Vuoi fare un'esperienza in una ong in giro per il mondo? Vai su LinkedIn. Il social network del lavoro è sempre più usato anche dalle organizzazioni non governative internazionali per reclutare personale a contratto. Le posizioni sono il più delle volte specialistiche e la tempistica è quasi sempre dettata dall'emergenza, ma le opportunità interessanti sono sempre di più, anche perché in questo settore il turnover è molto alto e, quindi, c'è costante necessità di cercare nuovi collaboratori. Non a caso, il network professionale da tempo ha lanciato una sezione dedicata, LinkedIn for Nonprofits, dove le organizzazioni trovano tutti gli strumenti per cercare personale tra gli oltre 10 milioni di utenti italiani (100 milioni nel mondo) oppure postare le proprie inserzioni negli appositi spazi, gli "Job Slot", sulla propria pagina. A usarla sono ong come Emergency, Oxfam, Medici senza Frontiere…

Il no profit ha sempre bisogno di te

«La nostra realtà che oggi conta di 2.788 collaboratori espatriati sparsi nei nostri ospedali nel mondo e di 268 persone nello staff interno, ha sempre bisogno di nuovi collaboratori», spiega Rossella Miccio, neo presidente di Emergency. «Abbiamo un ufficio che si occupa di recruiting e spesso si trova a cercare figure professionali molto specifiche, in particolare medici, e in emergenza». Laureati in medicina, infermieri, esperti in logistica, per quanto riguarda Emergency, ma anche agronomi, veterinari, psicologi e informatici in altre ong, sono infatti le professioni più ricercate nel settore della cooperazione internazionale. Ma a parte le competenze specifiche, ci sono alcune soft skill particolarmente richieste dalle organizzazioni non governative.

Le soft skill richieste dalle ong

«Noi per esempio non cerchiamo neolaureati ma medici anche giovani ma di esperienza, che possano fare da tutor a personale medico local», spiega Miccio. «Altre qualità per noi indispensabili, sono l'umanità e l'equilibrio: i nostri collaboratori infatti si trovano a lavorare in condizioni spesso molto drammatiche, come durante l'epidemia di Ebola nel nostro ospedale in Sierra Leone. Inoltre, per lavorare per Emergency occorre avere una forte motivazione: bisogna infatti essere disposti a mantenere l'incarico e restare all'estero per almeno 6 mesi». Va da sé, dunque, che se vuoi partire per una missione non basta essere laureata in medicina o essere infermiera, devi avere una mentalità aperta, saper lavorare in gruppo e vivere in una comunità ristretta, rispettare con scrupolo i severi protocolli di sicurezza dell'organizzazione, frutto di anni di esperienza, ma anche la cultura locale.

Come avviene il recruiting

Ma come avviene la selezione del personale in Emergency, dopo che arrivano le candidature tramite l'app di LinkedIn? «Come primo step leggiamo i cv, quindi prendiamo in considerazione i profili professionali che ci interessano. Una difficoltà che riscontriamo è che i medici occidentali sono fin troppo specializzati: magari ci sono chirurghi bravissimi per la mano sinistra, mentre da noi devono essere in grado di fare di tutto. Il secondo passo è il colloquio che avviene nella nostra sede a Milano, oppure via Skype, se sono stranieri, ovvero il 30% dei nostri espatriati. Infine, prima di partire viene fatto loro un briefing preparatorio».

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