Ti hanno sempre detto che a programmare i computer sono bravi solo i maschi possibilmente nerd? Niente di più sbagliato. Basta guardarsi indietro di una cinquantina d'anni per scoprire che il software dei computer è un lavoro per donne. Proprio così, ai suoi albori l'informatica faceva lavorare molte programmatrici, e in ruoli altamente qualificati. La prova? Questo articolo di Cosmopolitan, dal titolo The Computer Girls.

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L\'articolo sulle "ragazze del computer" apparso su Cosmopolitan Usa

È stato pubblicato nientemeno che nel 1967, sul numero di aprile, tra un pezzo sulle neolaureate giapponesi e un altro intitolato A Dog Speaks: Why a Girl Should Own a Pooch (Un cane parla: perché una ragazza dovrebbe prendersi un cucciolo)

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La copertina del numero di aprile 1967 di Cosmopolitan Usa dove è apparso l\'articolo

Lo ha citato di recente un lungo articolo dell'agenzia di stampa Usa Bloomberg (ripreso anche dalla 27Ora del Corriere della Sera) a commento dell'infuocata polemica innescata quest'estate da James Damore, un ingegnere di Google. Damore aveva criticato il programma aziendale del colosso di Mountain View per promuovere la parità di genere sottolineando, tra le altre cose, che se nella Silicon Valley le programmatrici di software sono una stretta minoranza, la ragione sarebbe biologica. Secondo l'ingegnere, infatti, le ragazze sono meno portate per le materie Sten e digital poiché in questi campi gli uomini risultano in ogni caso naturalmente privilegiati: la loro battaglia, dunque, sarebbe stata persa in partenza. Damore è stato licenziato, ma i suoi pregiudizi persistono e sono diffusissimi.

Quante volte ti sei sentita dire che le ragazze non sono portate per la matematica, o che una donna non capisce nulla di computer? Sono preconcetti così radicati, che spesso finiamo per crederci pure noi. E invece…

E invece la storia gloriosa della rivoluzione informatica è stata scritta anche grazie a molte donne che, anzi, dominavano l'area software, tanto quanto invece gli uomini erano concentrati maggiormente nell'hardware. Lo sapevi per esempio che il primo codice l'ha scritto una matematica donna, Ada Lovelace, intorno al 1840? Figlia di Lord Byron, si era dedicata a studiare l'utilizzo di ciò che oggi viene considerato l'antenato del computer moderno, una macchina disegnata dallo scienziato inglese Charles Babbage. Gli appunti di Ada Lovelace contengono una vera e propria programmazione informatica.

L'articolo di Bloomberg racconta anche di quando nel 1943 un team di ricercatori uomini dell'Università della Pennsylvania iniziò a costruire Eniac, il primo computer di uso generico degli Stati Uniti. Quando arrivò il momento di assumere dei programmatori, vennero scelte sei persone, tutte donne.

Il settore del software era pionieristico, ma ogni qualvolta un'impresa si dotava di un'area di calcolo ed elaborazione dati, ecco che i suoi uffici erano dominati dalle programmatrici, descritte come donne meticolose, attente ai dettagli, emancipate e dall'aspetto curato. Ed è a questo punto che entra in scena Cosmopolitan, allora diretto dalla mitica Even Helen Gurley Brown che intuì da subito le incredibili opportunità di questo lavoro emergente. "Una stagista guadagna 8.000 dolari all'anno, una senior systems analyst oltre 22.000!", sottolinea nell'attacco Lois Mandel, autrice dell'articolo. Il nascente mondo dell'informatica veniva salutato come un settore lavorativo immune dalla "discriminazione sessuale nelle assunzioni" in quanto i datori di lavoro per una volta preferivano le donne. "Ogni azienda che utilizza o utilizzerà un computer è motivato ad avviare le donne a un percorso di formazione per la programmazione", scriveva ancora Mandel cinquant'anni fa.

Da allora, le cose sono completamente cambiate. Cosa è successo? Come mai le donne sono state buttate fuori dal software e soppiantate da un esercito di maschi smanettoni?

Secondo lo storico Nathan Ensmenger, autore di The Computer Boys Take Over, nel momento in cui gli uomini si sono accorti che la programmazione informatica si stava rivelando un settore strategico nella new economy, se ne sono appropriati. E per rimarcare l'importanza del proprio apporto, ne hanno fatto una professione con una forte identità maschile, che di fatto escludeva le donne. «Il software è stato così gradualmente e deliberatamente trasformato in una disciplina di alto livello scientifico ed esclusivamente maschile», osserva Ensmenger.

Per la selezione del personale informatico sempre più aziende hanno iniziato ad adottare test mirati a premiare predisposizioni e attitudini plasmate sugli stereotipi maschili, sebbene diversi studi abbiano appurato la loro inutilità nell'individuare effettivamente un buon programmatore. Ma questi test di fatto costituirono un'ulteriore barriera all'accesso delle donne alla professione.

E veniamo agli anni più recenti. Outsider come Mark Zuckerberg e film come The Social Network hanno contribuito a consolidare il mito del programmatore in jeans e felpa con il cappuccio, eccentrico, solitario, allergico alle regole e alle convenzioni sociali e rigorosamente maschio alfa. Insomma, tutto il contrario delle qualità che contraddistinguevano le prime leggendarie programmatrici.

La cattiva notizia, dunque, è che per molti anni, a causa di un atto diffuso di prevaricazione maschile a tutti i livelli, apicali e orizzontali, noi donne siamo state estromesse da un settore nel quale avremmo potuto dare, e ricevere, molto di più.

La buona notizia (perché ci deve essere sempre anche quella buona) è che, alla luce di quanto è realmente successo (facciamolo conoscere!), il fatto di essere nata donna non deve più costituire alcun ostacolo, se ti interessano le materie Sten e l'informatica.

Anzi, è ora di recuperare il tempo perduto!

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