Anche la tua vicina di scrivania al lavoro potrebbe essere vittima di violenza domestica. Lo dicono i dati Istat: se il 31,5% delle donne italiane ha subìto una forma di violenza fisica o sessuale, le probabilità che una tua collega abbia vissuto tali esperienze sulla propria pelle sono davvero alte. Ebbene, oggi per lei c'è almeno una buona notizia: la vostra azienda può aiutarla a trovare dentro di sé il coraggio di denunciare il proprio aguzzino. In che modo? Concedendole un congedo di lavoro per almeno tre mesi in modo da permetterle di rifugiarsi in un luogo sicuro per un ragionevole periodo di tempo. Lo prevede l'articolo 24 del D.Lgs 80/2015, il famoso Jobs Act, intitolato "Congedo per le donne vittime di violenza di genere":

La dipendente di datore di lavoro pubblico o privato, con esclusione del lavoro domestico, inserita nei percorsi di protezione relativi alla violenza di genere, debitamente certificati dai servizi sociali del comune di residenza o dai centri antiviolenza o dalle case rifugio, ha il diritto di astenersi dal lavoro per motivi connessi al suddetto percorso di protezione per un periodo massimo di tre mesi.

È una tutela molto importante. E non riguarda solo le donne con contratto di assunzione, ma anche quante hanno un rapporto di collaborazione coordinata e continuativa. Per ottenere il congedo (di cui è possibile usufruire una sola volta nell'arco di 3 anni), occorre farne richiesta al datore di lavoro o al committente con almeno 7 giorni di preavviso, ma la norma prevede anche uno strappo a questa regola grazie alla postilla: "salvo casi di oggettiva impossibilità".

La legge regolamenta anche lo stipendio. Ovvero il mantenimento della contribuzione e delle indennità previdenziali:

Durante il periodo di congedo, la lavoratrice ha diritto a percepire un'indennità corrispondente all'ultima retribuzione, con riferimento alle voci fisse e continuative del trattamento, e il periodo medesimo è coperto da contribuzione figurativa. L'indennità è corrisposta dal datore di lavoro secondo le modalità previste per la corresponsione dei trattamenti economici di maternità.

Non solo: anche le ferie sono salve. Nel periodo in cui si resta assente dal lavoro per compiere il percorso necessario per uscire dall'emergenza, la donna continuerà a maturare le ferie e l'anzianità aziendale utili per il conteggio della tredicesima e del tfr.

Per andare incontro alle esigenze di ciascuna, la legge prevede anche la possibilità di usufruire del congedo sia su base oraria, sia giornaliera, oppure di richiedere il part-time fino a quando il periodo di difficoltà non sarà superato:

La lavoratrice ha diritto alla trasformazione del rapporto di lavoro a tempo pieno in lavoro a tempo parziale, verticale od orizzontale (…), che deve essere nuovamente trasformato, a richiesta della lavoratrice, in rapporto di lavoro a tempo pieno.

La prima vittima della violenza di genere, specie quella domestica, è l'autostima e la volontà della donna che ne subisce le conseguenze. È per questo che qualsiasi difficoltà assume dimensioni gigantesche, e si finisce per rimandare la decisione di fuggire rendendosi irreperibile. Andare via di casa ed evitare per un po' tutti i luoghi dove l'uomo violento potrebbe rintracciarti, luogo di lavoro incluso, infatti, resta l'unica via di salvezza. «Dove andrò?», «Come farò a mantenermi?», «Che ne sarà di me?», ci si chiede in questi drammatici momenti. Sapere di poter mantenere facilmente il proprio posto di lavoro e stipendio fino a quando non ci si sentirà di nuovo al sicuro è una grande cosa. Almeno, fino a quando non riusciremo con l'apporto fondamentale degli uomini a superare i pregiudizi culturali sessisti e violenti nei riguardi delle donne. Che purtroppo in Italia sono ancora estremamente vivi, come dimostra questo esperimento sociale realizzato dalla campagna Punto su di te di Pubblicità Progresso a favore della parità di genere.

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