Lo so, suona strano, ma se vuoi trovare lavoro, il colloquio ideale è un appuntamento al buio. Hai presente la puntata di Mozart in the Jungle 3 dove l'oboista Hailey fa un'audizione nella speranza di rientrare nell'Orchestra Filarmonica di New York? Be', se non l'hai vista, sappi che le viene chiesto, come a tutti i candidati, di suonare dietro a uno schermo, in modo da risultare invisibile agli esaminatori. Più al buio di così...

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Lola Kirke è l\'oboista Hailey nella serie tv Mozart in the Jungle

Non è un'invenzione della sceneggiatura: si chiama blind recruitment ed è una modalità di selezione del personale normalmente praticata nel settore musicale. In pratica, è un tipo di colloquio di lavoro dove il selezionatore ignora appositamente l'aspetto dei candidati per una valutazione il più possibile priva di pregiudizi. E il più grande pregiudizio, già lo sai, riguarda il genere: a parità di formazione e competenze, un uomo tuttora (negli Usa come in Italia) non solo ha più chance di essere assunto rispetto a una giovane donna, ma riesce anche ad aggiudicarsi un compenso più alto.

Non è un caso, quindi, che una delle prime realtà lavorative a ricorrere al colloquio al buio per rinnovare i propri membri sia stata nel 1980 proprio un'orchestra, la Toronto Symphony Orchestra, fino ad allora prevalentemente maschile. Grazie al blind recruitment, il suo staff di musicisti risultò composto da uomini e donne al 50%, a riprova che il talento non ha sesso.

Così hai il 50% di possibilità in più di venire assunta

Anzi, secondo uno studio del 2000 condotto da due economiste, Claudia Goldin dell'Università di Princeton e Cecilia Rouse del dipartimento di Economia di Harvard, questa modalità di valutazione aumenta del 50% le probabilità che venga scelta una donna. E grazie all'uso dello schermo, viene selezionato in media il 5% in più di musiciste rispetto ai colleghi uomini.

La buona notizia è che questa particolare tecnica di selezione adattata a qualsiasi professionalità, sta iniziando a diffondersi anche in Italia.

Certo, tutto è più facile quando con l'ausilio di un semplice sipario il talento parla, anzi suona, da solo, che sia attraverso l'esecuzione di una sonata per oboe, pianoforte o violoncello. Negli anni, però, i recruiter più virtuosi hanno apportato alcune opportune modifiche in modo da applicare il medesimo principio, ovvero ridurre al minimo le potenziali fonti di preconcetti, a qualsiasi profilo professionale al momento di selezionare i curricula.

Se il cv è anonimo parla meglio di te

Una delle tattiche più utilizzate è cancellare alcune informazioni personali dai cv da visionare, come il nome, il genere, l'età, la città di provenienza e le scuole frequentate. Alessandro Bossi, direttore della società di recruiting Hays Italia che usa abitualmente questo metodo, osserva: «Tutti abbiamo a livello inconscio dei pregiudizi che influenzano le nostre scelte e che possono essere sintetizzati in una sola parola: appartenenza». In pratica, il selezionatore viene condizionato anche senza volerlo nel riconoscere in un cv un nome familiare o se scopre che il candidato ha studiato nella propria università o è nato nel suo stesso anno, elementi che fanno scattare inconsapevolmente un meccanismo di identificazione.

A questo va aggiunto il particolare di non secondaria importanza che la maggior parte dei recruiter e, soprattutto, dei top manager che richiedono i loro servizi, sono uomini. E qui l'appartenenza ovviamente gioca tutta a sfavore delle donne.

Eliminare i dati identificativi più personali almeno nella fase iniziale, permette dunque al selezionatore di farsi una prima impressione su di te solo in base alle esperienze lavorative che hai conseguito e ai risultati professionali raggiunti. E non è poco. Perché così saprai di esserti guadagnata la chance del colloquio di lavoro vero e proprio grazie ai tuoi meriti. E quando verrà il momento dell'incontro, potrai metterci la faccia e mostrare finalmente chi c'è dietro ai tuoi successi.

* Ad Hailey il provino come oboista per la New York Philarmonique Orchestra poi non è andato esattamente come sperava (spoiler!), ma questo non significa nulla. Non tanto perché Mozart in the Jungle è solo una fiction, ma perché la ragazza stava già studiando da direttore d'orchestra. A riprova che se qualcosa ti va male, la strategia migliore è alzare la posta in gioco.

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