Premessa. Qualche anno fa, al mio secondo giorno da praticante giornalista, già puntavo come Willy il coyote alla direzione di un grande giornale. Il mio unico dubbio era: sarei rimasta in un femminile o avrei preferito il Corriere della Sera o qualche altro quotidiano nazionale? Ah beata gioventù...

Da quel punto in poi ho cominciato la mia scarpinata, piano piano passo passo, come un alpino bergamasco (vengo da quelle terre), che fa leva su una caparbietà da Capricorno. 

A questo aggiungici un'inclinazione caratteriale, forse dovuta alla contrapposizione astrologica tra segno e ascendente (Leone sic!), a passare nel giro di pochi minuti, in modo bipolare, da una personalità dura-chiusa-introversa (illudendomi di sembrare Miranda Priestley in Il diavolo veste Prada!) a un'altra da cabarettista, in vena di scherzi-rumorose risate-chiacchiere da bar. 

Insomma, visto che l'universo ha sempre 10 decimi, nel gennaio 2013 è arrivata quella che doveva rivelarsi per me una svolta epocale… Il direttore precedente lasciava, il nuovo ancora non si trovava e, come più alta carica in grado, mi toccava da caporedattore centrale prendermi "a tempo" l'onore e l'onere dei mesi di passaggio. Bene, con uno stuolo di validi testimoni di comprovata onestà, posso dichiarare che la mia reazione è stata simile al panico che può scatenarsi alla vista di un grizzly a dieta da un mese che ha nel piatto solo te…

In un magazine vanno prese dalle 99 alle 99.999,9 periodico piccole e grandi decisioni ogni giorno. Una congiunzione stile Legge di Murphy ha fatto sì che la collega che - mentre io facevo il direttore - avrebbe dovuto diventare me si è assentata. Così mi sono ritrovata a… parlare da sola. Ti spiego meglio: di solito il compito di un caporedattore è tenere monitorato il flusso del lavoro e alla bisogna (quando cioè qualche merd*** sta per cadere sulla scrivania del direttore) sottoporre alla sua attenzione il problema, dare - nel caso si siano trovate - due o tre soluzioni e a seconda del carattere dell'una e dell'altra buttare lì la propria scelta. Bene, spesso alle 20.30 di sera mi ritrovavo a spiegare la situazione al mio alter ego, girare dall'altra parte del tavolo e cercare di darmi una risposta. Questa rimane ancora oggi una delle gag più divertenti di quel "terrorifico" periodo (e che nei momenti di "oggi per la Bolgiani è brutta" ritorna a galla per farmi capire che potrebbe pure andare peggio). Insomma, anch'io ho avuto i miei 4 minuti di sdoppiamento di personalità! 

Gestione della redazione. Eh sì, qui devo fare outing! Una delle cose che amo di più del mio ruolo è il rapporto stile "Doctor is in" con i colleghi, che è fatto di fiducia, ascolto, confidenze (mooolto private) e supporto reciproco costruiti nel tempo su love affair & di più. Bene, quando non ti resta neppure un secondo perché la mattina alle 9 sei già in terribile ritardo sul lavoro del giorno dopo e vorresti solo una spalla su cui "disperarti", l'arrivo nella stanza dell'ennesimo "perché solo a me?!" ti fa immediatamente passare dal problem solving al problem revolving ;-) Sì, perché è inutile che ci raccontiamo che al lavoro bisogna saper distinguere pubblico e privato… Noi a Cosmo siamo un mix tra liceali da sitcom americana con vite piene zeppe di cas*** che vanno dal 2,9 della scala Richter al 9,9 a una equipe da sala chirurgica superspecializzata dove tutto è organizzato al dettaglio! N. B. Molti dei pezzi che leggi nascono da capannelli davanti alla macchinetta del caffè,  e poco importa se gli occhi lucidi sono da attribuire al ridere, al piangere o a nottate impegnative. 

