Vuoi farti notare dall'azienda dei tuoi sogni, quella dove ti piacerebbe lavorare da sempre? Invece del cv, invia un'idea! È l'intuizione geniale di Marianna Poletti, 26 anni, di Milano, che due anni fa, a soli 24 anni, ha fondato Just Knock, la piattaforma digitale dove giovani di talento come te possono entrare in contatto con le aziende proponendo, appunto, un proprio progetto. Il quartier generale della startup è a Copernico, l'innovation lab nel cuore di Milano che nei suoi 15.000 mq. ospita uffici, spazi di lavoro flessibile, coworking e servizi di supporto per il business di imprese e iniziative di formazione (oltre a bar, palestra, cinema e sale meeting). Marianna lavora insieme alla co-founder Arianna Marin e a uno staff al 90% femminile, età media 27 anni. Ma come è riuscita a trasformare un'intuizione in una realtà imprenditoriale di successo? Ecco che cosa ci ha raccontato.

Come ti è venuta l'idea di Just Knock?

«L'idea, come spesso accade, è nata innanzitutto dall'esperienza diretta, cioè da una situazione sperimentata da tutti noi di Just Knock studiando all'università. Tanti progetti di business realizzati in aula, e nessun modo per comunicarli in maniera tutelata alle aziende. La difficoltà di trovare lavoro e di far notare i propri talenti tra i mille cv che si accumulano sulle scrivanie dei manager, poi, ci ha fatto pensare: "Possibile che oggi si venga ancora valutati per i numeri e la lista di esperienze su un foglio di carta? E se invece fossero proprio le nostre idee a farci trovare un lavoro?". A quel punto abbiamo capito che i progetti potevano davvero essere il mezzo migliore per far emergere le unicità di chi si propone permettendo anche alle aziende di capire le reali competenze del candidato».

Come funziona?

«È una piattaforma che rivoluziona il modo di trovare lavoro, permettendo a giovani brillanti di contattare le aziende inviando idee al posto del cv. Il funzionamento è semplicissimo: gli utenti si iscrivono gratis e, una volta compilato il profilo, visitano le linee guida delle aziende presenti nel network (Adidas, Decathlon, Poliform, Valsoia ecc...) dopodiché possono decidere in qualsiasi momento di inviare un'idea (di prodotto, marketing, digital...) oppure di rispondere a una delle missioni proposte dai brand finalizzate a specifiche opportunità di lavoro messe in palio. In entrambi i casi, l'azienda in un primo momento vede la proposta, ma non la tua identità: scoprirà chi sei (e come contattarti) solo se valuterà positivamente il tuo progetto. Non ci sono sbarramenti all'entrata basati su pregiudizi come l'università di provenienza o il voto di laurea».

Dunque, chiunque può iscriversi?

«L'anno scorso siamo partiti limitando l'iscrizione agli studenti di alcune università per testare il prodotto, ma da settembre 2015 l'iscrizione è aperta a tutti. Chiunque può avere una buona idea e ha il diritto di conquistare il suo posto di lavoro dimostrando cosa sa fare».

Gli ostacoli maggiori che hai trovato agli inizi?

«I momenti difficili sono stati tanti, soprattutto all'inizio, quando bisognava trovare qualcuno che credesse nel progetto tanto quanto noi. Ma poi da un'unica azienda cliente siamo arrivati in breve a una ventina, i soci da 2 sono diventati 5 e ora siamo un team solido che sta trasformando un sogno in un'azienda. Ovviamente una startup è una sfida continua e le difficoltà non finiscono mai: ogni sera andiamo a dormire con la consapevolezza che oggi ce l'abbiamo fatta, ma domani riparte una nuova conquista. È come far viaggiare le proprie emozioni sulle montagne russe».

In che modo hai superato i momenti più difficili?

«Ci vuole coraggio, carattere e un po' di sana follia. Nessuno ti dà fiducia se non sei la prima a dartela: l'atteggiamento mentale con cui affronti una simile impresa contribuisce alla maggior parte del suo successo. Tutte le più grandi aziende sono partite da un'idea scarabocchiata su un foglio di carta. Non credo che Zuckerberg, Jobs o Bezos agli inizi abbiano mai avuto anche solo per un istante la certezza che un giorno sarebbero diventati i founder di realtà dal successo così straordinario. Semplicemente, ci hanno creduto, anche (e soprattutto!) nei momenti in cui tutto e tutti sembravano consigliare loro di abbandonare l'impresa».

Quando hai capito che ce l'avevi fatta?

«Ti rendi conto che ciò che hai messo in piedi ha un valore quando non sei più tu a inseguire gli altri, ma sono gli altri a cercarti per saperne di più e chiedere una collaborazione. Un'emozione bellissima».

Per trovare lavoro tanti ragazzi puntano su master che fanno cv: è un concetto superato?

«È il classico modello di selezione basato sul curriculum a essere superato perché i cv sono molto simili tra loro e poco personalizzabili, così i manager non riescono a riconoscere le effettive potenzialità dei candidati. Il mercato del lavoro è in forte evoluzione e, di conseguenza, anche le competenze richieste si trasformano, diventando trasversali e più orientate al problem solving. Continuare a misurare le capacità dei candidati su esperienze curricolari e voti, dunque, rappresenta un limite che impedisce spesso di individuare nuove risorse di talento. Bisogna ripartire dalla necessità di ascoltare ciò che hanno da dire i ragazzi: oggi per le aziende possono rappresentare un prezioso punto di vista. Chiunque ama una marca al punto da elaborare un'idea su misura, ne fa fa già potenzialmente parte».

Come stanno rispondendo le aziende?

«Molto bene. Nonostante la nostra formula rivoluzionaria richieda di rimettere in discussione processi interni consolidati, i brand più lungimiranti sono i primi a comprendere che l'innovazione, anche in ambito HR, è necessaria per mantenere un vantaggio competitivo e sopravvivere in un mercato in continua evoluzione. Oggi si torna a valutare le persone invece dei numeri».

Quali consigli dai a una ragazza che ha avuto un'idea geniale e vuole proporla al brand giusto?

«Prima di proporre qualcosa di nuovo è importante studiare il mercato, analizzare ciò che già esiste. Così da un lato strutturi meglio il tuo progetto e dall'altro fai capire all'azienda alla quale ti vuoi rivolgere che oltre a intraprendenza, motivazione e creatività, possiedi una buona capacità di analisi. Le aziende non si aspettano semplicemente il colpo di genio, ma un'idea di progetto da cui emerga una chiara visione condivisa. In definitiva, a loro interessa soprattutto capire come ragioni. Anche noi abbiamo inserito nel nostro staff una ragazza dopo che ci ha proposto un'idea di comunicazione per migliorare la presenza di Just Knock sui social!».

Quali errori invece sono da evitare?

«Lo sbaglio più comune è inviare progetti poco personalizzati, che non fanno emergere la motivazione che c'è alla base e la passione per quella specifica azienda. Il mio consiglio è: dimostra impegno e passione, fai capire chiaramente che il progetto che stai proponendo lo hai pensato proprio per quel brand perché ami i suoi prodotti o servizi. Se un manager riesce a individuare queste caratteristiche, non si farà certo scappare il tuo talento. Noi abbiamo creato una porta, sta a te bussare!».