisce nelle tue tasche, una volta che cambi il voucher in cash, è tutto tuo: è esentasse e non va indicato nella dichiarazione dei redditi.

In che modo li trasformi in contanti

La modalità è molto semplice. Dal momento in cui il tuo datore di lavoro ti consegna i voucher (che ha acquistato online sul sito dell'Inps o tramite l'internet banking di alcuni istituti), li puoi riscuotere (entro un anno dal giorno in cui sono stati emessi) presso tutti i rivenditori autorizzati, fin dal secondo giorno dopo il termine del lavoro che ti viene pagato. Per ricevere i soldi occorre solo mostrare, oltre al voucher, un documento come la tessera sanitaria o la carta d'identità elettronica, che riporti il tuo codice fiscale. In un anno puoi guadagnare con i ticket lavoro non più di 7.000 euro (fino a un anno fa il limite era di 5.000).

Il popolo dei voucher, un esercito di giovani donne

In nove anni i lavoratori a voucher sono aumentati in modo quasi esponenziale. Il sito d'informazione Valigiablu.it che su questo tema ha scritto un dossier approfondito, ha messo a confronto i dati dell'Inps, e sono impressionanti: nei primi 9 mesi del 2016 sono stati venduti 109,5 milioni di buoni, il 34,6% in più rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente (nell'intero 2015 erano quasi 88 milioni). Nel 2008 ne erano stati usai appena mezzo milione. E se all'inizio i lavoratori a voucher erano 25 mila, soprattutto pensionati e in maggioranza maschi (78%), oggi sono oltre un milione e 380 mila, hanno in media 36 anni e sono soprattutto donne, la categoria ancora oggi più penalizzata nel lavoro in Italia. Ecco perché se non sei mai stata pagata con i coupon, di sicuro hai almeno 4 amiche che invece conoscono già bene questo sistema.

Perché i buoni lavoro sono molto criticati

Quando sono stati introdotti, l'obiettivo era togliere dal lavoro sommerso diffuse forme di prestazioni occasionali come la baby-sitter, le ripetizioni, lavoretti di giardinaggio o le pulizie. Negli anni, però, il loro uso si è esteso a quasi tutti i tipi di lavoro, e in particolare nei settori dell'industria e del terziario, specie alberghi, turismo e commercio, e spesso sono la copertura di un pagamento in nero. In pratica, non è più il singolo che ti contatta per esempio per dare lezioni di matematica a suo figlio, ma un'azienda che in realtà ti fa lavorare full time e in modo continuativo, ma ti retribuisce come se fossi una lavoratrice occasionale, usando i buoni lavoro e dandoti il resto cash in nero. Così tutto sembra regolare, ma non lo è, e in più non godi di nessun diritto: non hai malattiaferie e ti possono lasciare a casa quando vogliono. Inoltre, secondo i calcoli dell'Inps, chi è pagato in questo modo, pur avendo delle trattenute previdenziali, non arriverà mai ad avere una pensione. Per tutte queste ragioni chi vuole abolire i voucher li considera nient'altro che una trappola che costringe sempre più giovani a lavorare in modo precario e senza tutele.

Cosa ne pensa chi è pagato così

Centinaia di migliaia di ragazze oggi sono pagate a voucher in diversi settori e per mansioni differenti. Alcune si lamentano, ma altre invece apprezzano il meccanismo. Ecco alcuni pareri raccolti in giro per Milano e in rete (i nomi sono stati cambiati a tutela delle lavoratrici).

Valeria, 32 anni, barista «Lavoro in un bar e sono retribuita in parte in voucher e il resto in nero da un anno e mezzo. Il vantaggio è che mi pagano subito, di settimana in settimana, non devo aspettare fine mese. Però se mi ammalo non ho nessun diritto».

Francesca, 24 anni, studentessa e cameriera occasionale «La scorsa estate per un mese ho fatto la cameriera in un ristorante dove mi pagavano in voucher. Secondo me è un'ottima soluzione: mi è capitato di fare la receptionist per tre mesi con un contratto a termine e avevo delle trattenute altissime in busta paga, invece i coupon lavoro sono tutti soldi che ti restano: li cambi e ricevi i contanti».

Lucia, 31 anni, insegnante «Insegno inglese in un istituto privato da due anni e mi hanno sempre pagata in voucher. Il mio giudizio è negativo: di fatto, sono una dipendente ma non posso mai ammalarmi e non ho le ferie pagate»

Sonia, 23 anni, commessa «Il limite dei 2 mila euro all'anno da un solo committente mi obbliga ad accettare di essere pagata in parte in nero e questo mi fa arrabbiare»

Il parere dell'esperta

Secondo Anna Zilli, docente di diritto del lavoro presso l'Università di Udine, il sistema dei voucher, pur avendo diversi difetti, non è da buttare ma, casomai, da correggere. Il problema maggiore, secondo l'esperta, è rappresentato dal fatto che oggi questa modalità è stata estesa a qualsiasi settore, senza limiti di età o di tempo. Abolire i buoni, però, sarebbe sbagliato. Il mercato occupazionale è cambiato ed è sempre più fluido e questo strumento può diventare davvero utile per creare e regolarizzare il lavoro. Occorre, però, porre dei paletti ben precisi in modo da ricollocarlo entro i confini dell'"accessorietà", ovvero le occupazioni saltuarie, i "lavoretti". Perché quanto guadagnato tramite i coupon deve essere solo un extra, e non il reddito principale.