Della serie la fortuna è cieca ma la sf*** ci vede benissimo... Il mio ad interim ha coinciso giusto giusto con il periodo delle sfilate milanesi. Nella fantasia di "ragazza di provincia" sarebbero dovuti essere momenti bellissimi, fatti di auto (meglio se limousine) che ti portano da un lato all'altro della città, da un palazzo d'epoca a un nuovo corner di design, avvolta in abiti elegantissimi con il solo pensiero di godere di stile, glam, top model/abiti/allestimenti/musiche meravigliosi, per finire a sera con un cocktail in mano bella e profumata al party dello stilista di grido. Ecco, in parte è così, ma c'è dell'altro! Per capirlo mi è bastato vedere il volto del fashion director trasfigurare come il ritratto di Dorian Gray, le griffe accumulare ritardi (che neanche quelli del ciclo…), i fotografi ammucchiati gli uni sugli altri tipo i piccioni sulla statua equestre di Vittorio Emanuele II al Duomo. Ma quel che mi ha sfiancato sono state le corse sui tacchi e il digiuno forzato spezzato solo da caramelle anti calo di zuccheri: altro che fashion e lustrini, per reggere la settimana della moda bisogna essere dei marines.   

Ognuno ha le sue, ma io le ho tutte. È il mio #quoteofthelife. E in quel "io le ho tutte" c'è anche un look che non definirei precisamente da rivista patinata! Per farti capire: anni fa c'era un mio amico-collega che nei momenti di dark-mood mi accoglieva con: "ehi Bolgia stamattina ti sei gettata nell'armadio dopo esserti cosparsa di colla?".  Ma tra i "doveri" di un direttore c'è anche quello di prestare attenzione in modo opportuno e appropriato alla propria immagine, che ovviamente è anche il biglietto da visita del giornale (in genere sono professioniste che hanno risolto la questione già dai tempi delle Medie). Ecco, la mattina era per me il momento più duro: mi vestivo con il solito jeans & maglietta (quasi una divisa tipo tuta blu), poi mi ricordavo che erano i miei due mesi di sovraesposizione e respirando a ritmo di Ohm chiamavo in mio soccorso le dee dell'Olimpo dello stile, come Coco Chanel, Yves Saint Laurent e Diana Vreeland, per azzeccare il mix.

Driiiin, le telefonate intercontinentali. Talvolta, a fine giornata, bollita come una vecchia gallina da brodo, arrivavano le chiamate dagli States - Cosmopolitan è un magazine internazionale con una Casa Madre a New York - sì, immagina la tua e capisci cosa intendo - molto presente. Benissimo, lì devi avere chiaro in testa tutto il numero in lavorazione e, spesso, è mentre parli con loro che capisci come farai un articolo di cui ancora non hai neppure discusso in riunione! Il tutto da gestire con il mio inglese che fa il paio con quello sfoggiato da Matteo Renzi.   

Ma se credi che un direttore faccia troppo poco… Vorrei farti un freddo & sintetico elenco: riunioni di redazione di solito divise per attualità, moda e beauty per decidere gli argomenti, discussione minuziosa di come si vuole trattare un tema e quindi visione delle "scalette" di ogni pezzo, ultima parola sulla prescelta delle immagini e impaginati, sequenza dei vari pezzi (ovvero ordine di apparizione nel giornale). Supervisione del sito, di twitter, instagram, snapchat ecc. E fin qui c'è la parte divertente!! Poi chilometri di firme su qualsiasi carta per approvare dal borderò all'ultima nota spese. Un flusso di mail che fa sembrare il Rio delle Amazzoni un torrentello della Val Brembana. Accoglienza per pr con l'ultima novità del marchio ed esperti di ogni titolo e grado. E ancora i viaggi in giornata in qualsiasi sede europea per meeting di vario genere (che diventano un weekend se si attraversa un oceano). Incontri più o meno simpatici con direttore del personale, direttore amministrativo, publisher, direttore pubblicità, amministratore delegato…  

Epilogo. Al termine dei due mesi sono felicemente tornata caporedattore centrale e mi è stato ancora più chiaro che quello che noi facciamo sia indiscutibilmente il "Lavoro più bello del mondo" e - come dicono alcuni - "Sempre meglio che lavorare" con la variante "La miniera è un'altra cosa"… Così, per quanto a certi livelli sia davvero dura, cara lettrice che hai avuto la tenacia di arrivare fino in fondo ti dico di proseguire convinta nel tuo meraviglioso sogno! Perché l'adrenalina che ti arriva dal lavorare con gioia & passione è impagabile. Credici, impegnati, divertiti, sii curiosa e soprattutto umile, e quando sarai direttore di Cosmopolitan o del Corriere delle Sera ricordati di me: mi basta una mail di saluti ;-) 

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