Da sempre fan di Kylie Minogue, Antonella Sinigaglia ha avuto l'idea di creare una piattaforma online dove tutti gli appassionati e collezionisti di cd, vinili e cimeli vari potessero condividere, accrescere e scambiarsi i propri tesori. Ed è così che è nato Fannabee, uno strumento prezioso per chi ama la musica a 360 gradi. Quello di Antonella è doppiamente un lavoro da sogno, perché fa quello che ama e perché ha realizzato un desiderio che coltiva fin da ragazzina. Ci siamo fatte raccontare come ci è riuscita.

Come ti è venuta l'idea di Fannabee?

«Dal 2001 gestisco la community ufficiale italiana di Kylie Minogue, di cui sono fan sfegatata e super collezionista. Entrando in contatto con altri appassionati come me, ho avuto modo di verificare che la mia esigenza di catalogare precisamente tutti i vinili, cd, e cimeli vari era condivisa da molti. Era, infatti, uno degli argomenti di discussione più frequenti: si parlava spesso del fatto che non di rado capitava di acquistare duplicati (di vinili e cd per esempio) anche costosi, per poi scoprire di averli già acquistati! In effetti,  quando possiedi migliaia di pezzi (una collezione media va dai 6.000 ai 15.000), perdere il conto dei dischi collezionati o dimenticarsi di possedere una particolare variante, è più semplice di quel che si pensi».

A chi si rivolge questa piattaforma?

«Fannabee è la piattaforma dedicata ai collezionisti di musica per catalogare, vendere e comprare cd, vinili e memorabilia, ovvero la maglietta acquistata durante un concerto o il biglietto stesso! Si rivolge a tutti gli appassionati di musica, in primis ai collezionisti, che hanno esigenze molto specifiche riguardo le informazioni sui dischi, ma anche ai DJ e ai negozi di musica online e offline».

Come funziona, in pratica?

«Grazie a Fannabee gli utenti possono catalogare tutti i propri dischi in un click, semplicemente cercando l'artista o il nome del disco e cliccando su "ce l'ho". Ogni azione permette di guadagnare punti e di scalare la classifica per diventare il fan numero uno dell'artista e dimostrare la propria expertise. Oltre a offrire le discografie collezionabili già pronte di oltre 4 milioni di musicisti di tutto il mondo a partire dagli anni 50, la piattaforma dà la possibilità di importare la collezione raccolta tramite un file Excel e di convertirla in digitale. Così gli utenti si ritrovano i propri cimeli ordinati in una bellissima interfaccia, che oltretutto è possibile usare ovunque sei».

I fan possono anche scambiarsi o vendere i "doppioni"?

«Certamente. Oltre all'organizzazione di memorabilia, infatti, Fannabee promuove la formazione di community di fan e la creazione di un marketplace dove gli utenti stessi possono mettere in vendita i propri doppioni, aggiungere ai preferiti e acquistare direttamente dagli altri fan. L'obiettivo della piattaforma è proprio cambiare il mondo dei fan per sempre, offrendo un'esperienza il più completa possibile, dove il collezionismo e il marketplace si integrano e completano a vicenda». 

Quanto tempo c'è voluto per trasformare la tua idea in realtà?

«Nel 2004 è stato lanciato il primo progetto di prova (il termine tecnico è MVP, minime viable product).  Si trattava di un sito molto semplice, distribuito a una ristretta cerchia di fan europei di Kylie Minogue, da me selezionati, che offriva la sola possibilità di catalogare manualmente gli oggetti posseduti. Ho ripreso in mano l'idea nel 2013 dopo aver maturato maggiore expertise nell'ambito del mio lavoro come UX/UI designer, arricchendola di funzionalità e novità. Ho lavorato molto duramente per testare il mercato, trovare i fondi necessari allo sviluppo e consolidare il team. Non è stato facile, in alcuni momenti ti senti scoraggiata, ma posso dire allo stesso tempo di aver imparato molto».

Quanto è stato importante essere tu stessa una fan, nel tuo caso di Kylie Minogue, per il percorso professionale che hai fatto?

«È stato fondamentale: senza la mia passione per Kylie Minogue probabilmente non avrei sviluppato questa idea. Allo stesso tempo, poter contare su una community che conosci, ascolti e con la quale interagisci a volte anche quotidianamente è fondamentale, aiuta a girare il volante nella giusta direzione, a sviluppare una funzionalità piuttosto che un'altra. Soddisfare le esigenze dei diretti interessati è la cosa più importante».

L'ostacolo più grande che hai incontrato?

«Ce ne sono stati molti, a dire il vero. Di certo ottenere i primi investimenti è stato uno dei più difficili. Per far partire il progetto ho deciso inizialmente di investire piccole somme personali e di circondarmi di validi collaboratori che credessero quanto me nell'iniziativa e ci mettessero del proprio. Per la fase di startup ci siamo rivolti a H­Farm che ha incubato Fannabee quando era ancora solo una presentazione, dopodichè abbiamo ricevuto finanziamenti dalle banche che ci hanno supportato nell'ultimo periodo».

Che studi hai fatto?

«Ho una formazione economica, ma la mia anima da esteta non ha resistito a lungo senza seguire la sua vera vocazione. Pertanto negli anni successivi ho ripreso in mano gli studi e mi sono specializzata in Digital Design iniziando così la mia carriera professionale come UI/UX designer lavorando per diverse multinazionali e altre startup».

Nel tuo settore conta di più avere una laurea, un master o l'esperienza?

«Così su due piedi risponderei: meglio nessuna laurea e tanta buona volontà unita all'esperienza sul campo. È innegabile che gli studi siano importanti, ma nella mia esperienza ho incontrato moltissime persone che dopo aver conseguito la laurea erano molto lontane dal saper affrontare task specifici richiesti, anche semplici. Forse il problema è che c'è ancora troppo divario tra ciò che si studia e il mondo del lavoro».

Nel digital in Italia le donne sono ancora poche rispetto agli uomini: secondo te perché? 

«Credo che alla base ci siano pregiudizi, spesso inconsapevoli, che condizionano le scelte formative delle ragazze e, di conseguenza, il loro inserimento nel mercato del lavoro. Da una parte la cultura prevalente e la famiglia esercitano un'influenza importante sui comportamenti e le attitudini delle ragazze fin da piccole. Dall'altra penso che dovremmo sensibilizzare le giovani studentesse italiane sulla necessità di colmare il divario di genere nella scienza, nella tecnologia e nella ricerca».

Tre consigli da dare a una ragazza che sogna di lanciare una startup nel mondo digitale?

«Per prima cosa, le direi: "Se lo puoi immaginare lo puoi fare", che è il mio motto. E poi è importante circondarsi delle persone giuste, evitando di ritenersi dei super eroi che fanno tutto da sé. Mi rendo conto di quanto questa cosa sia complicata, ma non bisogna demordere. Io ci sto ancora lavorando e sono continuamente alla ricerca di persone che hanno voglia di fare la differenza. Altro consiglio: non mollare mai, per quanto sia difficile. Perché non conta quante volte cadi, ma quante volte ti rialzi. Infine, non meno fondamentale, devi innanzitutto credere in te stessa. Dicono che l'autostima sia uno dei segreti del successo. Hanno ragione».